La Legge 1 dicembre 2018 n. 132 a conversione del Decreto legge del 4 ottobre n. 113 modifica il sistema d’asilo italiano in senso restrittivo o peggiorativo, abolendo la protezione umanitaria. Prevede: 1) la detenzione amministrativa fino a trenta giorni dei richiedenti asilo nei cosiddetti hotspot e nelle strutture di prima accoglienza per accertarne identità e cittadinanza; in precedenza gli hotspot non erano, almeno formalmente, luoghi di detenzione, compito attribuito esclusivamente ai centri di permanenza per i rimpatri; in caso di identità non accertata la trattenuta nei centri di permanenza per il rimpatrio è di 180 giorni, a prescindere dal fatto che non abbiano commesso alcun crimine. Il fatto che la nuova norma italiana non escluda dal trattenimento neppure le famiglie con bambini non si pone certo in linea con i principi della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (approvata il 20 novembre 1989).
2) È estesa la casistica in cui una domanda di protezione può essere esaminata con una procedura accelerata (7 giorni per l’audizione e 2 giorni perla decisione della Commissione), perché considerata manifestamente infondata (entrata illegale nel territorio nazionale, prolungamento illegale del soggiorno, presentazione della domanda non tempestiva rispetto alle circostanze dell’ingresso, ma non vi sono indicazioni puntuali in merito alla tempestività, rimessa a una valutazione discrezionale.
Non si tiene poi conto del fatto rilevante che le persone arrivate ai confini europei in troppi casi risultano traumatizzate e confuse (c’è il problema di informazioni contrastanti, in una lingua spesso non capita, mentre si è in condizioni di massima vulnerabilità). Il Governo ha istituito inoltre una lista di paesi di origine sicuri (art. 7 bis), ma una richiesta d’asilo potrà essere rifiutata anche se solo in una parte del territorio del paese d’origine il richiedente non ha fondati e dimostrabili motivi di essere perseguitato.
3) Preoccupante è l’abbassamento degli standard previsti nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo, che vengono esclusi dal sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), ora riservato solo ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati. Ora vengono destinati all’accoglienza solo nei Carta e nei Cas, centri di prima accoglienza.
4) Nulla è disposto in funzione dell’integrazione, neppure i corsi di lingua, mentre è importante per la persona appena arrivata l’essere informata sulle opzioni possibili per fare scelte consapevoli, ricevere un’assistenza qualificata di fronte ai bisogni più urgenti. Privilegiare i grandi centri collettivi e differire qualunque misura di integrazione a un futuro indefinito moltiplicherà le situazioni di sofferenza e marginalizzazione.
Coi nuovi capitolati si invitano esplicitamente i gestori a puntare sulle massime economie di scala, aumentando i numeri e abbassando gli standard, per cui aumenta il pericolo di “bighellonaggio” conseguente negli spazi pubblici e il diffondersi dell’immagine del “finto profugo scroccone”.
5) Nei Cas si è già prodotto negli ultimi anni un numero elevatissimo di revoche delle misure di accoglienza. L’allontanamento dalle strutture di accoglienza dovrebbe essere attuato in modo individuale, in ogni caso garantendo l’accesso all’assistenza sanitaria e un tenore di vita dignitoso per tutti i richiedenti.
6) C’è l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai cittadini stranieri che presentino seri motivi in attuazione dell’asilo costituzionale, di cui all’art. 10, c. 3 della Costit. I ritardi della burocrazia renderanno i soggiorni di validità troppo breve per trovare lavoro. Dal mancato incontro diretto e conoscenza tra migranti e cittadini viene meno l’unico antidoto credibile al dilagare del razzismo e della xenofobia.
7) Le nuove tipologie per permesso di soggiorno contemplano cure mediche per persone in condizioni di salute di eccezionale gravità, accertate mediante idonea documentazione; per calamità; per atto di particolare valore civile; per protezione speciale, durata da sei mesi a un anno.
Bisogna assolutamente riaprire uno spazio di democratico confronto e approfondimento, prevedere percorsi legali e sicuri di accesso all’Europa, non trasferendo la responsabilità della protezione dei migranti al di fuori della Ue, evitare la detenzione dei richiedenti asilo, adottare politiche che non criminalizzino i movimenti secondari dei rifugiati all’interno della Ue.
Il monito di Papa Francesco ci fa presente che costruire nuovi muri e recinzioni in questo continente dimostra una grave dimenticanza della nostra storia recente e un tradimento dei principi fondanti del nostro vivere insieme.
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