“Nel mondo si contano tre miliardi di musulmani e cristiani. Quasi la metà degli abitanti del pianeta. Se si riuscisse a stabilire un dialogo e a lavorare insieme per un mondo più giusto e fraterno, l’umanità farebbe un passo avanti incalcolabile”. Monsignor Cristallo Lopez Romero fotografa così la situazione all’indomani della visita di Papa Francesco in Marocco. L’arcivescovo di Rabat, che prima di essere nominato insegnava in una scuola del Nord del paese frequentata solo da musulmani, è soddisfatto di come sono andate le quaranta ore scarse di Bergoglio nel Nord Africa.“Un incontro tra fratelli che farà bene al dialogo interreligioso -ci dice- e un fortissimo appoggio all’Islam moderato”.
Immagini forti: Papa Francesco che saluta al termine della Messa lo sparuto gregge cattolico (30mila in mezzo a 34 milioni di abitanti) nel nome del “Misericordioso e clemente” ; un canto cattolico che per la prima volta si leva tra le austere stanze della scuola per imam Mohammed VI. Gesti destinati ad irritare le aree più conservatrici dei due schieramenti ma che Bergoglio ha già messo in conto quando in conferenza stampa dice: “In ogni religione c’è sempre un gruppo integralista che non vuole andare avanti,vive dei ricordi amari e delle lotte del passato”.
D’altronde ci voleva un Papa che viene da una delle periferie del mondo per additare ad un Europa sempre più stanca e arida le immense regioni ancora sottosviluppate del mondo che premono per poter accedere ad una vita più dignitosa.
Il Marocco è un esempio di queste contraddizioni: un paese che investe massicciamente nel fotovoltaico, ma dove lo stipendio medio non arriva a 300 euro, che ospita l’unica linea ferroviaria ad alta velocità del Nord Africa, la Tangeri-Casabalanca ma che attraversa intere aree depresse dove né turismo né agricoltura riescono ad attecchire.
La tensione tra passato e futuro attraversa naturalmente anche l’Islam ed è sulla possibilità di un equilibrio tra questi due poli che l’attuale sovrano, Re Mohammed VI, scommette per contrastare le letture fondamentaliste ed e promuovere all’estero e nella diaspora marocchina l’immagine di una religione aperta e convivente. Nel suo discorso davanti a Papa Francesco dice testualmente che “il terrorismo non si combatte con gli eserciti o il denaro, ma solo con l’educazione”.
Ne è prova di questo l’istituto Mohammed VI, voluto fortemente dal sovrano e visitato da Bergoglio, dove i futuri murchidin-predicatori ma anche le murchidat-guide spirituali femminili-studiano e applicano una lettura del Corano basata sulla scuola giuridica malikita,la dottrina teologica asharita, la spiritualità sufi che pone l’accento più sulla persona che sulla legge.
In questo contesto la presenza cattolica del paese è destinata a fare lievito nella massa. “Mi preoccupa di più l’insignificanza dei cristiani, che non i loro numeri” ricorda il Papa. Una testimonianza umile e senza barriere che cerca di accompagnare il cammino di un popolo che ha ancora molta strada da fare,
Ne è prova di questo il ‘Centro rurale Servizi sociali’ di Tamara, trenta chilometri da Rabat. Qui da alcuni decenni tre suore spagnole dell’ordine di San Vicenzo de Paolo, aiutate da alcune infermiere locali, gestiscono un dispensario, una scuola materna, un laboratorio di cucito.
È un territorio con molta disoccupazione. La gente si arrangia vendendo verdure al mercato e facendo piccoli lavori di edilizia. I bambini e le donne che frequentano il centro sono tutti musulmani. “Ma questo -racconta suor Gloria di Barcellona- non è un problema. Ci chiamano ‘rhibat’ – angeli di Dio. Ci considerano amiche e sorelle”.
L’attività principale è il dispensario per i ‘brulés’, le vittime di ustioni: gli adulti accendono fuochi per cucinare nei cortili o dentro le povere abitazioni per scaldare l’acqua. A volte i bambini che gattonano (qui l’inverno demografico è sconosciuto) si avvicinano troppo e si feriscono.
Papa Francesco le ha visitate in forma privata domenica mattina. I bambini hanno cantato un inno. Le donne musulmane cucinato una torta. “Per noi una mattinata bellissima” commenta la superiora.
Scuole, ambulatori, corsi di formazione, educazione. La presenza cattolica in Marocco si snoda così lungo l’ecumenismo della carità e secondo quel motto di San Francesco che Bergoglio ha ricordato nella cattedrale di Rabat davanti ai sacerdoti e alle religiose: “Predicate incessantemente il Cristo e se necessario anche con la parola”.
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