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Chiesa

MESSI CHE GIOCA DA DIO

SERGIO REDAELLI - 05/04/2019

Francesco nel 2014 con l’ex presidente del Brasile Dilma Rousseff

Francesco nel 2014 con l’ex presidente del Brasile Dilma Rousseff

È un sacrilegio dire che il calciatore Lionel Messi è Dio?”, domanda il giornalista Jordi Evolè a papa Francesco nel corso di un’intervista per un programma della tv spagnola. Il paragone è provocatorio ma il papa, argentino come il fenomeno del Barcellona e notoriamente tifoso della squadra del San Lorenzo di Almagro, non si scompone: “Si, in teoria è un sacrilegio, io credo che non si possa dire. Sono modi di esprimersi popolari, dei tifosi…”. Poi aggiunge, sincero: “Certo che vedere Messi giocare è molto bello”. Gioviale e alla mano, pronto alla battuta, Francesco è un papa che sa sorridere, simpatico e spiritoso.

Lo è fin da quando si affacciò alla loggia delle benedizioni il 13 marzo 2013: “Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo”. Fu subito feeling con i fedeli assiepati in piazza S. Pietro e davanti alle tv di tutto il pianeta, un entusiasmo paragonabile a quello che destarono d’impulso Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Francesco è estroverso e faceto nonostante il peso del suo ruolo, nonostante l’impegno per i poveri, per i migranti che muoiono in mare, per gli abusi del clero.

Parla un linguaggio poco curiale, da prete di strada. Gli aneddoti si sprecano. La prima volta che squillò il telefono a Santa Marta, a marzo 2013 e il segretario si precipitò a rispondere, lui lo fermò dicendo: “Perché vai tu? Se chiamano qui con chi pensi che vogliano parlare?”. Qualche mese dopo ad Assisi: “Quante volte ho sentito madri lamentarsi che il figlio di trent’anni non si decide a sposarsi. Ebbene signora, non gli stiri più le camicie”. E il 14 febbraio 2014 parlando ai fidanzati: “Sappiamo che non esiste la famiglia perfetta, il marito o la moglie perfetta. Figuriamoci la suocera perfetta!”.

È talmente simpatico da vincere la naturale soggezione degli interlocutori e metterli a proprio agio. Entrando in aula Paolo VI, disse una volta al gendarme di guardia: “Ho dimenticato la tessera, mi fa passare ugualmente?” e l’altro di risposta: “Guardi, mi pare d’averla già vista, passi pure”. Il 22 febbraio 2014 ricevette la presidente del Brasile Dilma Rousseff che gli regalò un pallone in vista della Coppa del Mondo di calcio: “Immagino che con questo regalo lei vorrebbe che pregassi perché il Brasile vinca il torneo?”. E la Rousseff pronta: “Santo Padre, ne sarei felice, ma mi accontento della sua neutralità”.

Francesco non perde la capacità di sorridere, si diceva, nonostante le brutture del mondo che affronta con coraggio e senza peli sulla lingua. In questi giorni, di ritorno dalla visita in Marocco, ha tuonato contro chi lascia affogare la gente in mare: “L’Europa è stata fatta da migrazioni ed è la sua ricchezza. È vero che il primo lavoro che dobbiamo fare è cercare che le persone che migrano per la guerra o per la fame non abbiano questa necessità. Ma se l’Europa, così generosa, vende le armi allo Yemen per ammazzare dei bambini, come fa ad essere coerente? Chi costruisce muri, prima o poi ci finirà prigioniero”.

La scorsa settimana ha firmato il Motu Proprio in tema di abusi sui minori e sulle persone vulnerabili, un’altra piaga aperta, stabilendo alcune regole. È dovere di chiunque denunciare gli abusi alla polizia e alla magistratura vaticane, il pubblico ufficiale che non lo fa rischia sei mesi di carcere e 5mila euro di multa, gli operatori pastorali devono essere visibili agli altri quando sono in compagnia di minori, è vietato infliggere castighi corporali e instaurare rapporti preferenziali con i singoli minori, i condannati sono rimossi dagli incarichi, i termini di prescrizione salgono a vent’anni dal diciottesimo anno di età del minore e i reati sono perseguibili d’ufficio, anche senza denuncia di parte.

Chiudiamo come abbiamo iniziato, con un sorriso. A proposito della simpatia comune ad altri papi dotati di senso dell’umorismo, è indimenticabile la frase che Giovanni Paolo II pronunciò affacciandosi al balcone appena eletto la sera del 16 ottobre 1978: “Non so se potrei bene spiegarmi nella vostra… nostra lingua italiana, se mi sbaglio mi corigerete”. E sterminata è l’aneddotica di Giovanni XXIII. Si narra che in uno dei trionfali passaggi per le vie di Roma, una donna colpita dalla sua pinguedine non seppe trattenersi: “Dio mio, quant’è grosso!”. E Giovanni, al quale non era sfuggita la battuta, rispose con un sorriso: “Cara signora, il conclave non è mica un concorso di bellezza”.

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