Sessant’anni di attività trascorsi a colloquio con i libri, edizioni introvabili, titoli rari, circondato dalla crème della cultura italiana e con un nume tutelare d’eccezione: la duchessa di Milano Beatrice d’Este, giovane sposa di Ludovico il Moro. Domani, domenica 20 gennaio, per Roberto Canesi, proprietario della libreria antiquaria di via Walder a Varese sarà una data da incorniciare.
“Avevo dodici anni – racconta – quando decisi che sarei diventato quello che sono. Stavo andando a prendere la corriera per tornare a casa da scuola. Fu allora che su una bancarella in piazza Petrarca, a Pavia, vidi un vecchio libro con una copertina rossa: vi era impressa l’effigie di Beatrice d’Este. All’epoca frequentavo la prima media e non conoscevo ancora la sua storia”.
Da allora quella biografia finemente rilegata della dolce e malinconica sposa di Ludovico il Moro diventa il portafortuna del futuro libraio nato a Caselle Landi – ai tempi in provincia di Milano, oggi passata a Lodi – il 20 aprile del 1940. Terzo di tre fratelli, per parte materna una famiglia di fittavoli dei marchesi Landi di Piacenza, il giovane Roberto si diploma geometra, ma nelle vene arcadiche fluisce il fuoco per le pagine antiche. «Mio nonno possedeva un archivio ereditato dal matrimonio con una nobile piacentina: lo seppi un giorno al cimitero di Caselle – spiega ridendo – da una vecchia cugina di mia madre, che mi rivelò: “”Quand el mort el nonu gh’era tut un scafalon ad liber vecc: l’era pien ad pulver, am brusò tucc”».
Come chicchi cullati nelle risaie di famiglia, i primi volumi si accumulano in una cartolibreria aperta proprio il 20 di gennaio del 1960 a Linarolo, dove il Ticino confluisce nel Po. “Il paese dove si era trasferita la mia famiglia quando avevo dieci anni. Con l’aiuto di mio padre, che mi diede centocinquantamila lire, pagai sei mesi d’affitto, comperai due scaffali, il banco vendita e la stufa. Era un negozietto piccolino ma molto ben frequentato: a vent’anni ero personaggio noto, presidente dell’Azione cattolica locale, mi intrigavo di politica e di giornalismo”. Così la “butéga” assume da subito i contorni di un piccolo circolo culturale. Nel ’64, morti in poco tempo la madre e il fratello maggiore, Roberto decide di andarsene dal suo paese per inseguire il miraggio della sua infanzia: Pavia.
“Mi trovavo da mio padre in vacanza nell’Oltrepò. Gli dissi che avrei voluto comperare un negozio nel capoluogo: era presente alla conversazione la segretaria di un notaio, che abitava proprio di fronte al negozio più antico di Pavia, appartenuto al libraio Rognoni, amico di Hoepli; era morto più che novantenne nel 1963. La vedova, rimasta sola a condurlo, dopo pochi anni lo aveva messo in vendita”. È il dicembre del ’69 quando il giovane libraio inaugura la libreria in Strada Nuova al numero 5. Proprio di fronte, fino al 1789, anno della sconsacrazione, si trovava l’antica chiesa di San Bartolomeo al Ponte, dove fece tappa il corteo di Beatrice d’Este nel suo ingresso trionfale a Pavia per ringraziare del buon esito del viaggio fluviale che la portava in sposa al reggente di Milano.
Roberto Canesi si illumina citando il suo angelo custode Beatrice d’Este: “Anche la butéga probabilmente esisteva già al suo passaggio”. Da subito il bel mondo culturale pavese si fa incontro al solerte libraio: “Si formarono ‘gruppi di pressione’, dove si faceva e disfaceva la politica locale e non solo quella”. Fra gli accaniti frequentatori il giornalista e romanziere Mino Milani “che da me conobbe la futura moglie”, svela Roberto. E il famoso tipografo Ponzio. I docenti universitari Dante Isella e Maria Corti sono altri due habitué del Canesi. Ed è proprio l’illustre filologa italiana a dare la sua benedizione al libraio: “Roberto – mi confidò un giorno Maria Corti –, se non mi fossi consacrata all’insegnamento, avrei fatto sicuramente il tuo mestiere”.
Crogiolo di amicizie e fucina di cultura, in quelle mura antiche nascono sodalizi e amori, si coltivano progetti, si discute di storia locale, tanto più che Canesi passa per essere uno dei massimi esperti di quella pavese. Fino a divenire quasi un detective di storia e di libri antichi. “Nel 1975 – racconta ancora – fui contattato dai marchesi Giorgi di Vistarino per fare una perizia sulla loro vastissima biblioteca. Mi portarono nell’archivio di famiglia e mi dissero di volerlo vendere. Prendo tempo e mi fiondo all’archivio di stato di Pavia, e qui dal mattino alla sera il direttore, il dottor Mario Fiorina, lo aveva già bloccato per il suo enorme valore documentario: si trattava infatti di uno spaccato di storia pavese dal 1200 ai giorni nostri. A tutt’oggi uno dei fondi in assoluto più importanti…”.
La mitica epoca pavese si conclude dopo un quarto di secolo, al termine del 1983. “Chiusi i battenti la vigilia di Natale e mi sposai il 29 di dicembre: il 23 gennaio inauguravo il nuovo negozio di Varese, la città di mia moglie, in piazza Ragazzi del ’99. Quando Dante Isella, che pure era varesino, seppe del trasloco si mise le mani nei capelli: mi augurò di riuscire a fare breccia grazie alla mia innata comunicatività in un contesto decisamente più chiuso e diffidente di Pavia. In effetti avrei dovuto affrontare un anno di rodaggio: ma la fiera di sant’Antonio dell’84, la festa più importante di Varese, in maniera del tutto inaspettata mi procurò in un giorno solo tanta nuova clientela che sarebbe rimasta negli anni”. La carezza di Beatrice al suo protetto: la figlia di Ercole d’Este si era sposata con il Moro proprio il 17 di gennaio.
L’attuale sede di via Walder, occupata dal novembre del 2016, consegue ad altri due spostamenti, dapprima in piazzetta San Lorenzo, accanto alla basilica di San Vittore, e dal 2006 nel cortile dell’antico ospedale in piazza Giovine Italia. Oggi la libreria possiede circa 7000 volumi, depositati fra bottega e magazzino: i fondi arrivano per il 90% da privati. “Con l’avvento di Internet il mio mestiere non è cambiato, però la tecnologia mi ha aiutato a farmi conoscere anche fuori Varese e Pavia: oggi spedisco in tutto il mondo. La mia clientela è variegata: appassionati, studiosi, fra cui parecchi giovani; tanti arrivano da me cercando l’oggetto ricercato da regalare”.
In tutt’Italia i librai specializzati nel commercio del volume di pregio non sono più di quattrocento: “E ci conosciamo tutti”, ammette Canesi. Che con una punta d’orgoglio conclude: “Il libro antico o vecchio è un genere intramontabile, racchiude in sé tutta la magia della carta. Io ho settantotto anni, prima o poi andrò in pensione: spero solo che mia figlia raccolga la mia eredità, e continui a rendere giustizia a questo mestiere”. E lo sguardo si posa commosso su un’acquaforte della metà del Settecento che ritrae le terre che lo hanno visto bambino.
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