Mi ero ripromesso di non scocciare il nuovo governo della nostra sanità, apparso subito più cortese e disponibile in ordine alle informazioni ai cittadini, moderno e chiaro nell’approccio alla devastata realtà cittadina di un delicatissimo settore quale è la cura della salute pubblica. Il tutto senza trascurare grande professionalità nell’inquadrare i gravi problemi.
Alcune situazioni che mi hanno indirettamente coinvolto e anche penose conferme relative alle strategie regionali in ordine al piano sanitario, mi inducono però a rompere il silenzio quel tanto che basta a richiamare l’attenzione dei cittadini, soprattutto di quelli anziani o appartenenti alle fasce più deboli.
Non è verità assoluta che i problemi del primo soccorso, degli inesistenti ricoveri del passato, delle attese, delle barellaie siano ormai per il Circolo vecchia e brutta storia perché se a un ospedale si tolgono 400 posti letto e medici e infermieri è inevitabile che ci si avvicini al dramma.
E noi varesini ci siamo ormai vicini anche perché gli organismi del democratico controllo politico -amministrativo, cioè le opposizioni – non volendo andare contro i loro partiti che occupavano posizioni diverse alla Camera, in Senato o ai vertici regionali, -per anni hanno scelto la strategia del silenzio. Una viltà gestionale.
Noi cronisti sembravamo dei sani da legare quando segnalavamo la silenziosa decrescita dei posti letto, i primi gravi problemi assistenziali per gli anziani, i ritardi paurosi negli esami clinici.
Un Ridolini della gestione si era fatto bello dicendo che io avevo una cultura sanitaria da Prima Repubblica, dimenticandosi di un fatto certo: dalla fine della guerra mondiale per quasi mezzo secolo la sanità di casa nostra fu uno splendido servizio pubblico, poi l’approdo nelle Regioni di persone non preparate adeguatamente alla leadership e il calo della qualità politica nazionale, troppo tollerato dagli elettori, hanno portato ai disastri odierni, veri prodromi di un futuro incerto, al quale tutti abbiamo collaborato scambiando per democrazia la libertà assoluta.
Se per esempio ci troviamo oggi con una gioventù a rischio lo dobbiamo anche a chi ha accettato la diffusione del consumo della droga con lo stratagemma del libero possesso di una modica quantità per uso personale.
Ci ha messo del suo anche qualcuno della magistratura con sentenze sbalorditive come quella dell’assoluzione di uno spacciatore che se non avesse trafficato sarebbe stato un disoccupato. Vero che la sentenza gli imponeva
di andarsene dalla zona in cui viveva, ma questa decisione ricorda i “soggiorni obbligati” al Nord di quantità di mafiosi sudisti: mai vista una serie di ingenui “trapianti” tanto nocivi per la nostra gente.
Della situazione sanitaria della nostra provincia sta riferendo il consigliere regionale Astuti (Pd) che visita i nostri ospedali e incontra il personale. Aspettiamo che tiri le somme ma già è emerso quello che noi giornalisti avevamo scoperto, cioè che Roma ladrona, non la città, ma quella dei partiti (dei quali non si salva nessuno) da anni sottrae miliardi destinati alla sanità.
Non si tratta ovviamente di ladri, ma di incoscienti che vanno anche contro persone per bene che li hanno sostenuti, cioè votati, pensando di ricevere qualche lecitissimo beneficio se la vita riserverà sgradite sorprese.
Come difendersi da simili tradimenti? È un vero problema, angosciante per noi vecchi che abbiamo conosciuto ben altre classi politiche e viviamo male questa epoca pensando a figli e nipoti.
Questa caccia a un leader credibile oggi inoltre richiede anche attenzione, consapevolezza e conoscenza. Occhio soprattutto a giornalisti e imbianchini, tali furono Mussolini e Hitler. Giuseppe Vissarionovic in arte era noto come Stalin, ovvero uomo d’acciaio ovvero “Acciaino”, un vezzeggiativo.
Anni fa lessi che Stalin faceva fucilare i ministri responsabili di gravi fallimenti nell’ambito dei giganteschi piani economici quinquennali varati per il progresso dell’Urss. In quel momento mi ritrovai alle prese con una vecchia categoria di peccati che noi ragazzini dovevamo confessare, quella dei “cattivi pensieri”.
Fu un momento di cedimento subito superato, ma mi accadde di pensare alla pratica staliniana adottata in Italia. Fu comunque un segnale dell’umore di chi seguiva in quei giorni la politica. E oggi? I pensieri non sono né bianchi né neri, né rossi, gialli o verdi. A occhi aperti mi piace a volte ricordare i colori rossoneri, ma se penso come in questi anni gli azzurri e il loro imperatore hanno ridotto il Milan resto tranquillo e civilissimo. E non mando nessuno nemmeno a quel paese. Anche perché molta parte della politica regionale e nazionale c’è già andata con le sue gambe.
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