Per chi è lombardo di antica generazione è stato un brutto colpo la fine dell’avventura politica dell’ex governatore della regione. Il carcere è un suggello che si riverbera inevitabilmente anche su uno dei popoli più belli della nostra nazione, su una bandiera della scienza, del lavoro, della cultura dell’Italia.
Che l’evento abbia colpito duramente i sostenitori di Roberto Formigoni va capito e accettato, del resto per tutti, avversari politici non esclusi, fu grande la sorpresa quando dalla magistratura arrivarono i primi segnali, quanto meno sorprendenti, di un possibile coinvolgimento in una delicata indagine di un leader carico non solo della consueta enorme responsabilità politica e amministrativa ma anche portatore di valori immensi legati a una interpretazione innovativa perché religiosa, intrisa di spiritualità e di amore nel servizio al prossimo.
Mi fermo qui, il tempo se non gli uomini ci dirà di più, e resto ai fatti che mi hanno visto davvero microscopico cronista-zanzara e spesso autentico rompiscatole nei confronti di un uomo e delle sue scelte in campo sanitario, realizzatesi nell’avvio di una riforma dell’assistenza pubblica subito apparsa fallimentare, eppure, con leggere modifiche, continuata dai successori leghisti subito dimostratisi kamikaze.
Per nulla mi ha fatto contento la decisione della Cassazione, ho accettato anche iniziative e reazioni degli amici tutte tese alla difesa del loro ex capo, alcune però mi hanno fatto riflettere là dove si esaltava la validità della missione ciellina nei mari della politica.
Non è così, il viaggio è finito in un disastro, certificato dai vertici ecclesiali del movimento ciellino con il ritiro ufficiale della squadra dal campionato nazionale della politica. Un disastro successivamente evidenziato dalle sconfitte elettorali.
Chi ha combattuto l’ultima disperata battaglia ci ha messo la faccia e per questo va rispettato, ma a Varese era impossibile dribblare le questioni legate al tramonto di un ospedale che era avanguardia e di una università gambizzata da autentici incapaci: allora questa zanzara si chiede se preghiere, novene, voti ci siano stati in questi ultimi quindici anni per avere indirettamente provocato con la riforma sofferenze e disagi. Senza dimenticare le speranze dolorosamente disattese e la fiducia tradita a causa dell’insufficienza dei servizi offerti alla comunità dal sistema sanitario varesino.
Ho sempre separato la realtà ciellina locale da quella lombarda: la storia, i fatti mi hanno dato ragione.
La Varese di Cielle fu avanguardia, un tempo felice per la politica: sono anni ormai lontani, purtroppo una stagione breve travolta dal turbine politico e della corruzione di fatto istituzionalizzata. E che dopo una breve stagione di silenzio è di questi tempi riesplosa.
Ma è normale: la Roma dell’impero era già caput mundi
della corruzione. Anzi era “furba” già ai tempi della guerra con Cartagine: a scuola ci hanno insegnato che a Zama vinse la battaglia decisiva. Spesso si dimenticano di dirci che i cartaginesi furono sbaragliati grazie anche a squadroni di cavalleggeri africani opportunatamente “comprati” da Scipione.
È doverosa una puntualizzazione in ordine alla riforma sanitaria: essa si è aggravata dopo i tagli o meglio lo scippo di fondi destinati alla sanità da parte di altri ministeri quindi il problema lombardo e varesino si è aggravato anche a causa del silenzio dei partiti che governavano a Roma. Il PD un campione in materia.
Oggi 5 Stelle e Lega sono impegnati in una corsa nazionale a ostacoli molto difficile e la sanità per loro è l’ultimo dei pensieri. Eppure proprio un giornalista varesino è in senato. Ma gli hanno dato un incarico nel settore dell’industria. Insomma ai nostri ammalati, ai varesini più indifesi si continuerà a far vedere le stelle.
E adesso ci chiederanno di votare per un ribaltone in Europa. La riforma nazionale della psichiatria è stata quanto di più nobile e avveniristico si potesse realizzare. Ma i matti in libertà in alcuni settori della vita pubblica sono aumentati.
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