La situazione non è peggiore del previsto. È come la si era prevista. Chi sta al governo ci ha raccontato favole, e adesso viene costretto a scendere sull’umile pagina della cronaca. La cronaca, per limitarci a un’osservazione e non annoiare, spiega che l’Italia è affossata nell’immobilismo, ha fatto ingresso nella recessione, chiude la classifica dei mediocri d’Europa. Efficacia delle misure prese: zero. Prospettive di rilancio: zero. Fiducia del Paese: zero.
Renitente ad ammettere la verità, Palazzo Chigi deve piegarvisi incalzato dagli eventi: la stima sul prodotto interno lordo 2019, fissata all’1,5 per cento nel settembre scorso, era già calata all’1 in dicembre, e ora s’attesta allo 0,2. Ma l’Ocse va oltre, nel disegnare la traiettoria negativa: meno 0,2 invece che più. Il deficit si proietta dal 2 per cento dello stesso Pil al 2,4, il debito pubblico va gonfiandosi invece del contrario: toccata la punta record di 2.354 miliardi. Investimenti, consumi e occupazione indietreggiano. Morale: si decresce invece di crescere, s’impoveriscono gl’italiani anziché migliorarne le condizioni di vita, si oscurano le vecchie e mancate promesse puntando i riflettori mediatici su manciate di nuove. Tutte irrealizzabili, perché nelle casse dello Stato non si trova il becco d’un quattrino: le hanno prosciugate provvedimenti non strategici per lavoro e produzione, primo fra tutti il reddito di cittadinanza.
Siamo a un livello così imbarazzante che il Consiglio dei ministri, approvato in fretta e furia un Def zeppo d’intenzioni e lacunoso di fatti, evita la conferenza stampa di spiegazione sulle misure adottate. A un mese e mezzo dalle europee, si preferisce congelare, rinviare, vagheggiare. L’importante è dirsene di santa ragione a scopo propagandistico, ciò in cui ogni giorno Salvini e Di Maio rivaleggiano senza risparmiarsi colpi. Peraltro aggiungendo all’imbrunire che, nonostante le divergenze, il governo è ben saldo. Sarebbe più corretto dire che è ai saldi: sta svendendo il capitale d’affidabilità conferitogli il 4 marzo 2018 da milioni d’elettori.
Che succederà dopo il voto per Strasburgo? Repetita iuvant. La strana coppia scoppierà, con questi possibili scenari. 1) Camere sciolte e nuovo voto, con esito nient’affatto certo, e probabile, successivo caos. 2) Salvini rompe con Di Maio, riaggancia Berlusconi/Meloni, convince un gruppo di transfughi dei Cinquestelle a fare un nuovo esecutivo, proseguendo la legislatura. 3) Il successore d’un Di Maio perdente rompe con Salvini e apre il dialogo dell’M5S col Pd in recupero. Poi viene cercato in Parlamento il manipolo di “responsabili” (gente non intenzionata a mollare scranno e prebende) indispensabile a mettere insieme un governo d’emergenza, supportato da tecnici. 4)La situazione economica è così drammatica che nessuno se la sente di metterci la faccia per rimediare al possibile default dello Stato, tocca quindi al presidente della Repubblica metterci la sua, chiamando a salvare l’Italia chi ha titoli per farlo. Mattarella come Napolitano nel 2011 e chissà chi (Draghi, forse) come Monti.
A questo ci hanno ridotto presunzione, dilettantismo, boria, incapacità. Slogan vuoti di cui ormai un sempre maggior numero di cittadini ha le tasche piene. L’anno bellissimo annunciato dal premier Conte è nato sotto brutti presagi, purtroppo degni d’ogni considerazione. Essi sì. La pacchia è finita.
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