“Cercate un loculo nel Cimitero Teutonico, seguite lo sguardo dell’angelo”. Sembra un brano del Codice da Vinci di Dan Brown o, per restare in Italia, di un thriller medievale di Marcello Simoni. Invece è l’ultimo mistero di Emanuela Orlandi e porta a un’antica tomba dentro le mura pontificie. La famiglia non si arrende. Ricevuta una segnalazione l’estate scorsa da fonti interne alla Santa Sede, si è rivolta riservatamente alle gerarchie vaticane e non avendo ricevuto risposta ha presentato un’istanza formale al segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, chiedendo di conoscere la storia di quel loculo e di ottenerne l’apertura. La stessa richiesta ha ricevuto il presidente del Governatorato cardinale Giuseppe Bertello e il Vaticano ha promesso che la prenderà in considerazione.
“Requiescat in pace” – riposi in pace – è inciso nel marmo sulla tomba della principessa Sofia e del principe Gustavo Von Hohenlohe che Pio IX nominò arcivescovo nel 1857. È il loculo sospetto. La voce che quel luogo potrebbe svelare il segreto della quindicenne svanita nel nulla a Roma il 22 giugno 1983 (negli stessi giorni in cui scomparve anche un’altra adolescente, Mirella Gregori) girava da tempo. Anzi nell’istanza presentata in Vaticano, l’avvocatessa Laura Sgrò che assiste la famiglia Orlandi scrive che la tomba è stata aperta almeno una volta, che la datazione della statua dell’angelo è diversa da quella della lastra e che tante persone a Roma sapevano della possibilità che i resti di Emanuela fossero sepolti in quel luogo. Tanto da deporre fiori per lei.
È un giallo in piena regola. Intorno al caso Orlandi si sono ipotizzate nel corso degli anni tante piste e collegamenti, dai Lupi Grigi di Ali Agcà al boss della Magliana Enrico De Pedis incredibilmente tumulato nella basilica di S. Apollinare, dall’attentato a Giovanni Paolo II allo scandalo dello Ior – la banca vaticana – dai servizi segreti deviati alla morte del banchiere Calvi. Per non parlare dell’ultimo falso allarme, l’abbaglio delle ossa umane ritrovate a Villa Giorgina, sede della Nunziatura apostolica, l’ambasciata del Vaticano nella capitale italiana. Un colpo di scena subito rientrato. Secondo la polizia scientifica le ossa appartengono a un uomo e sono antecedenti al 1964. Potrebbe addirittura trattarsi di una sepoltura risalente alla Roma imperiale.
Nella richiesta fatta al cardinale Parolin, la famiglia Orlandi chiede che l’alto prelato autorizzi la Gendarmeria ad acquisire il fascicolo custodito nell’Archivio Vaticano relativo al Cimitero Teutonico, un’antichissima Fondazione che dà diritto di sepoltura ai membri di case religiose e collegi germanici della capitale. Dopo aver ricordato che le rogatorie della Procura di Roma sono sempre state respinte, i familiari di Emanuela chiedono di “autorizzare l’audizione di tutti i prelati che hanno ricoperto ruoli apicali e in questa veste si sono occupati delle vicende legate al rapimento di Emanuela Orlandi”. L’obiettivo è conoscere la storia e i dettagli delle indagini svolte in tutti questi anni, talvolta segretamente, dalle alte gerarchie vaticane.
Mesi fa monsignor Angelo Becciu disse che il Vaticano era pronto a fornire le risposte. Si fermò quando seppe che il M5s chiedeva una commissione d’inchiesta e la politica voleva speculare sulla vicenda. La commissione parlamentare non fu istituita e la famiglia Orlandi ora torna a chiedere di visionare i dossier rimasti segreti. “Crediamo che possa esserci un fondamento in questa segnalazione perché la conferma arriva da fonti interne al Vaticano – osserva Pietro Orlandi, l’irriducibile fratello di Emanuela – Cerco mia sorella da trentacinque anni e spero ancora che sia viva. Ma se fosse morta mi auguro che non sia sepolta nel cimitero tedesco perché sarebbe una crudeltà. Vorrebbe dire che per tutto questo tempo è stata a duecento metri dalla casa di nostra madre”.
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