Con l’allungamento della vita ci si ritrova con un patrimonio intellettivo ricco di ricordi remoti ma anche caratterizzato dalla impossibilità di ricordare gli eventi vissuti più recentemente; ne consegue il rallentamento dei pensieri che diventano più meditati, talvolta più saggi. Nello stesso tempo la tecnologia, che più o meno volutamente utilizziamo, ci scarica addosso un volume quasi immenso di dati, di notizie, di stimoli a cui ci è impossibile rispondere in modo adeguato. Non siamo più noi che dominiamo la situazione, ma ne veniamo condizionati.
Pensiamo ora per un momento alla gioia di sciatori che in una bella giornata limpida, grazie agli impianti di risalita, si trovano immersi in un panorama affascinante di cime innevate. Davanti a loro appare anche un dedalo seducente di piste da percorrere gioiosamente grazie alla spinta della forza di gravità, alla capacità di scivolar via da parte degli sci, alla risposta della forza muscolare che riesce a dominare le tecniche necessarie per volare in discesa (seducenti). Ma ti attirano anche le candide superfici dei fuori pista. Ti lasci sedurre e ci vai, ma la neve dietro di te si muove attratta anche lei dalla gravità, prima lentamente, poi più veloce di te e tu vieni circondato dalla candida micidiale pesante neve.
Attualmente la realtà della tecnologia informatica ti mette in una situazione analoga, ma più mobile, più sfuggente della concreta neve che inesorabile ti copre, ti soffoca colla sua consistenza non più soffice come quando l’hai sfidata nel fuori pista. Una immensità di dati ti soverchia.
Tutti quegli “input” che ti vengono scaricati addosso soffocano la tua capacità, minano ulteriormente la tua agilità di pensiero, la tua possibilità di controllo. Il tuo intelletto non sa fare le vivaci curve richieste dalla tecnologia informatica. Annaspi davanti al piccolo schermo divenuto spietato e crudele.
I farmaci, l’igiene, le capacità di far prevenzione hanno allungato la tua vita che si è tesa come un lungo elastico, ma la tua capacità intellettiva è diventata sottile, perdendo molte qualità che sono scomparse anche perché con una certa crudeltà sei stato messo da parte. Convinti di farti un favore ti hanno messo in pensione, ma anche tu credendolo un meritato premio non vedevi l’ora di andarci, in pensione.
La pensione: questo triste limbo sociale, capace di triturare i cervelli, anche i più intelligenti, impigrendoli e togliendo gli stimoli alla vita. Tu sei in pensione ma la vita continua; la vedi pulsare attorno a te, ma hai grosse, tante difficoltà a parteciparvi e fatichi a cercare un angolo dove tu possa inserirti. Tu hai bisogno di far parte della vita, sei ancora vivo, ma poi magari ti hanno anche infilato in una Residenza Assistenziale Sanitaria (chiamate anche con una certa malvagità Case di Riposo) perché a casa sembravi uno o una che “rompeva” l’attività del resto della famiglia. Ma ti trovi contro anche aberrazioni legali: per esempio, se la famiglia vive di una attività commerciale, tu non puoi più andare in quel negozio dove hai trascorso una vita e dove conosci tutta una clientela che ti vuol bene, che tu ami e con la quale l’ elastico della tua vita è diventato lungo, lungo.
In certi casi ti dicono che sei ancora utile. È vero, ma solo perché la tua pensione può essere il peso economico che riesce a dare sostentamento a tutta la famiglia, isolata nella povertà dagli eventi di una crudelissima società che non sa o non vuole dividere equamente il necessario per vivere.
Società che non sa isolare i vizi che la indeboliscono. Società che non sa educare all’uso delle sostanze tossiche, che permette la diffusione delle droghe, che non riesce a dominare la malavita organizzata, che non sa diffondere le scuole, che non sa difendere la cultura perché convinta che solo il denaro può far vivere bene. E tu ti arrangi a tirare il tuo elastico sempre più sottile, controllato spietatamente dai giganti del web che riescono pure a specularci sopra.
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