La primavera quest’anno è arrivata preceduta da raffiche di vento, ma senza la tanto attesa pioggia. Il miracolo della natura, che sembrava morta, si è comunque rinnovato: nell’aria corre un nuovo respiro, il sole è più nitido, le gemme degli alberi stanno per erompere, nel giardino i merli si azzuffano per cercare un vermiciattolo e al tramonto il chiarore del giorno sembra non voler cedere alla notte.
Giovedì scorso, primo giorno della primavera astronomica, abbiamo festeggiato la musica e la poesia; contemporaneamente abbiamo ricordato le vittime delle stragi di mafia come se l’unione tra lo spirito e l’impegno dell’uomo fossero presagi di vita nuova.
Mentre appendevo anch’io alla staccionata del giardino il tricolore assieme al vessillo europeo, aderendo all’invito di un uomo che offre sicurezza con la semplicità della parola e con il sorriso del volto, mi arrivò la notizia che l’abbadessa dell’isola di San Giulio, madre Anna Maria Cànopi, aveva raggiunto il suo Sposo che l’attendeva teneramente lassù assieme al fratello Angelo Pietro e la sorella Rosetta, che l’avevano preceduta nel novembre scorso.
Era il giorno che ricorda il transito di san Benedetto, anche se la traslazione dei suoi resti a Montecassino ricorre l’11 luglio che, dal 1969, il calendario romano ha fissato come giorno della sua festa per poterlo celebrare al di fuori della Quaresima.
Non sembri irriverente se raccosto i due eventi. San Benedetto, si sa, è patrono dell’Europa. Nei secoli cupi in cui popoli feroci e incolti avevano occupato terre d’Europa e messo a repentaglio la cultura e il benessere trasmesso da Roma, Benedetto e i monaci da lui fondati seppero mantenere vive le radici della civiltà occidentale e del cristianesimo irrorandole con l’acqua viva della preghiera, con lo sforzo pesante del lavoro, con la meticolosa tutela degli scritti degli antichi pensatori greci e romani, dei padri della Chiesa. I monasteri e le abbazie benedettine, sparsi in tutto il nostro continente, divennero spazi in cui, fra la preghiera in coro per sette momenti della giornata, nel silenzio, linguaggio ineffabile dell’amore, nell’accoglienza del forestiero, volto di Cristo, nella riscrittura, nello studio, nel lavoro per rendere fertili terre incolte, nella povertà della comunità, dove tutto è comune, si conservò l’anima dell’umanesimo cristiano. Anche oggi, se vogliamo vedere ancora qualcosa di stupendo nel nostro continente, dobbiamo chiedere dove sono passati i benedettini!
La bandiera azzurra con dodici stelle indica la concordia tra le dodici tribù di Giuda, la fraternità fra i dodici apostoli (anche se uno venne meno al suo impegno!), la perfezione così come ci viene illustrato nella Bibbia. Il tricolore è segno della nostra Patria: ci ricorda il verde delle nostre valli e colline, il bianco della neve dei nostri ghiacciai, il rosso dei tramonti. Il tricolore è sventolato nelle lotte per l’unità durante il Risorgimento e per la libertà durante la Resistenza.
Appaiati, i due vessilli ci dicono che non c’è contrasto tra l’amore per la Patria e l’impegno per l’Europa. L’Europa non è la negazione del proprio Paese, non è un super-stato, non è un’alleanza militare, non è un impero economico, né un’entità monetaria: è anzitutto una comunità culturale e spirituale.
Madre Cànopi fece dell’isola di San Giulio a Orta una comunità di monache benedettine claustrali che da quarantacinque anni dimorano presso l’antico seminario vescovile abbandonato dal 1947. Lì la “madre” approdò da Viboldone, con altre sei monache, che divennero le sue prime figlie spirituali. L’isola era deserta, le condizioni di vita non facili, il grande, maestoso edificio era tutto da ristrutturare ed oggi emerge, dominato dal suo bel campanile quattrocentesco, in tutto il suo splendore, dalle placide acque del lago. Qui più di ottanta monache pregano e innalzano inni di lode a Dio, lavorano nei laboratori di iconografia, confezionano e ricamano vesti liturgiche, restaurano tessili antichi, coltivano l’orto e curano il giardino, si prodigano nell’accogliere nella foresteria chiunque bussa alle loro porta in cerca di Dio: sono i poveri del nostro tumultuoso tempo, bisognosi non di aiuti economici, ma di ridare senso e speranza alla loro vita, recuperando i valori della preghiera, del discernimento, del silenzio. Le benedettine offrono loro il balsamo per molte ferite.
L’abbazia è anche un centro d’irradiazione dei valori culturali e spirituali dell’Europa. Madre Cànopi era una fervente europeista. Forse questa sua inclinazione era nata nella dignitosa povertà della sua famiglia, ricca di sette figli, che è sempre una buona scuola di altruismo; si era sviluppata nella campagna di Costalta e dell’Oltrepò pavese durante la guerra quando meditò sull’assurdità dell’odio tra i popoli; si approfondì alla scuola dell’Azione Cattolica; si dilatò durante gli studi universitari dove ebbe il dono di incontrare Cesare Angelini, scrittore, studioso del Manzoni e primo suo padre spirituale, si fece più determinata nel frequentare i benedettini di Beuron (Germania) dove era ancora tanto vivo il ricordo di Edith Stein, finchè entrò nel monastero benedettino di Viboldone e da lì attraccò all’isola di San Giulio.
Nell’oasi claustrale del piccolo paradiso monastico di Orta, le benedettine pregano per l’Europa. Il loro cuore e la loro sollecitudine hanno chiesto anche a me di frequentarle per parlare loro delle necessità dell’Europa. Madre Cànopi ha ricambiato il mio servizio componendo una bellissima “preghiera per l’Europa” diffusa con un’ immagine riproducente i santi e le sante protettori dell’Europa.
Nella sua ultima lettera del 22 febbraio 2018, scritta con quella grafia chiara, dal tratto lineare, segno della sua serena vita interiore, mi diceva:” L’Europa ha una missione, si può dire, verso tutto il mondo. Noi preghiamo per questo, cercando di vivere autenticamente i valori cristiani e la solidarietà. Se le fosse possibile venire a visitarci ancora, sappia che ci farebbe un bel dono…”. Subentrò poi il lento declino delle forze. Con un amico, ero pronto a partire per l’isola, ma una telefonata di una sua figlia ci invitò a rinviare l’incontro.
Andremo a raccoglierci nel cimitero di Pella, dove madre Cànopi riposa assieme al vescovo Aldo del Monte, che la volle all’isola, e alle sue figlie che dormono il sonno della Pace, nell’attesa della venuta finale del loro Sposo.
Era il primo giorno di primavera per l’Europa, per l’Europa dello Spirito!
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