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Politica

PD/2 OLTRE LE DIVISIONI

GIANFRANCO FABI - 01/03/2019

gentiloni-renziNei giorni scorsi, invitato da Rosario Rasizza per gli incontri di “Il sogno che va”, è stato a Varese Bruno Vespa, probabilmente il giornalista più famoso e più informato d’Italia soprattutto a livello politico. Un incontro molto interessante che ha messo in luce l’attuale complessa situazione politica e che è terminato con un giudizio esplicito sulla storia recente del Partito democratico. Il Pd, secondo Vespa, ha fatto bene nel maggio dell’anno scorso a respingere la possibilità di un’alleanza con i Cinque stelle, alleanza a cui puntava lo stesso presidente della Repubblica. E ugualmente bene, sempre secondo Vespa, farà il Pd a tenersi lontano nel futuro da questa possibilità che metterebbe a rischio la propria identità e la propria tradizione.

In quell’occasione non c’è stata la possibilità di un contradditorio. Ma avrei espresso, per quanto può contare, il mio diverso parere. Certo, il passato è ormai scritto sui libri di storia ed è probabilmente inutile chiedersi come sarebbe andata la politica italiana se nel maggio dello scorso anno si fosse imboccata una strada diversa.

Si può ricordare che dopo un primo giro di consultazioni senza esito sull’ipotesi di un’alleanza tra Centro-destra e Cinque stelle, il presidente Mattarella affidò un mandato esplorativo al presidente della Camera, Roberto Fico il quale dopo pochi giorni espresse una valutazione sostanzialmente positiva sulla possibilità di un accordo tra Cinque stelle e Pd. Ma dopo poche ore un intervento di Matteo Renzi in televisione giudicò impraticabile e improponibile una simile alleanza aprendo così alla maggioranza che appoggia l’attuale Governo.

Due considerazioni. La prima: il no di Renzi è stato un no pregiudiziale, senza andare a verificare possibilità e contenuti dell’eventuale alleanza. La seconda: quel no ha aperto la strada ad un governo di incompetenti e di sprovveduti che hanno ormai palesemente lo scopo principale di conquistare consenso e mantenere il potere.

Non possiamo certo sapere, come detto, che cosa sarebbe successo se la storia avesse preso un’altra piega. I fatti hanno dimostrato che la Lega ha saputo, con molto cinismo, giocare le proprie carte e far leva su di un ben costruito disagio popolare. Chi può escludere che se il Pd avesse preso il posto della Lega non avrebbe potuto essere lui a capitalizzare il consenso, magari attraverso una politica più seria e competente, e tornare ad essere il primo partito?

La realtà è che il Pd ha tagliato i ponti alle proprie spalle ed anche se dovesse tornare, chi sa mai, attorno a quota 30 per cento continuerà ad essere ininfluente a livello politico perché solo un terremoto di segno opposto rispetto a quello del 4 marzo dello scorso anno potrebbe cambiare lo scenario. La nuova dirigenza politica del Pd che uscirà dalle primarie e dal congresso ha ora un compito altrettanto difficile quanto importante: vincere le eterne tendenze alle divisioni e affrontare con realismo i problemi e le prospettive. Se è vero che la politica è l’arte del compromesso è altrettanto vero che l’obiettivo di fondo deve restare quello di fare il bene del paese.

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