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Cara Varese

RAGAZZI DEL ‘19

PIERFAUSTO VEDANI - 11/01/2019

volontariHo partecipato a Milano al raduno natalizio e di Capodanno del mio numeroso clan familiare, da tre generazioni perfettamente calato nella operosa realtà meneghina. Un clan che ha il capostipite in Pietro Vedani, ottavo di dodici fratelli, nati tutti nella “Curt di ruman” di Bosto.

Pietro, mio nonno, aveva visto la luce nel gennaio del 1859 e qualche mese dopo, fuggendo sua madre verso il lago perché a Varese austriaci e garibaldini tenevano un gran concerto di cannoni e fucili, era scivolato dalla borsa, in cui era stato sistemato, “atterrando” poi in un vastissimo prato. Fu ritrovato il Pedrin dopo una ricerca lunga e affannosa: dormiva tranquillamente.

La mia professione e 55 anni di residenza hanno fatto del tempo precedente il mio approdo a Varese solo un bel ricordo mentre i giorni nostri – di certo più sereni rispetto a quelli di molte altre comunità nazionali – mi inducono a incitare la città e coloro che hanno responsabilità istituzionali ad azioni sempre più mirate e intense per recuperare il nostro passato prossimo, fatto di grande dignità e successi.

Proprio dal raduno della mia grande famiglia sono arrivati segnali esterni incoraggianti. In particolare ho saputo che giovani e affermati professionisti milanesi, stanchi dell’inconcludente “melina” di una classe politica che vede smarriti o confusi i protagonisti di ieri e nuovi lattonzoli in difficoltà con un presente e un futuro di tempeste, sembrano decisi a muoversi, a contribuire a una svolta politica sensata, destinata alla comunità e non alle botteghe di partito. Al momento preferiscono definirsi volontari della politica, ma sono determinati e soprattutto preparati al contatto con gli spigoli e le trappole delle presunte novità politiche che non sono altro che abiti vecchi, “rivoltati” come si faceva ai tempi delle ristrettezze imposte dalla guerra.

L’occasione di una prima svolta sarebbero le elezioni europee, decisive per definire il ruolo dell’Italia che da paese cofondatore del potentato continentale oggi grazie alla nostra classe politica ha conquistato ruolo, stipendio e considerazione tipici degli emarginati.

“Più Europa” è il messaggio che viene fatto circolare da questi democratici “ribelli” milanesi, vale a dire che le candidature per il rinnovo dell’organismo europeo devono essere ben valutate, non un premio alla carriera o le vacanze dopo l’attività, si fa per dire, in campo nazionale. Più Europa significa maggior rispetto per l’istituzione grazie a vera preparazione dei candidati e a una loro scelta che sia selezione autentica tra gente colta, adatta al contesto internazionale, affidabile e disponibile, soprattutto degna di un Paese che ha una storia europea antica che si è sviluppata sì grazie a un grande potere politico e militare, ma che ha pur dato forti contributi alla crescita dei singoli popoli.

Alla luce delle ultime elezioni nazionali e regionali sembra che ci potrà essere qualche problema a casa nostra per presentare candidati in grado di dare qualcosa di più all’Europa. Sarà perché a volte eleggiamo candidati degni della rubrica “Chi l’ha visto”, ma è un fatto storico la latitanza… casalinga dei nostri eletti. Insomma a Milano nuove forze vogliono mettersi in gioco chiedendo maggior consapevolezza e attenzione per queste elezioni. Mi sembra un richiamo sacrosanto. Al quale voglio aggiungerne un altro che riguarda la nostra città e il nostro territorio, cioè Più Varese anche in Europa dove peraltro ci stiamo già alla grande grazie a imprenditori e lavoratori di diversi settori produttivi. Sarebbero ambasciatori rispettati.

Le elezioni comunali e regionali del Nord Ovest, in particolare quelle del capoluogo, sono state certamente portatrici di novità, quelle di un distacco abbastanza marcato, della costante adesione, siamo vicini ai 70 anni, a un voto conservatore, al rifiuto non clamoroso ma importante delle presunte ideologie dei parolai lumbard e dei traffici di altri ballisti di destra. Si è arrivati così dopo più di due decenni di nulla effettivo alla caduta della fortezza varesina, a un Pd furbo e moderato a un sindaco progressista, al ritorno delle liste civiche con soggetti interessanti e a quanto bastava, con alcune realizzazioni, per mettere dietro la lavagna l’intera vecchia maggioranza.

La grande illusione patita con la Lega ha avuto anche un pregio non indifferente: i frequentatori degli hotel a 5 stelle da noi hanno dormito e dormono nei sacchi a pelo. Vietate le grandi novità, si è stanchi se non nauseati di presunte rivoluzioni. Le liste civiche ci hanno detto che lo slogan Più Varese ha già qualche consenso e allora c’è da augurarsi che sboccino più “Ragazzi del ‘19,” che il numero di volontari della politica diventi importante e professionisti, imprenditori, uomini della scuola, della cultura e della scienza si facciano avanti o si lascino catturare dal fascino di una bella impresa, quella di ridare ruolo, orizzonti e spessore a una città che è stata fatta solida ed efficiente da gente come loro, capace di riportare la politica al suo ruolo principale, quello di servizio alle comunità locali ben prima di quella nazionale e addirittura di quella regionale. Milano con noi varesini è matrigna perché anche oggi, dopo cambi di squadra e di strategia, sembra perseguire ancora i perfidi obiettivi della destabilizzazione delle più importanti aziende cittadine: la facoltà di medicina dell’Università dell’Insubria e l’ospedale di Circolo, unica speranza di cura per chi nella nostra città e il suo territorio non dispone di risorse e tanto meno di mezzi privati di locomozione per farsi curare, magari parecchi giorni dopo, a Tradate, Saronno o Luino, come viene suggerito, anche affettuosamente, dall’apparato della imperante ballistocrazia.

Cara “politica” sino a quando abuserai della nostra pazienza?

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