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Opinioni

SU LA TESTA

ANTONIO MARTINA - 25/01/2019

Il presidente Mattarella nel discorso per il nuovo anno

Il presidente Mattarella nel discorso per il nuovo anno

L’augurio è: il Nuovo Anno conceda a tutti noi maggiore serenità, più uguaglianza, la necessaria libertà. Nel significato di questi concetti c’è una buona parte del nostro sistema valoriale. Li troviamo ampiamente ripresi anche nella Costituzione. Ma se la serenità è rappresentativa di un valore, come possiamo sperare di raggiungerla senza la dignità di un lavoro? E ancora, come si può procedere verso una più equa redistribuzione della ricchezza se questa rimane una prerogativa di poche persone? Abbiamo perso anche il cosiddetto ascensore sociale che, attraverso il duro lavoro, ha costituito il migliore criterio redistributivo del reddito per almeno tre generazioni. Il nuovo che avanza, definito cambiamento, sembra preferire percorsi più facili persino sulla tassazione del popolo attraverso la imposizione di quelle “indirette”.

Ricordo ancora con gradevolezza il primo argomento spiegato dall’insegnante di economia, in terza superiore, sulla differenza tra imposte dirette (Irpef, patrimoniale) e indirette (Iva, accise sui carburanti). Molto più facile l’applicazione delle indirette per un motivo molto semplice: le pagano tutti e non servono successivi condoni. In questa direzione va il prelievo sull’adeguamento delle pensioni perché consente un maggiore introito per lo Stato rispetto a quello che si otterrebbe riducendo di molto le pensioni d’oro. Sono convinto che la protesta dei gilet gialli di Francia sia alimentata da ragioni ben più profonde dell’imposizione di nuove gabelle sui carburanti. Tuttavia sono state le gabelle (imposte indirette) a scatenare la loro violenza.

Dovremmo ricordare che i valori aiutano la coesione sociale. Il Paese sta attraversando un periodo ricco di contraddizioni con un tira e molla quotidiano, il risultato della improvvisazione e della incompetenza. Certamente non possiamo tornare indietro, né alla lira, né ai modelli socio culturali dell’Italia anni 60, né alla ricostruzione del nostro DNA rinascimentale. Dobbiamo partire da quello che siamo diventati, ci piaccia o no. Viviamo in un mondo complesso, ricco di minacce ed opportunità; non è sottraendoci ad esso che ritroveremo forza e sostanza. Il nostro percorso deve guardare al futuro. Abbiamo certamente la creatività, la tenacia e la passione necessaria per progettare una nuova società flessibile, aperta, innovatrice. Lo faremo, lo faranno i nativi digitali che si stanno formando alla complessità moderna con naturalezza attraverso il gioco e la socializzazione senza frontiere. Non hanno sulle spalle il peso di una contraddizione figlia della sconfitta e di una guerra civile mai risolta. Non hanno il novecento nel sangue.

E a proposito di valori, riprendo una parte del discorso di fine anno rivoltoci dal Presidente della Repubblica: …“Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore. So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un’altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza. Certo, la sicurezza è condizione di un’esistenza serena”. …“La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza. 

Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro”.
Inoltre, il rimpianto don Andrea Gallo era solito ricordare quanto sia necessario passare dalla solidarietà assistenziale alla solidarietà strutturale quale garanzia dei diritti di base che possono essere considerati liberatori. Nella Chiesa e nei suoi documenti ufficiali non c’è scritto che il piano di Gesù prevede l’esistenza dei Prìncipi, dei Vassalli, dei Valvassori e poi, ultimi, i poveri. La solidarietà strutturale prevede innanzitutto l’esistenza di Leggi che garantiscano il rispetto dei diritti dei cittadini. Nel capitolo III della Costituzione si richiama l’invito a ridurre gli ostacoli affinché ogni cittadino possa emanciparsi. Qui non si riduce un bel niente anzi, al contrario, si aumenta. Allora tutti in piedi e su la testa! Stiamo subendo un attacco alla libertà, tra i primi valori ripresi in queste brevi note. Concludo quindi con qualche riga del testo di una stupenda canzone di Gaber – Luporini: …“Vorrei essere libero, libero come un uomo. Come l’uomo più evoluto. Che si innalza con la propria intelligenza e che sfida la natura. Con la forza incontrastata della scienza. Con addosso l’entusiasmo di spaziare senza limiti nel cosmo. E convinto che la forza del pensiero sia la sola libertà. La libertà non è star sopra un albero. Non è neanche un gesto o un’invenzione. La libertà non è uno spazio libero. Libertà è partecipazione”.

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