Qualche giorno prima della vigilia di Natale, per il secondo anno consecutivo, l’Amministrazione Galimberti ha approvato con voto del consiglio comunale (20 a favore e 10 contrari) il bilancio di previsione 2019.
Una prima banale considerazione. In passato, quasi sempre, il bilancio di previsione era approvato a marzo, aprile del periodo che lo riguardava e questo voleva dire che per i primi mesi dell’anno si andava in spesa vincolata con forti limiti di programmazione oltre che di efficacia. Gioco forza quindi rivendicare una nuova prassi nella gestione economica e finanziaria dell’Amministrazione che, sino alla sostituzione dei governi leghisti della città con il centro sinistra, non aveva trovato né la volontà politica né la forza amministrativa per essere posta in essere.
Premesso questo, mi sento, tuttavia, di affrontare quello che più mi sta a cuore rispetto al tema bilancio e cioè il diverso modo di approcciarsi alla discussione, al dibattito e al confronto su quello che è l’atto fondante annuale di una amministrazione.
Mi spiego partendo dalla coda, dalla dichiarazione di voto finale del leghista Binelli al termine della due giorni di consiglio comunale.
Binelli, già assessore all’Urbanistica nei governi della Lega con Fontana, di fatto ha accusato il Sindaco Galimberti, la Giunta e quindi la maggioranza di aver trattato in maniera differente l’opposizione. Di aver avuto atteggiamenti preclusivi, antidemocratici nei confronti della Lega e di aver avuto un atteggiamento benevolo, invece, verso la lista Orrigoni e Forza Italia. Anzi, l’ex assessore ha richiamato il Presidente Malerba a vigilare sull’atteggiamento antidemocratico, così l’ha definito, avuto dalla giunta nei confronti delle richieste leghiste bocciate rispetto a quelle approvate dalle liste Orrigoni e di Forza Italia.
Al lettore comune, magari non proprio attento alle notizie politiche o amministrative della città, probabilmente già una denuncia del genere può apparire un tantino incomprensibile. Non spetta certamente alla minoranza stabilire come e quale atteggiamento si debba avere in sede di discussione di bilancio e quali emendamenti la maggioranza può condividere o non condividere. Se così fosse si stravolgerebbero, questa volta sì, tutte le regole della democrazia arrivando a un paradosso, ma di questi tempi la Lega di Salvini ci ha molto abituato a questo: che la maggioranza debba chiedere il “permesso” alla minoranza su quale emendamento condividere o no. Lascio al lettore immaginare la scena: l’Assessore Buzzetti in piedi che chiede alla minoranza “Scusi consigliere, le spiace se approviamo questo emendamento dell’opposizione? Sa non vorremmo, come maggioranza, urtare la sensibilità di chi ha perso le elezioni”.
Ma non è tutto. La Lega e anche questo occorre dire al lettore distratto, ha presentato una novantina di emendamenti, molti con l’evidente obiettivo di fare ostruzionismo, tirare in lungo e sperare di non far approvare per tempo il bilancio. Diverso l’atteggiamento avuto dalla lista Orrigoni e da Forza Italia i cui emendamenti proposti al bilancio sono stati contenuti e ridotti di numero e, nel rispetto delle diverse vedute, cercavano di migliorare la proposta di bilancio rispetto all’originale presentata dalla maggioranza, sia pure partendo da altro punto di vista.
Dunque il tema, fuori certamente dalla visione ideologica che da tempo la Lega ci propina su qualsiasi discussione, è, a parere mio, quale deve essere il corretto rapporto dialettico tra maggioranza ed opposizione.
Sarà perché io sono stato all’opposizione (a differenza di Binelli che non è mai stato seduto su banchi diversi di quelli della maggioranza o della Giunta) ed oggi sono maggioranza, ma non ho mai avuto atteggiamenti preclusivi nei confronti di chi governava, ho sempre rifiutato i pregiudizi ideologici e cercato di costruire il confronto partendo dai fatti concreti in modo da poterli valutare e condividere per il bene della città ove ce ne fosse stata la possibilità.
Senza pensare di dare lezioni di politica a chi che sia, a me hanno sempre impressionato le frasi sentite spesso in questi ultimi venti anni, da parte di esponenti leghisti del tipo “noi abbiamo vinto, noi comandiamo”.
Affermazioni di questa natura le ho sempre contestate dall’opposizione e non le condividerei certo ora che sono al governo della città.
Francamente ho sempre pensato che chi vince le elezioni non comanda, ma governa e governare vuol dire avere la capacità ed il dovere di riporre le “scimitarre”, sotterrare “l’ascia di guerra” e rappresentare tutti anche quelli che non ti hanno votato e questo perché le Istituzioni non sono di chi vince, non sono una tua proprietà, ma sono di tutti e perché il popolo non deve essere mai ostaggio di qualcuno, ma deve essere rappresentato in tutta la sua interezza.
Paradosso per paradosso, mi sembra quasi che la Lega oggi dica: “Ho perso e dunque la minoranza sono io e solo io e quindi non devo discutere con chi ha vinto e non mi interessa migliorare le sue proposte perché comunque non sono mie”. Passando così dal “ho vinto quindi comando io”, al “ho perso dunque voi e le vostre proposte non mi interessate a meno che non facciate quello che dico io” con la conseguenza evidente di giocare a screditare, perché di questo si tratta, le Istituzioni, la politica ed i partiti e rinunciando a qualsiasi azione di mediazione cosa che in politica è necessario percorrere sempre a meno che non la si concepisca come un esercizio di contrapposizione e di muro contro muro a prescindere.
So che scrivendo questo oggi si rischia di l’accusa di essere dei “democristiani”, cosa che, ad esempio, i leghisti vanno dicendo spesso quando pensano di provocare qualcuno della Giunta di Galimberti, ma prescindendo dal fatto che io ritengo non sia un insulto, anche perché fin che c’è stata la DC io sono stato orgogliosamente democristiano, penso che avere una cultura politica capace di includere, di rispettare le Istituzioni, di valorizzare la capacità di affrancamento delle masse popolari e attenta ai ceti medi popolari sia e debba essere la stella polare di ogni azione politica in grado di avere uno sguardo rivolto al futuro e non al passato.
E allora il tema, per ritornare alla discussione avuta in sede di bilancio, non è l’avere avuto un atteggiamento diverso nei confronti della Lega o di Forza Italia e della lista Orrigoni. Il tema è se esiste una opposizione capace di dialogare su fatti concreti e quindi capace perché matura e non settaria, di dialogare con la maggioranza che ha vinto le elezioni e che chiede solo di lavorare per il bene della città.
Il differente atteggiamento non lo fa, non lo sceglie chi governa, ma lo determina lo stile con cui ci si comporta quando non si è in posizione di comando nelle Istituzioni, luogo difficile per chi pensa di essere proprietario, ma luogo fondamentale per chi crede che la democrazia sia un bene di tutti anche quando sei opposizione.
Roberto Molinari, Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Varese
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