Non è stato un buon inizio d’anno a Parigi.
Le immagini di sopraffazione e di lotta sugli Champs Elisées e lungo la Senna ci hanno fatto pensare che non avremmo voluto essere lì, pur in una delle più belle città del mondo, a festeggiare.
Per fortuna no, non c’eravamo.
E il pensiero è tornato a un vero inizio d’anno a Parigi, si festeggiava il 2000. Principio di un millennio nel quale speravamo, nella Ville Lumière, e proprio nella cornice magica sugli Champs Elisées, di respirare davvero un’aria nuova: che fosse il punto di partenza di un mondo rivolto sempre più al bene e alla felicità.
Una breve vacanza con cari amici, l’illusione ingenua, ma cui ci si deve pur affidare qualche volta, a costo di sentirsi visionari, che certi momenti possano davvero cambiare le cose.
E invece la delusione, proprio al culmine del cammino, davanti all’Arc de Triomphe; tafferugli ovunque, bottiglie e bicchieri fatti a pezzi, facce alterate dall’alcool, poliziotti che mettono al muro e perquisiscono i giovani ribelli con modi bruschi. Più che un’occasione di festa, dunque, una disordinata e pericolosa baldoria. E la paura di rimanere lì in mezzo troppo a lungo cresce e induce ad andarsene subito dopo la mezzanotte.
Ci avviamo verso la metro, ma appena entrati l’ondata di gente che ha avuto la nostra stessa idea spinge da dietro. Il rischio è di non riuscire a prendere l’ultima corsa della notte, annunciata dagli altoparlanti. Ancor peggio, di precipitare nel sottostante binario. Un rischio, senza dubbio sfiorato, nel caos di una totale disorganizzazione e nel momento dell’inopportuno annuncio: che chiudendo le corse dei treni crea un ‘tappo’ pericolosissimo.
Ci sfiliamo dalla massa andando controcorrente, non sappiamo come, strappandoci via per mano. Finché ci ritroviamo miracolosamente fuori, sani e salvi, accanto ai nostri amici.
E pare un miracolo ritrovarsi all’aria aperta, liberi di muoversi e di guardarsi in giro senza più paura.
Iniziamo il nostro viaggio di ritorno a piedi: non ci sono taxi, e nessuna possibilità di trovare un posto di ristoro libero dove poter fare una breve sosta. Ci aspettano più di quattro ore di cammino (lo scopriremo alla fine) lungo la Senna, ma c’è una luna spettacolosa che si specchia nell’acqua, assieme a sfilacciate nuvole di rosa e di azzurro, un rimando di speranza dal cielo che ci accompagnerà per tutta la notte. “La Seine a de la chance, elle n’a pas de soucis” (La Senna è fortunata, non ha pensieri) sembrano accompagnarci anche i versi di Prévert studiati in terza media sui banchi di scuola.
Stapperemo al rientro in albergo a un inizio d’anno un po’ intenso e drammatico, ma in fondo anche esaltante e molto romantico.
Sentimenti e impressioni incisi nel ricordo, comunque indimenticabile, di quella lunga notte parigina sconfinata in un lungo cammino sul lungosenna e sotto le stelle, nelle prime ore del nuovo secolo.
Le immagini arrivate in questo inizio 2019 nelle nostre case attraverso i media ci inducono alla considerazione che -a diciotto anni dall’inizio di quell’atteso, nuovo millennio- il mondo non è affatto migliore.
E non sono stati gli eccessi di baruffe, petardi o bevute dell’addio al vecchio che hanno riempito il lungosenna e gli Champs Elisées a infastidire e rovinare la festa, piuttosto un rigurgito di violenza che da anni non si vedeva: sono stati vandalismi inaccettabili e pestaggi selvaggi da parte di loschi figuri.
I poliziotti hanno rinunciato a difendersi, incassando calci e pugni, per evitare probabilmente che, reagendo, la situazione prendesse una deriva politica pericolosa.
Monumenti, negozi, luoghi della frequentazione quotidiana, e persino il palazzo di un ministero, sono stati presi d’assalto senza pensarci due volte -anzi con la massima soddisfazione- a volte a colpi di ruspa. Rivelando gli inquietanti segnali di un giustizialismo scorretto e pericoloso nelle sue motivazioni rancorose, pilotate da chi tira le fila.
Confusione di menti e di cuori a Parigi -ma anche fuori Parigi: da noi il vicepremier Di Maio si permette di sfidare la Francia, e il presidente Macron, dando ragione ai ‘gilets jaunes’, i gilet gialli.
…”La Seine a de la chance, elle n’a pas de soucis”…, ti ricordi, mi sono chiesta tante volte, il Capodanno del 2000 a Parigi? Cominciava il nuovo millennio, e tu avevi avuto paura.
Ma oggi, a distanza di anni, penso soprattutto alla luna che illuminava la strada e a quelle chiazze di rosa e celeste riflesse nella Senna.
“Il faudrait chercher d’etre heureux (bisognerebbe cercare d’essere felici)- suggerisce ancora Prévert- ne seurait-ce que pour donner l’exemple” (non fosse altro che per dare l’esempio).
Per quel bisogno di felicità lui s’era rifugiato a settant’anni in una casa affacciata sull’Atlantico, con un piccolo giardino in mezzo agli alberi. Lontano da Parigi. Un ‘bon example’, un buon esempio, il suo.
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