Non può non preoccupare la concezione della giustizia che emerge dalle dichiarazioni rilasciate dal segretario della Lega e Ministro dell’Interno dopo aver visitato in carcere un detenuto condannato in via definitiva, dopo i tre gradi di giudizio, per tentato omicidio dopo aver sparato a un ladro che aveva provato a rubargli del gasolio.
Oggi è in discussione al Parlamento una legge che introduce automatismi all’articolo 52 del codice penale sulla difesa legittima e sull’articolo 55 sull’eccesso colposo.
In pratica si cerca di far prevalere costituzionalmente il diritto di proprietà rispetto a quello riguardante la vita umana, un tema di enorme delicatezza anche perché presenta risvolti molto particolari.
Ad esempio, in casi di proteste sindacali con occupazione di proprietà: in quel caso ci sarebbe l’autorizzazione a sparare per difendere – appunto – la proprietà, magari anche da parte di terzi delegati o chiamati a sorvegliarla?
Insomma: la polizia sarebbe autorizzata a sparare su eventuali pacifici occupanti di una qualche azienda che protestano per serrate e/o licenziamenti che magari cercano di utilizzare i macchinari per mandare avanti la produzione?
Ci sono libertà e diritti che rendono più nobili i doveri, ma senza i primi la nostra civiltà e l’insieme delle relazioni di convivenza e pace arretrerebbero.
Il pericolo che si determina, in questo modo, è certamente quello di uno stravolgimento dell’ordinamento giudiziario ma soprattutto di un “rovesciamento etico”: quanto di più significativo come testimonianza dell’“arretramento storico” che si sta verificando non tanto sul piano politico ma su quello – molto più complicato – della concordia civile e dell’idea stessa di “difesa della proprietà” considerata ormai come un fortino assediato da difendere a colpi di pistola “fai da te”.
Non sono né per l’individualismo della competizione né per l’individualismo della paura. Credo invece che la giustizia sociale, come quella climatica, sia un patrimonio da curare quotidianamente e senza esitazioni. E che perciò il vincolo cui l’intera società deve sottoporsi, per essere trasferito intatto alle nuove generazioni, consista nel saper tenere al centro il vivente in tutte le relazioni economiche, sociali, politiche. Almeno, da quando la Costituzione Repubblicana ha posto fine ad un’epoca oscura che non può e non deve riaffacciarsi.
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