Il Sinodo dei vescovi, che si è tenuto dal 23 al 28 novembre, ha avuto come tema centrale in discussione “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Circa quattrocento sono stati i rappresentanti convocati: 266 padri sinodali, 49 uditori, tra cui 34 giovani, 23 esperti e 8 delegati. Il recente documento della Commissione teologica internazionale sulla sinodalità recita: La sinodalità fa riferimento al coinvolgimento e alla partecipazione di tutto il popolo di Dio nel discernimento della voce dello Spirito relativo alla vita e alla missione della Chiesa. La sinodalità per papa Francesco è intesa come stile di Chiesa. E si tratta di una Chiesa che non deve più essere malata di clericalismo, è un problema di unità e circolarità tra primato, collegialità e sinodalità in un processo di decentralizzazione, che parte dalla consultazione diretta e istituzionalizzata dei propri fedeli da parte dei pastori, valorizzando organismi di partecipazione come il consiglio presbiterale e il consiglio pastorale diocesano. Il vescovo inoltrerà le risposte del popolo di Dio alla Conferenza episcopale territoriale, che a sua volta trasmetterà le proprie riflessioni al Sinodo.
Tre sono quindi le fasi in cui il Sinodo si distende: preparatoria, celebrativa e infine attuativa, col richiudersi del cerchio sulle singole Chiese locali. Il capitolo II della Lumen gentium si riferisce appunto al sensus fidei, quale capacità attuativa di tutto il popolo di Dio. Papa Francesco ci ricorda nell’Evangelii gaudium che è infallibile in credendo.
L’Instrumentum laboris del Sinodo non si baserà più dunque sui lineamenta scritti dagli addetti ai lavori. Ecco dunque un passaggio dall’evento al processo, da una Chiesa piramidale, in cui tutto dipendeva dal vertice, a una Chiesa dell’ascolto, mentre lo Spirito parla. Più che il diritto di parola vale la categoria dell’ascolto.
Nell’Assemblea è posto il momento del discernimento, che compete soprattutto a coloro che hanno il carisma della guida. L’Assemblea sinodale conserva un carattere prevalentemente episcopale, ma l’Instrumentum laboris è ora redatto su quanto sale dalla consultazione del popolo di Dio, che è tra i soggetti voce della Tradizione. Paolo VI aveva istituito il Sinodo con il motu proprio Apostolica sollicitudo il 15 settembre 1965; papa Francesco rinnova l’istituto sinodale con una esortazione apostolica, come strumento di riforma. L’esortazione apostolica è il documento preferito da questo Papa a preferenza delle encicliche. Il documento finale del Sinodo comunque può avere valore magisteriale solo se il Pontefice lo riconosce come tale.
Con l’Episcopalis communio si entra in una nuova fase. Già per Giovanni Crisostomo Sinodo e Chiesa erano stati sinonimi nell’antichità. I primi secoli della Chiesa si contraddistinsero per la sinodalità (la rivendicazione di parità costituì però un ostacolo sulla via di trovare l’unità).
Tra i temi più discussi la presenza con maggiori posizioni di responsabilità nella Chiesa per le donne, la vocazione nelle diverse forme esistenziali (coppie sposate, single ecc.), non limitandola al livello presbiterale, la richiesta dell’ascolto e dell’accompagnamento avanzata dai giovani.
Questo il commento di Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose: I giovani chiedono non una dottrina, tanto meno una grande idea, ma una realtà viva, che sia portatrice di senso. Voluti protagonisti nella circostanza da papa Francesco, chiedono e sollecitano di avere padri e madri spirituali, accompagnatori formati, laici e consacrati. Vogliono un linguaggio nuovo, perché quello tradizionale non comunica.
Si è notata la presenza costante di Francesco, pronto sempre a mettersi in gioco. Se si scopre la Chiesa come amicizia, si capisce che è anche comunione. La sessualità ha trovato eco in tante testimonianze. Tema di indubbia attrattiva quello trasversale delle migrazioni, così come degni di interesse gli spunti relativi alla globalizzazione e alla rete, alle opportunità offerte ai nativi digitali. La Chiesa più che giudicante si attende che sia accogliente, più partecipativa, capace di porsi domande serie sull’antropologia cristiana, dialogando con le altre discipline. Aspirazione di fondo la pace e il diritto di vivere con dignità.
In più di un caso si è ipotizzata la nascita di un Dicastero dei giovani. Si è chiesto che il lavoro fatto a Roma sia gradualmente, ma sollecitamente tradotto in assemblee e sinodi regionali, anche per contestualizzare i diversi temi. Si è giunti ad affacciare l’esigenza che non siano i soli vescovi a godere del diritto di voto.
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