S) So che ti sarebbe piaciuto dedicare questa apologia al cinquantenario del sacrifico di Jan Palach, lo studente Boemo che protestò contro l’occupazione sovietica della Cecoslovacchia, dandosi fuoco e morendo dopo tre giorni di agonia, nel gennaio del 1969. Ma avrai occasione di ricordarlo dal 25 gennaio attraverso la Mostra dedicata a Praga ’68 presso i Licei Manfredini e la successiva serata di approfondimento del 29 gennaio. Ma la ricorrenza del centenario dell’Appello ai Liberi e Forti di don Sturzo, corroborata da interventi come il Messaggio per la giornata della Pace del Papa e vari interventi del card. Bassetti urge con una maggiore attualità.
(C) Accetto il suggerimento; del gesto di Palach mi preme dire due cose sole: non fu un suicidio, Jan non desiderava morire, per ‘farla finita’, al contrario voleva compiere un gesto doloroso, ma esemplare, perché fosse un inizio, per il suo Paese, ma anche per lui stesso, di una prospettiva di vita più degna. Un sacrificio, nel senso letterale ed etimologico della parola, un rendere sé stesso ‘sacro’, come un offerta al significato della vita. Così lo compresero e lo vissero le centinaia di migliaia di persone che parteciparono ai suoi funerali. Questa è la seconda osservazione: la fecondità del gesto si rivelò nel tempo lungo e a grandi distanze: in Havel e in Walesa, in Solgenitsin, nei ragazzi di Piazza Tienammen e in tanti anonimi ‘resistenti’ in tutto il mondo; a differenza della contestazione del ’68 in occidente, il dissenso nei Paesi comunisti fu portatore di speranza e non incubatore di violenza.
(O) Il messaggio di don Sturzo potrebbe ridiventare una specie di carta costituzionale per un nuovo impegno dei cattolici in politica?
(C) Sì, a patto di non ricalcarlo pedissequamente. Le condizioni di oggi sono molto diverse. Allora si trattava di abbandonare una posizione di attesa, conseguente all’irrisolto contrasto con lo Stato italiano per la conquista ‘manu militari’ di quel che rimaneva dello Stato Pontificio e la conseguente abolizione del potere temporale. Inoltre la democrazia di massa in Italia non esisteva ancora e si affacciava timida e debole nel contesto di una grave crisi morale, susseguente alla prima guerra mondiale. Oggi, una importante esperienza di cattolici in politica è dietro le spalle, confusamente rimpianta da molti, ma da altrettanti ancora aspramente vituperata: è ovvio che non si possono ripercorrere le stesse strade. Non ve lo ripropongo tutto, ma almeno il suo nucleo centrale. Dopo aver indicato alcune note di dottrina sociale cristiana, l’appello precisa:
Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agl’individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.
Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall’anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.
(S) Vedo un’altra evidente differenza con l’oggi: la libertà della Chiesa è affermata da Sturzo come una delle tante condizioni per il rinnovamento civile e politico, per fermare le “correnti disgregatrici e … dare valore all’autorità nella prospettiva della sovranità popolare collaborazione sociale”. Ora le due preoccupazioni principali dei cattolici sembrano essere la famiglia e la bioetica per alcuni, i migranti e i poveri in generale per altri, temi che non sembrano essere riconosciuti come centrali dalla stragrande maggioranza degli elettori. Prendo come riferimento un passo dell’intervista del card. Bassetti, presidente della Cei, ad Avvenire. Come pastore ho il dovere di ricordare e suggerire ai laici di servirsi di quel tesoro prezioso che è la Dottrina sociale della Chiesa. Un tesoro a disposizione dell’umanità intera, ma che non è ancora stato compreso appieno. Se fosse stato veramente recepito, avremmo superato quella sterile divisione del passato tra i cosiddetti “cattolici del sociale” e i “cattolici della morale”. Dobbiamo tornare all’unità del messaggio evangelico e capire fino in fondo che la difesa della vita e della famiglia è collegata inscindibilmente con la cura dei poveri, degli ultimi e degli scarti della società.
Lo dico brutalmente: il partito della famiglia ha dimostrato di valere l’uno per cento e quello dell’accoglienza ai migranti varrebbe ancora meno.
(C) Quindi è necessario guardare all’intero patrimonio della dottrina sociale e soprattutto al modo come è stato applicato nel recente passato, all’ispirazione democratico-liberale dei politici cattolici cui ha reso omaggio anche un laico come Galli Della Loggia. Quell’ispirazione fu incarnata soprattutto da De Gasperi, che di Sturzo fu il principale collaboratore nel Partito Popolare ed il continuatore nella Democrazia Cristiana. Credo che il suo merito principale non sia stata una particolare abilità nella ‘navigazione’ politica, anzi, al contrario, fu decisiva la scelta di contrapporsi alle forze di sinistra che attraverso l’eredità politica e persino militare della Resistenza potevano vantare un peso politico determinante; De Gasperi invece giocò la carta di rendere coesa la società civile, opponendosi al metodo della lotta di classe. Era un rischio notevole, quando la via più facile per restare al potere sarebbe stata quella di cavalcare l’onda del Fronte Popolare, negoziando l’appoggio di un partito cattolico minoritario ad un sicuro vincitore marxista in cambio di uno spazio politico consolidato, ma subalterno. De Gasperi corse il rischio e si affermò come leader.
(O) So che tutti mi direte: “sei il solito sognatore ad occhi aperti”, ma io voglio credere che sia questa la via, benché anch’io oggi non veda nessun De Gasperi all’orizzonte e, forse, nemmeno uno Sturzo, capace di scrivere un programma che, ispirato alla dottrina sociale sappia condensare in pochissime pagine una politica economica sociale ed europea come è tuttavia indispensabile. Voglio anche credere che la Chiesa Cattolica in Italia non possa rassegnarsi a fare una specie di ‘opposizione morale’ ai governi populisti, senza promuovere la reale coesione sociale che necessariamente anticipa la coesione politica.
(C) Questo è il punto critico. Aggiungo che vedo indispensabile che in questo compito la Chiesa non resti sola; occorre una resilienza dei corpi intermedi, dei sindacati dei lavoratori e degli imprenditori, delle realtà intellettuali, delle università e del mondo della comunicazione, di tutti i cosiddetti ‘corpi intermedi’. Il Populismo (scriviamolo con la maiuscola per far capire che non sottovalutiamo il fascino di una tale tentazione) si regge sulla finzione di avere un nemico comune da combattere, chiamandolo di volta in volta, Casta, Corruzione, Pacchia, Straniero, Europa, Finanza e così via. Con questo espediente trova un temporaneo compromesso o contratto, ma non credo che un governo fatto di opposti estremismi possa evolversi in una prospettiva unitaria. Allo stesso modo, un governo di alleanza Anti- o Post-Populismo potrebbe anche avere una discreta base politica, ma sarebbe fragile se non avesse potuto ricostruire una solida base sociale.
(O) Quindi abbiamo un compito politico fin d’ora, senza aspettare che le condizioni elettorali ci offrano la possibilità di un partito d’ispirazione cattolica con una base di consenso abbastanza ampia e un leader carismatico. Ci sarà se Dio vorrà. Sturzo nel 1919 non godeva certo di condizioni di partenza migliori delle nostre, tranne che in un punto: esisteva un movimento cattolico fatto di opere sociali, educative, caritatevoli e missionarie che vivevano di un’identità cristiana più consapevole del pulviscolo associativo odierno. Forse oggi siamo costretti a rivolgere un appello ai ‘deboli e incerti’, quali noi stessi siamo; tuttavia potrebbe bastare l’umiltà di riconoscere la nostra debolezza, per trovare la determinazione che ci faccia uscire dall’indifferenza dei problemi privati e ci rimetta in gioco nella costruzione del bene comune. Senza questo humus fertile, gli stessi interventi dei vescovi e persino i richiami del Papa rischiano di cadere nel vuoto.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
You must be logged in to post a comment Login