Il neo eletto segretario del PD, Nicola Zingaretti, ha dichiarato: “Non sarò un capo ma il leader di una comunità”. Una buona occasione per poter esprimere la mia opinione sul significato dei due vocaboli. Al riguardo su Wikipedia leggiamo: Il capo (dal latino caput, “testa” per estensione metaforica) o leader (dal verbo inglese to lead, “guidare”), in un gruppo sociale, è chi ricopre un ruolo di comando o direzione (in inglese leadership), inteso come processo d’influenza sui membri del gruppo per il perseguimento degli scopi comuni. La prima considerazione sembrerebbe orientarci verso un’analogia tra il significato di Capo e quello di Leader. In realtà, pur esistendo una sottile linea di congiunzione, Zingaretti ha ragione perché i due significati sono abbastanza diversi. Un capo ha a sua disposizione pochi modelli culturali di riferimento che lo riconducono alla tradizionale leva del “comando”. Una persona la quale sviluppa, dalla famiglia alla realtà militare ed ecclesiastica, situazioni di rigida gerarchia. Le persone comandate, forse un po’ stanche di limitarsi all’obbedienza, hanno messo sempre più in discussione il modello tradizionale di Capo. Inoltre, dopo molto tempo si è capito, almeno nel lavoro, che se un capo tratta i dipendenti con rigidità e direttività ottiene una collaborazione minima, indispensabile per evitare una sanzione. Un Capo può essere considerato/valutato secondo l’intensità di attenzione dimostrata nei confronti delle persone e degli obiettivi che raggiunge (risultati):
Ecco che solo un capo autorevole può essere considerato anche un leader e questa è la sottile linea di congiunzione di cui parlavo. Ciò che maggiormente e positivamente emerge dalla classificazione appena esposta pare essere l’autorevolezza la cui definizione è: “garantire costantemente risultati di rilievo attraverso la valorizzazione delle persone”. Per sviluppare l’autorevolezza (leadership) diventa indispensabile governare/coinvolgere le persone utilizzando le due leve che un leader ha a disposizione: la flessibilità e l’efficacia. La flessibilità perché le persone sono diverse tra di loro, diventa quindi indispensabile poter raggiungere tutti attraverso una comunicazione e un coinvolgimento differenziati. Con efficacia (fare le cose giuste), perché le situazioni in cui si opera, sono ampie e si sviluppano anch’esse in maniera differente, nel tempo e nell’ambiente di riferimento. Un conto è dialogare solo con la Città, altro con il Paese, l’Europa, il mondo. Un particolare da ricordare riguarda l’esistenza di diverse tipologie di leadership. In una prossima occasione vorrei trattare di quelle denominate: carismatica, situazionale, etica, visionaria.
Qui ne commento alcune negative:
Nell’augurare a Nicola Zingaretti un buon lavoro, rimando al prossimo incontro la continuazione dell’argomento con ulteriori opinioni.
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