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Società

EDUCARE CON FERMEZZA

FELICE MAGNANI - 01/03/2019

bullismoIl bullismo fa parlare di sé in ogni parte del paese, sta diventando simbolo del costume, ma non dimentichiamoci che esiste da sempre, che occupa un posto in una natura umana che porta dentro di sé i segni contrastanti del suo modo di essere, a volte pacato e razionale, in molti casi libertino e violento.

Mettere d’accordo chi siamo, con quello che vorremmo essere e con le alterne fortune del destino non è un compito facile, il tema della ribellione è onnipresente, l’idea dell’onnipotenza continua a peregrinare, soprattutto quando la civiltà entra in crisi e non è più in grado di contenere l’aggressività delle pulsioni.

L’inciviltà prende piede quando cadono i muri, quando tutto diventa lecito o quasi, quando la legge non è più in grado di vedere da che parte stia il torto, quando chiunque si sveglia al mattino e decide di essere il padrone del mondo, di poter fare tutto quello che vuole, in barba al diritto e al dovere.

 Per capire come siamo basta leggere alcuni titoli di giornali o post inseriti qua e là tra siti e social, c’è gente vuole dimostrarti che le strade, i vicoli e le piazze delle nostre città o dei nostri paesi sono puliti e ben tenuti grazie ai migranti, salvo far finta di niente quando moltissimi di loro vivono in miserrime baraccopoli, costretti a lavorare come animali per pochissimi euro, sotto la frusta di schiavisti senza scrupoli o a stazionare in parchi pubblici o dentro le stazioni senza una meta precisa, in una disumana forma di randagismo, senza che il potere costituito restituisca al bisogno uno suo status umano.

Siamo all’assurdo, invece di coltivare la via della ragionevolezza umana, che rispetta la dignità e l’identità dell’altro, si fa di tutto per inseguire quella dell’interesse personale, pronto a barattare persino la vita degli altri, pur di ottenere potere e visibilità politica.

Come combattere il bullismo? Semplice, facendo rispettare le leggi. Chi deve far rispettare le leggi? Tutti i cittadini, nessuno escluso. La maleducazione e la delinquenza abbondano quando i cittadini vengono meno ai loro doveri istituzionali, quelli che danno un senso alla vita, come l’onestà, la lealtà, l’impegno, il rispetto, la solidarietà, la capacità di far capire in modo corretto quale sia la via della legalità e quella della giustizia sociale.

Da troppo tempo si tende a relativizzare, a voler dimostrare che c’è sempre una via d’uscita a tutto e che la legge non è poi così coprente come si vorrebbe far credere. Creare un clima di pressapochismo e di buonismo senza idee significa dare in pasto all’ignoranza le sorti del paese, con il suo sistema educativo di base, quello che dovrebbe reggere l’impianto della democrazia.

Che la democrazia si fondi sulla consapevolezza di esserne i sostenitori, i difensori e i promotori, dovrebbe essere scontato, ma non è così, c’è ancora molta gente che ha una visione distorta della regolarità democratica, la vive a seconda di come si alza al mattino e con totale dispregio di tutto ciò che impone dei limiti.

I limiti sono necessari? Lo sono, perché fanno capire che per stare insieme bisogna rispettare le reciproche libertà, all’interno di quei diritti e di quei doveri che abbiamo creato per vivere meglio, per dimostrare prima di tutto a noi stessi e agli altri il nostro livello di civiltà.

È nella natura umana voler dimostrare di essere trasgressiva, di poter andare oltre le regole e i limiti, di poter sfidare chi pensa che si possa mettere un freno alla stupidità, che pure alligna un po’ dappertutto, ma in modo particolare dove trova pane per i suoi denti, dove pensa di poter amplificare al massimo la propria idea di libertà. Alla base di tutto c’è sempre un crollo del potere educativo, l’idea che si possa fare tutto e il contrario di tutto, perché tanto la legge non è poi così presente anzi, in molti casi preferisce mantenersi in disparte. Quel potere educativo che un tempo trovava conforto nella famiglia e nella scuola e in una società civile compatta sul fronte del rispetto, si è sbriciolato, è finito in tanti pezzettini, ha perso d’identità e soprattutto ha perso il suo potere contrattuale, non è più in grado di essere l’argine.

Costruire degli argini alti e compatti è fondamentale se si vuole evitare che avvengano pericolose esondazioni. Quando i figli non trovano più il giusto argine, non hanno nessuno con cui confrontarsi e sono costretti a peregrinare alla ricerca di qualcosa che compensi i loro vuoti e le loro carenze affettive, ecco che allora qualsiasi cosa, anche la peggiore, può diventare funzionale a un certo tipo di carattere e di precarietà. Dove la famiglia è disastrata, manca o non è in grado di educare i propri figli, prolificano i disagi, le incompatibilità, le frustrazioni e in molti i casi i figli preferiscono dare il via libera alle pulsioni negative, per cercare di scaricare quelle repressioni e incomprensioni che si portano dentro.

Ogni famiglia dovrebbe ogni tanto fare un piccolo esame di coscienza e cercare di capire se sta facendo il bene dei propri figli o se non sia necessario rivedere il proprio profilo educativo, magari con l’ausilio di una psicologa, di un sociologo, di un pedagogo o comunque di qualche esperto che possa far ritrovare la chiave che apra la strada della comunicazione affettiva e quella del rispetto. Anche la scuola dovrebbe mettere in campo una ancor più fitta rete educativa, capace di dare sostegno alle necessità socio affettive e culturali di un mondo giovanile alla ricerca di una dimensione educativa adeguata.

Si tratta di attivare una scuola che sia funzionale alla domanda di una cultura rivolta a un mondo che vuole trovare in se stesso la via per riabilitare il proprio desiderio di dignità, una scuola in cui le diversità possano attingere per essere più funzionali a realtà di natura globale. Non una scuola classista, ancorata a forme di natura narcisistica, dove il figlio del ricco si appropria di abilità precluse al figlio del povero, non una scuola che produce numeri, che impone, ma una scuola che ricerca, che si mette in gioco, che discute di se stessa, che cerca l’incontro e il dialogo, una scuola sempre viva, che non ha paura di indossare l’abito del confronto leale con la realtà.

E poi c’è una società civile che ha il compito di rafforzare lo spirito e le capacità espressive contenute nelle due principali agenzie educative del paese, che sappia sostenere, promuovere, sollecitare le risorse umane, aprendole a un dialogo costante con tutto ciò che incontra, senza preclusioni o pregiudizi, ma con la maturità di chi sa cosa occorra fare per responsabilizzare coloro che, un giorno, avranno il compito di farla crescere.

Il bullismo si deve affrontare nei luoghi dove l’educazione assume un valore fondamentale e dove i giovani possono incontrare spazi a loro congeniali. L’educazione ha bisogno di fermezza, di valori certi, di responsabilizzazione, ha bisogno di esempi concreti, di gente che la sappia proporre e far vivere, che non abbia paura di sostenere e far vivere la verità, soprattutto quando richiede di mettersi in gioco in prima persona, di fa capire che non tutto è dovuto, che tutto ha un prezzo ed è frutto di una conquista.

Quando un giovane vive facendo del male vuol dire che non ha trovato sulla propria strada nessuno che gli abbia fatto capire da che parte stiano di casa il buon senso e l’educazione, il significato di un’azione, di una parola, di un atteggiamento o di un comportamento.

Chi fa bullismo non ha alle spalle nessuno, nessuno che lo ami sul serio, che gli faccia capire il significato di un gesto, di una parola o di un atto, nessuno che lo induca a riflettere, a porsi il problema di che cosa sia meglio fare sul serio per vivere bene, senza dover gettare la propria vita nella spazzatura. È nell’ottica della buona educazione che occorre camminare, con la certezza che i principi vadano sostenuti con fierezza e consapevolezza, senza cedere alle lusinghe di facili buonismi che non portano a nulla, se non a una sistematica consumazione di quei valori che ciascuno porta dentro di sé fin dalla nascita.

Il problema vero è che la società in cui viviamo ha un estremo bisogno di ritrovare il senso dell’educazione, di rimettere in campo comportamenti corretti, che possano diventar esempi concreti per quei giovani che sono alla ricerca di una democrazia che li sappia comprendere e stimolare, che sappia offrire ragionevolezza e pacatezza, autorità e autorevolezza, senza esacerbare gli animi, come troppo spesso succede dentro il video televisivo.

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