“Per Bankitalia serve discontinuità. Non possiamo pensare di confermare le stesse persone che sono state nel direttorio di Bankitalia, se pensiamo a tutto quel che è accaduto in questi anni”, ha detto giorni fa il capo politico del Movimento 5 Stelle e ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio intervenendo a Venezia a un’assemblea di ex-soci truffati delle fallite Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. “I vertici di Banca d’Italia e Consob andrebbero azzerati. Altro che cambiare una-due persone, andrebbero azzerati!”, ha aggiunto il leader della Lega e ministro dell’Interno Matteo Salvini, egli pure intervenuto all’incontro. Si può simpatizzare o meno con i due e con il loro modo di fare, ma è difficile sostenere, come fanno i giornali schierati contro l’attuale governo, che in proposito Di Maio e Salvini si stiano comportando come dei dilettanti.
Dopo che con la scomparsa della lira la Banca d’Italia ha perso la sua prima e principale competenza, l’unico compito importante che le è rimasto è quello della vigilanza sul corretto funzionamento delle banche. E visto appunto “tutto quel che è accaduto in questi anni” non è affatto irragionevole porsi qualche domanda sull’attuale vertice dell’istituto cui è a capo il governatore Ignazio Visco, entrato in carica il primo novembre 2011 e riconfermato nell’ottobre 2017 per altri sei anni dal governo di centro-sinistra presieduto da Paolo Gentiloni. E d’altra parte analoghe domande è il caso di porsi sulla Consob, una commissione con circa 600 dipendenti che ha a Roma la sua sede principale benché la Borsa italiana sia a Milano. E a Milano ha invece soltanto quella che con non voluta comicità viene definita una “sede operativa secondaria”.
Senza che la Banca d’Italia guidata dal governatore Ignazio Visco lanciasse alcun tempestivo allarme e prendesse alcun tempestivo provvedimento, dal 2011 in avanti sono andate a gambe all’aria il Monte dei Paschi di Siena, la quinta più importante banca italiana e la più antica del mondo (venne fondato nel 1472), travolto dall’incauto acquisto della poi scomparsa Banca Antonveneta di Padova, la Banca Popolare dell’Etruria di Arezzo, la Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, la Cassa di Risparmio di Ferrara, la Cassa di Risparmio di Chieti e Banca Marche. Per evitare la perdita incolpevole dei risparmi di decine di migliaia di loro clienti nonché di migliaia di posti di lavoro il governo italiano ha perciò dovuto stanziare un fondo di 20 miliardi di euro, dei quali 8,8 destinati per indicazione della Banca Centrale Europea al salvataggio del solo Monte dei Paschi.
Venuto a scadenza nel 2017 il mandato di Ignazio Visco, a molti sembrava che non fosse il caso di rinnovarglielo per altri sei anni. Il premier del tempo, Paolo Gentiloni, glielo ha invece rinnovato malgrado ogni opposizione. Frattanto è entrata in crisi pure la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Carige, la maggiore banca della Liguria, per il cui salvataggio il governo italiano ha dovuto stanziare altri 4 miliardi di euro.
Senza dubbio dunque Di Maio e Salvini sono due ragazzi molto sgarbati, e senza dubbio accompagnare uno alla porta con un certo stile è più elegante che cacciarlo fuori a spintoni, ma non sta qui la sostanza della questione. Resta però da vedere se i due riusciranno a farlo, e prima ancora se la cosa loro convenga tenuto conto del complicato ed incerto status della banca centrale italiana, frutto pasticciato di secolari sotterranei compromessi. Benché fondata dallo Stato italiano, la Banca d’Italia infatti ha pure dei soci privati, e nemmeno la proprietà delle sue riserve auree è chiaramente tutta sua o dello Stato. Quando nel 1893 venne istituita la si dotò anche di oro appartenente ad alcune banche private che fino ad allora avevano emesso banconote, le quali perciò ne divennero socie. Si stabilì quindi che di tale oro la Banca d’Italia avesse la “gestione” senza precisare chi ne avesse la proprietà: un’ambigua situazione che da allora è perdurata fino ad oggi. Dal 2005 il suo governatore resta in carica per sei anni e può venire rinnovato per una sola volta (prima invece era a vita). La sua nomina e la sua eventuale revoca hanno luogo per decreto del presidente della Repubblica su proposta del premier, previo parere del Consiglio superiore della Banca stessa. Non si stenta perciò a credere quanto sia difficile congedare Ignazio Visco prima della scadenza del suo mandato, cosa che tra l’altro accadrebbe per la prima volta.
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