I tempi grami che viviamo hanno forse attenuato la voglia di continuare la tradizione del “pesce d’aprile,” che ebbe inizio 500 anni or sono e fu un giochino che dai piani alti, quelli nobiliari, di alcune comunità europee presto si diffuse diventando popolare e internazionale.
La notizia-burla (di alcuni decenni or sono) che il “San Carlone” di Arona era caduto nelle acque del Lago Maggiore e vi galleggiava, in Germania mobilitò inviati di agenzie di stampa e di quotidiani che volevano far conoscere a tutti i tedeschi i dettagli dell’evento, importante perché nessuno poteva immaginare che il colosso di bronzo avesse basi fragili e tanto meno che potesse galleggiare.
Gli inviati si consolarono nei ristoranti e nei bar piemontesi prima di rientrare in patria, dove li attendevano quantità industriali di risate e sfottò dei burloni che li avevano fatti correre sulle rive del Verbano, molto amato dai tedeschi.
Al tempo degli anni ruggenti dello sport varesino noi della “Prealpina” si gettava sempre l’amo nel primo giorno d’aprile e capitò che si facesse una pesca miracolosa: Tom Fisher, favoloso e costoso pivot americano, avrebbe fatto le fortune della Ignis che lo aveva strappato al professionismo Usa.
Giovanni Borghi tutte le mattine a letto, in bagno o al tavolo della colazione per almeno una mezz’ora non poteva essere disturbato da nessuno. Rigorosissima la disposizione perché quel ritaglio del suo prezioso tempo il patron lo dedicava alla lettura della Prealpina e della Gazzetta dello sport.
La notizia dell’acquisto del pivot “pescatore”, appunto Fisher, lo fece infuriare in una misura record e il commenda, acchiappato il telefono, investì con male parole il genero, Adalberto Tedeschi, riservato e mite signore d’altri tempi e per di più oculato presidente e gestore dei cestisti gialloblù, già avviati sulla strada dei grandi successi. Tedeschi fu letteralmente travolto dalla furia del patron- suocero che gli ricordava il suo diritto all’informazione di prima mano sulla squadra, soprattutto quando c’erano di mezzo una notizia molto importante e un esborso considerevole.
Al termine del ciclone ci fu subito una accorata telefonata di Tedeschi al “motore“ della società, il preziosissimo e primo collaboratore, Giancarlo Gualco: “Gianca, ti ho sempre dato il massimo della fiducia, ma prima di acquistare questo pivot dovevi informarmi, non ho mai sentito mio suocero così inferocito, me ne ha dette di tutti i colori, la sua telefonata è stata un urlo solo, temevo addirittura che papà Giovanni si sentisse male!”. La risposta serafica di Gualco: “Ma presidente, oggi è il primo aprile, questo non è un pesce è una… balena della Prealpina!”.
Fu così che una nuova preoccupazione si aggiunse al pesante fardello di Tedeschi: “E adesso che cosa dico a mio suocero…”.
Già, davvero fu pesca miracolosa quella del giornale: una doppietta di grandi prede, due “abboccate” storiche delle quali si rise sommessamente a Varese anche se già si immaginava che una sola persona alla fine sicuramente sarebbe stata il parafulmine. E infatti Adalberto Tedeschi perse per due sfuriate a zero, la seconda perché, urlava il commenda, Tedeschi “non aveva vagliato l’ipotesi del pesce d’aprile”!
Quando, un paio di giorni dopo, incontrai il giovane e simpatico presidente della Ignis Basket vidi cominciare con un sorriso una sua grande risata il suo commento: “Lo dovevi sentire il commenda quando gli ho raccontato come era andata: a un lungo silenzio ha fatto seguire un’altra serie di rombanti tuoni, ma non è stato convincente, sapeva che anche lui c’era cascato.”
Fu fatta allora circolare, con divertente prudenza, la notizia del secondo ciclone del patron: conteneva la conferma di una verità storica: non gli era mai piaciuto perdere.
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