Una ragione forse induce Enrico Letta, importante personalità del Pd e già presidente del Consiglio, a mostrarsi cauto verso il manifesto di Carlo Calenda per la costruzione d’una lista unitaria delle forze pro Europa. Non è la riserva nei confronti del progetto antisovranista firmato dall’ex ministro dello Sviluppo economico, nel quale sicuramente Letta crede. È l’attesa per la possibile nascita di qualcosa del genere (la concorrenza parallela) sul versante cattolico. Ciò di cui Letta assumerebbe la leadership, se gliela proponessero. E l’intenzione di proporgliela c’è.
Il “qualcosa” sta a significare un movimento politico ispirato ai valori cristiani e aperto alla partecipazione laica. Come fu la Dc, che seppe interpretare il senso dello Stato cogliendo un profondo sentire popolare e dandogli adeguata rappresentanza. Come potrebbe essere una nuova forza civico-politica, alla cui realizzazione in tanti lavorano. Certo esagera chi, semplificando, la qualifica “Il Partito del Papa”, equivocando sul via libera dato da Bergoglio alla Cei nel dispiegare l’opposizione al governo gialloverde sui temi che ritiene opportuni. Ma se è lontana da lui l’idea di mettersi a suggerire le mosse fondative d’una alternativa italiana al populismo, gli appartiene l’intento di favorire il recupero di princìpi sbiaditi nell’epoca del materialismo digitale o addirittura perdutisi tra una sciocchezza e l’altra della sgangherata demagogia quotidiana.
Dunque, e ovviamente, nessun “Partito del Papa”. Ma un partito che faccia sue la sensibilità, le preoccupazioni, gli orizzonti del Papa, perché no? E difatti la rete costitutiva si va formando. Il forum civico auspicato dal cardinale Bassetti, capo dei vescovi, raccoglie un’adesione dopo l’altra, per esempio delle Acli, dell’Azione Cattolica, della Comunità di Sant’Egidio, di preti come Alex Zanotelli. La lista “Insieme”, che ha radici nell’ormai lontana esperienza ulivista, incrocia un crescere di sostegni. Il clero da prima linea, che vive e condivide le più drammatiche esperienze sociali, guarda con positività a questo piano d’inclusione.
Che non si tratti di chiacchiere e invece di fatti, è dimostrato dal coinvolgimento di Romano Prodi nella sperabile avventura. Non con una nomination operativa, ma con un ruolo di suggeritore-regista. Prodi non conferma e, anzi, smentisce: è tenuto alla riservatezza. Però l’appoggio a Letta sembra scontato, e la sintonia della coppia (il primo dietro le quinte, il secondo sulla ribalta) una garanzia di buon successo dell’iniziativa. Chi meglio di loro due è in grado di tradurre in atti politici l’europeismo, il solidarismo, il realismo che stanno a cuore alla Chiesa e a qualunque comunità del Paese che del medesimo voglia il rafforzamento anziché la distruzione?
Al “Non Partito del Papa” – oggi un’audacia, domani chissà – dovrebbero guardare senza spirito concorrenziale sia il Pd che punterà più a conquistare l’elettorato di sinistra che quello di centro, se alle primarie vincerà Zingaretti; sia il listone di Calenda, se deciderà di partecipare alle europee con un suo leader, con i suoi candidati, con il suo programma. Esistono le premesse di un’intesa naturale/culturale in grado di fare argine alla sciagurata deriva verso la quale sta migrando il barcone tricolore.
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