Odiare una ragazzina di sedici anni e gettarle addosso il fango indistinto e diffuso a cui ci ha abituato la rete, è possibile. Lo abbiamo verificato nei giorni passati in occasione delle manifestazioni planetarie a difesa del clima.
Gli haters questa volta sono giornalisti, più o meno conosciuti.
Il loro odio è preoccupante. Chi ci fornisce informazione non può permettersi di essere obnubilato da una rabbia irrazionale che gli impedirà di svolgere degnamente il proprio compito.
Intorno alla marcia dei giovani per il pianeta contro la giovanissima attivista si sono scatenati, in ordine sparso: Giuliano Ferrara, Maria Giovanna Maglie, Gianluca Veneziani e qualche altro giornalista meno famoso.
Commenti acidi? Peggio.
Parole velenose? Di più.
Giudizi impietosi e scorretti ad ogni livello? Tanti.
Taccio di personalità dello spettacolo e della politica che hanno giocato al tiro al piattello contro Greta: non li considero opinionisti ma soltanto persone che sfruttano la popolarità acquisita in TV per diffondere negatività e rabbia. E sorvolo sulle cattiverie gratuite di alcuni politici, tra cui la Santanché.
Parliamo dei giornalisti “cattivi”.
Di Ferrara che va contro corrente con le parole: “Non vorrei essere accusato di pedofobia, ma io detesto la figura idolatrica di Greta, aborro le sue treccine e il mondo falso e bugiardo che le si intreccia intorno”. Per poi prendersela, inspiegabilmente, con il suo impermeabile giallo canarino, i mollettoni rosa e le treccine.
Viene il sospetto che il mondo salvato dai ragazzini sia un’idea insostenibile per lui, perché il fallimento globale dell’umanità adulta non se lo vuole sentir rinfacciare da nessuno, tantomeno da una giovanissima affetta da una disabilità.
Parliamo della Maglie, nota più che altro per aver goduto negli anni ruggenti del craxismo di trasferte tanto costose quanto immeritate come corrispondente Rai da New York, che abbiamo visto sputare veleno su Greta: se non fosse affetta dalla sindrome di Asperger, la metterebbe addirittura sotto l’automobile. Davanti agli stupiti conduttori del programma radiofonico “Un giorno da pecora”, prova a mitigare la violenza verbale della sua frase con un “Ma è un’espressione che usiamo noi a Roma”.
Citiamo Gianluca Veneziani di Libero. Si oppone alla sedicenne svedese con una riflessione livorosa: “Per quali meriti una ragazzina come Greta dovrebbe essere segnalata per il Nobel? Se lo vince Greta, allora il Nobel vale meno di un Telegatto”.
Che dire di Barbara Palombelli, più materna ma solo in apparenza, in realtà visibilmente irritata per la grande popolarità di Greta. Alla trasmissione Forum commenta la manifestazione verde di venerdì15 marzo, piena di ragazzini. Ricorda che anche lei, ai tempi della scuola, era brava “…per essere precisi, a 15 anni anche noi liceali organizzavamo manifestazioni, lavoravamo, raccoglievamo firme, distribuivamo volantini, scrivevamo appelli… senza Internet. Solo ciclostile”.
Allora, per stemperare la tristezza che mi suscitano certi campioni del giornalismo, mi consolo con i commenti di un ambientalista, il geologo Mario Tozzi del CNR: ha difeso Greta con la modestia che contraddistingue la vera cultura. Ipotizza che le reazioni scomposte di certi italiani derivino dal fatto che Greta ci fa sentire in colpa. Le sue accuse suonano come se i nostri figli ci dicessero che non stiamo garantendo loro lo stesso futuro che i nostri padri hanno garantito a noi.
Però, se questo non fosse il motivo inconscio dei loro violenti attacchi, suggerisce Tozzi, allora l’odio viscerale di certe persone sarebbe cinismo fuori luogo.
I ragazzi hanno ragione. Come unico adulto a intervenire alla manifestazione di Piazza Venezia ha chiesto scusa a nome di tutta la nostra generazione, che non è scesa in piazza a tempo debito.
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