“Non credevo che la tua francofilia fosse così sconfinata da arrivare al punto di essere un assillante anglofobico!”mi dice un caro collega, incrociato in corso Matteotti, aggiungendo: “Ho letto il tuo articolo sulla Brexit e francamente non ti credevo così feroce nei riguardi dei britannici. Ti ho conosciuto come un europeista convinto che ha sempre tentato di smussare gli angoli e di trovare nel confronto e nel dialogo punti di incontro.”
“Ti sbagli. Non sono ossessionato nè dalla Brexit nè dalle conseguenze che saranno incresciose anche per il nostro Paese. Sono arrabbiato con chi – di qualunque Paese esso sia – tenta di scardinare l’Unione Europea dal di dentro con atteggiamenti ondivaghi che possono avere ripercussioni terrificanti per il vecchio continente e per tutto il pianeta.” – gli rispondo.
“In quanto al mio amore per la Francia e la sua cultura, sappi che essa non mi esime di essere altrettanto imparziale nel riconoscere le colpe dei nostri cugini d’Oltralpe” gli confesso.
Spero che i lettori vorranno condividere con me queste mie opinioni.
Il presidente Macron è tornato nuovamente alla ribalta della scena europea con la pubblicazione del manifesto “per un Rinascimento europeo” nel quale elenca i risultati concreti di un resoconto approvato dal Consiglio Europeo: la creazione di un bilancio comune dell’Eurozona, la costituzione di un fondo europeo per la Difesa, la creazione di una forza europea di protezione civile e la progressiva istituzione di una polizia europea di frontiera, l’armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di tassazione delle società.
A prima vista, questo manifesto sembrerebbe significativamente accostato al discorso che Macron tenne agli studenti della Sorbona nel settembre del 2017. Ma non è così. Quest’ultimo era impregnato di idealismo europeista e rappresentava un “colpo d’ala” per rilanciare il processo d’integrazione europea. Il “manifesto”, al contrario, è molto più influenzato dagli sviluppi che si sono prodotti nel frattempo sulla scena politica europea con il rafforzarsi delle tendenze antieuropeiste e dei sovranismi.
Dal discorso alla Sorbona emergeva la figura di un leader francese teso allo sviluppo di una forte identità europea e convinto che la soluzione dei problemi dell’Europa d’oggi si trovi nel consolidamento del processo d’integrazione. Il manifesto riafferma sì che “per rispondere alle esigenze di protezione dei popoli di fronte alle grandi crisi del mondo contemporaneo” occorra riprendere con forza l’argomento del lungo periodo di pace seguito alla riconciliazione franco – tedesca, che “ha trasformato un continente devastato in un inedito progetto di pace, di prosperità e di libertà”, ma, sull’incalzare anche dei gravi problemi che si trova Macron ad affrontare in politica interna, preferisce sottacere i pilastri dell’edificio della “sovranità europea” e denunciare piuttosto i gravi problemi che attraversano i paesi dell’Unione: “l’insidia della menzogna e dell’irresponsabilità”, caratterizzata da slogan di facile presa, ma di dubbio contenuto; l’insicurezza provocata da un panorama internazionale percorso da crescenti tensioni; il ripiegamento e la chiusura che espongono ancor più l’Europa al rischio di diventare teatro di interventi manipolatori provenienti dall’esterno; la progressiva perdita di consapevolezza del ruolo di avanguardia che l’Europa ha esercitato in campo sociale, nel cambiamento climatico, nella ricerca e nell’innovazione.
Macron avverte, in sostanza, la difficoltà di passare dall’orgogliosa rivendicazione iniziale dei meriti dell’integrazione alla rimozione dei limiti che oggi la bloccano. Il manifesto recupera il senso della frontiera come simbolo e di libertà e di sicurezza e da esso fa discendere la necessità di “rivedere lo spazio di Schengen”; in materia di difesa, si dovrebbe costituire una forza integrata per operazioni di pace e, in materia di una nuova architettura istituzionale dell’Unione, Macron propone che siano messi in satto “tutti i cambiamenti necessari ai fini dei progressi da compiere e realizzare per una visione autenticamente sovra-nazionale che combatta il risorgere degli egoismi nazionali”. Parlare oggi di Europa federale è, forse, troppo temerario, ma non lo è il ruolo propositivo e di stimolo anche dell’Italia. Ma è quello che manca.
Il nostro Presidente della Repubblica è stato un eccellente tessitore per cucire lo strappo con la Francia provocato da importanti esponenti dei due partiti che sostengono l’attuale nostro governo. Attaccando la Francia e il suo Presidente, con bassi pretesti d’ordine ideologico, i due amici-rivali hanno inteso attaccare, alla vigilia delle elezioni europee, una bandiera pro – Europa che si presenta, nonostante le difficoltà interne rappresentate da frange eversive, il paladino dell’integrazione europea, come ha confermato il ruolo centrale francese dato al trattato franco – tedesco di Aquisgrana.
Ad Aquisgrana poteva esserci anche l’Italia, forte del “Trattato del Quirinale” siglato dal governo Gentiloni, ma il nostro Paese più che all’Europa sembra che guardi a est e ciò indebolirebbe il nostro Paese, uno dei tre fondatori dell’Unione Europea. Si tratterebbe di un ritorno a un tragico passato che va impedito con tutti gli strumenti, primo fra tutti con quello del voto.
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