Non è merito del Governo del cambiamento: a Varese nessuna saracinesca è stata abbassata al passaggio del corteo funebre dietro la bara dell’onorevole Zamberletti. Un funerale di Stato. Le saracinesche furono invece alzate nel 1943 quando i commercianti capirono che i tedeschi occupanti avevano i soldi per pagare. “Pàghen, pàghen!” (versione secondo Piero Chiara).
Ci sono oggi decisi segnali di mancanza di rispetto, anche verso se stessi e del resto l’ignoranza è diventata un valore positivo. Regna invece il rancore, che ha subìto un cambiamento, sì, un cambiamento epocale: era rivolto un tempo verso “ il padrone”, “ il ricco” o “ il potere”; oggi è rivolto contro gli ultimi, i diseredati, i disperati.
Siamo invasi dall’ignoranza? È indifferenza? Questo è un altro cambiamento in atto e tuttavia sogniamo un fulgido avvenire, noi varesini, che arriviamo spesso prima di molti altri, nel bene e nel male. Varese è stata la prima città lombarda liberata nella seconda Guerra d’Indipendenza nel 1859, con Garibaldi, con i tricolori issati su tutti i campanili delle chiese cittadine. Varese è stata anche la culla della Lega Nord, secessionista allora come adesso, non a caso alleata con gli autonomisti siciliani e non.
Proprio grazie alla Lega Nord, Varese raggiunge nel 2019 un bel primato: conferma senza ombra di dubbio di essere diventata la città lombarda che per iniziative, manifestazioni pubbliche, concerti, convegni, come neppure la grande Milano, tiene viva la memoria ed i valori di oltre un secolo di lotte del nostro Risorgimento. Questo è un vero cambiamento a Varese.
Giusto nel 2009, esasperate dalle provocazioni dei leghisti, un gruppo minuto di persone di diversa fede politica diede vita all’associazione ”Varese per l’Italia 26 maggio 1859”. Si celebrò più che degnamente, con un grande corteo, alla presenza dell’allora Ministro della Difesa, il 150° anniversario della Battaglia di Garibaldi, il 26 maggio del 1859. Assente solo l’avvocato Fontana, allora sindaco di tutti i varesini.
Fontana aveva rifiutato la presidenza del Comitato per le celebrazioni liquidando Garibaldi come “… un ladro di cavalli” al quale era stato tagliato un orecchio come era d’uso in sud America. In Italia si racconta la storia per sentito dire: pochi leggono, pochi studiano. Gli italiani ignorano il loro ieri, il loro passato e come riferiva Indro Montanelli “l’Italia è un Paese di contemporanei, senza antenati e senza posteri perché senza memoria: nessun futuro per l’Italia”. “ Garibaldi in America” di Anita Italia Garibaldi (Tipografica Castaldi; Roma; 1933) è un testo che raccoglie documenti e testimonianze, come non molti altri, per capire tra l’altro che ci vorrebbero almeno cinque “Che” Guevara per fare un Garibaldi americano, il più grande eroe romantico di tutto l’Ottocento, così universalmente riconosciuto.
Ma chi conosce le imprese americane di Garibaldi? Garibaldi armò dal nulla una marina da guerra ed ebbe dal Governo della Repubblica del Rio Grande una nave di 120 tonnellate, la Zumaca Farrophilha per fare preda sui mari e sui fiumi contro il Governo imperiale di Rio de Janeiro. Le imprese a Laguna e nello Stato di Santa Catharina sono note agli addetti ai lavori ma ignoranti in giacca e cravatta sentenziano.
A Varese, nel frattempo, alla prima associazione del 2009 se n’è aggiunta una seconda, mazziniana, nel nome di Giovanni Bertolè Viale. Il Sindaco Galimberti concede oggi, ecco il cambiamento, il patrocinio comunale al calendario delle innumerevoli iniziative delle due associazioni che nel 2019 incrementeranno la collaborazione con le scuole cittadine. Si inizia il 9 febbraio, a Roma e a Varese. Si celebra la Repubblica Romana di Mazzini, Saffi, Armellini del 1849 e soprattutto la sua Costituzione, avanzatissima e rivoluzionaria allora, traccia, ben più di 100 anni dopo, di quella italiana in vigore. A Roma, al Gianicolo, ci sarà una grande manifestazione nazionale ed i varesini ricorderanno i giovani concittadini caduti: Francesco Daverio; Emilio Morosini; Enrico Dandolo. Ingegnere e mazziniano agli ordini di Garibaldi il primo. Cattolici e monarchici arruolati nei bersaglieri lombardi di Luciano Manara i secondi. Combattevano per l’Unità d’ Italia, la Repubblica, a Roma, loro monarchici e cattolici, con Papa Pio IX in fuga a Gaeta. Caddero non ancora ventenni sotto il fuoco dei francesi. Francesco Daverio fu sepolto in una chiesa a Trastevere. Finita la repubblica romana le ossa vennero recuperate e gettate in una fossa comune nei pressi del Verano.
A Varese si ripete una cerimonia all’Istituto “ Daverio “ dove all’ingresso è posta la copia del busto, l’erma, che staziona nel parco risorgimentale del Gianicolo. Daverio è ritratto con in testa il cappello “ alla calabrese “ o “ all’Ernani “ vietato dalle polizie borboniche, papaline e austriache e che riapparve a Milano durante i moti del 1848 dove tutti e tre i varesini erano stati protagonisti sulle barricate; Morosini non era ancora diciottenne.
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