Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

FLAGELLI E SCOPE

RENATA BALLERIO - 15/02/2019

pesteLa pubblicazione e il buon successo editoriale del recente saggio di Luciano Canfora dal titolo “La scopa di Don Abbondio” obbligano a interrogarsi sulle parole fatte pronunciare da Alessandro Manzoni a Don Abbondio, che Canfora utilizza come input. Nel capitolo XXXVIII de I Promessi sposi il pauroso parroco afferma “è stata un gran flagello questa peste, ma è anche stata una scopa; ha spazzato via certi soggetti che, figlioli miei, non ce ne liberavano più”.

Per Canfora, emerito professore dell’Università di Bari, la peste si collega – come si legge nel sottotitolo – al moto violento della storia. Paolo VI con acutezza parlava della storia come di un incessante alternarsi di vicende anche malvagie, simile alle onde che vanno e vengono.

E se volessimo ampliare la riflessione potremmo ripensare alla spirale di avanzamento/arrettramento dello scorrere della storia secondo Leopardi.

Dunque è possibile pensare che una scopa pulisca o ci liberi dal male? Kant parlava – è giusto ricordarlo – di un male, del male radicato dentro la storia. Senza cadere nella trappola di sintesi che non afferrano la complessità, è doveroso chiederci perché Canfora abbia scelto un titolo – certamente – evocativo, calamitante, forse provocatorio, forse spiazzante, ma tendente ad una lettura unilaterale della storia.

Diciamo che qui non si vuole parlare del saggio di Canfora ma della necessità di capire come schegge della letteratura siano ancora presenti, pungenti ed inquietanti. Come agisce dentro di noi la frase di Don Abbondio (e ammettiamolo, anche se con fastidio e fatica, che è il personaggio manzoniano più vicino al nostro modo di essere), aiutandoci a capire noi stessi e il nostro stare al mondo?

Quella sua frase, scolpita nella memoria, era per Manzoni una conclusione, per noi è un inizio di domande, ammesso che ne abbiamo il coraggio (il coraggio che mancava – per la sua umanissima fragilità – a quel vaso di coccio tra tanti vasi di ferro).

La letteratura nella sua inattualità (non è il presente) è sempre attuale, perché mette in atto un bisogno che dovrebbe essere primario, quello della riflessione.

Forse la scopa non ha fatto pulizia di quanto pensava Don Abbondio ma ha svuotato le nostre coscienze? Forse aveva drammaticamente ma lucidamente ragione Leopardi, quando affermava che gli individui sono scomparsi davanti alla massa? Speriamo che non siano i posteri a rispondere a queste domande. Viviamo invece, se possiamo, il nostro presente senza augurarci scope che puliscano.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login