Friday For Future è stato un successo: in 123 Paesi del mondo milioni di giovani hanno manifestato per la salute del pianeta. Non erano solo giovani, a dire il vero, ma sono stati soprattutto loro a colpirmi: mi infondevano fiducia quei ragazzi, belli, colorati, allegri, che marciavano pacificamente, a testa alta, per una volta non piegati su uno smartphone. Tutti i media, finalmente d’accordo, hanno lodato la manifestazione. Allora ho cominciato a riflettere.
A questo punto, però, devo fare una premessa. Ho un difetto: quando le mie convinzioni concordano con quelle della maggioranza, mi viene il sospetto di essere in errore, di essermi adeguata per pigrizia al sentire comune o, peggio, al politicamente corretto. E mi metto a cercare i punti deboli della questione, a considerare aspetti che prima non avevo preso in esame.
Dunque, trovandomi stavolta in sintonia nientemeno che con 123 Paesi e relativi media, l’esigenza di andare un po’ più a fondo è stata forte. Ed ho cercato le risposte ad alcune domande.
Le prime che mi si sono affacciate alla mente riguardano Greta Thunberg, la sedicenne attivista svedese che ormai tutti conoscono. L’ ammiro dal primo momento in cui l’ho vista, infreddolita nel suo impermeabile giallo, a protestare davanti al Parlamento, ma, al tempo stesso, mi mette tristezza: la continua esposizione mediatica non le sottrae il diritto alla spensieratezza dei suoi sedici anni? Come influirà sullo sviluppo della sua personalità? E coloro che la sostengono, la guidano, organizzano i suoi impegni – è impensabile, ovviamente, che faccia tutto da sola – sono mossi da qualche interesse o sono animati soltanto da ideali positivi?
Mi sono chiesta le stesse cose anche a proposito delle manifestazioni oceaniche che si sono svolte venerdì. Quasi tutti hanno parlato di un movimento spontaneo, cresciuto dal basso ed organizzatosi su facebook e twitter, ma non hanno convinto nemmeno me, che sono credulona per natura. Quindi ho cercato in rete, non per fare dietrologia, ma per avere tutte le informazioni. Che non ho ancora trovato.
Ho scoperto, invece, navigando tra quotidiani e social network, che si sono subito formate due tifoserie: una pro, l’altra contro Greta e gli aderenti al FFF definiti, con un guizzo di creatività degna di miglior causa, “gretini”. Perché noi Italiani non possiamo riflettere, argomentare, discutere, decidere e rispettare le decisioni altrui o magari restare col dubbio in attesa degli eventi; dobbiamo sempre essere o di qua o di là. Era così ai tempi dei Guelfi e Ghibellini, quando chi si schierava metteva in gioco fin la vita, come potrebbe non esserlo oggi, con un nickname a proteggere stupidaggini e cattiverie.
Infine mi sono domandata: tutti quei giovani che hanno sfilato per “salvare il mondo” sono consapevoli della complessità del problema? Sono disposti a studiare e a lavorare per risolverlo, in modo che non si finisca per eliminare anche gli aspetti del progresso che rendono sicura e confortevole la nostra vita, oppure si aspettano tutto dagli adulti? Mi ha lasciato perplessa la risposta data da una manifestante ad una giornalista che le chiedeva che cosa avrebbero fatto dopo quel venerdì: “Faremo altre manifestazioni”. Ecco, appunto.
Domande inevase. Poi però leggo sul Corriere che ci sono anche studenti che hanno intrapreso studi di Ingegneria ambientale o di Scienze geologiche proprio per poter dare un contributo alla soluzione dei problemi. Quindi, per il momento voglio godermi ancora le immagini colorate dei ragazzi pieni di entusiasmo e pensare che ci sia una speranza di salvare non tanto il pianeta – ché credo troverà comunque il modo di salvarsi – quanto il genere umano da se stesso.
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