Il Figlio nasce perché la Madre accetta il progetto di Dio su di lei. Ammiriamo il sì di Maria: Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto. Un sì difficile, sofferto, che fa paura.
Perché? Nella Palestina, 20 secoli fa, la legge religiosa coincideva con quella civile e penale. Secondo le tradizioni del tempo, due erano i peccati più gravi e socialmente più pericolosi: l’idolatria (infedeltà a Dio) e l’adulterio (l’infedeltà alla moglie o al marito). Chi si macchiava di questi peccati, veniva giudicato dagli anziani e, il più delle volte, punito con la morte (per lapidazione).
Allora, se c’era una cosa assurda, contraddittoria, pericolosa da proporre ad una giovane ragazza promessa sposa, era proprio quella che l’angelo annunciò a Maria: restare incinta senza essere sposata, ma già promessa a Giuseppe, e avere la pretesa che il figlio che doveva nascere fosse Dio, il Dio-Gesù che gli Ebrei non conoscevano ancora, un nuovo Dio. Questo Dio chiese a Maria!
Ciò che le viene proposto è assurdo, sconveniente, pericoloso, fuori luogo. Per quanta fede uno abbia, come fa ad accettare una cosa del genere? Eppure Maria dice: Sì, mi fido di Te, Signore. Dentro quel “sì” è svelato un mistero nascosto in milioni di anni.
Se tutto ciò accade, avrà un motivo, magari a noi sconosciuto, ma non è senza senso. Nulla è mai per caso. Tutto è parte di un grande progetto. Per cui quando anche a noi qualcosa sembra assurdo, guardiamo a Maria e, come lei, impariamo a fidarci di un Dio che, chiamandoci a collaborare, mostra di… fidarsi di noi!
Maria si abbandona a Dio; col suo sì dice: mi fido di Te perché so chi sei; Tu non mi tradirai e non mi farai del male, anche se quello che mi chiedi mi può sembrare difficile. Avvenga ciò che deve avvenire. Succede anche in natura: se il bambino resistesse e si difendesse dalla paura di nascere, non conoscerebbe la vita.
Se Maria avesse resistito a quella proposta adducendo motivi teologici (“Dio non può nascere dall’uomo”), personali (“Ma chi sono io, Signore, perché avvenga questo in me?”), razionalistici (“Non ce la faccio; ho paura”), sociali (“Cosa dirà la gente di me?”) e non si fosse abbandonata, Dio non avrebbe fatto in lei ciò che ha compiuto.
Viene un momento nella vita in cui dobbiamo abbandonarci e arrenderci, lasciarci portare e fidarci. Pur non sapendo dove saremo condotti, proviamo a dire anche noi: mi lascio portare non perché ho le garanzie, ho tutto sotto controllo, ma perché mi fido di Te.
È la fede. La vita è il grande processo in cui Dio stesso vuole che passiamo dal contare su di noi al contare solo su di Lui, che passiamo dalle nostre mani alle Sue, dalla nostra volontà alla sua. Perché c’è una realtà più grande di noi in noi. Non solo noi abbiamo un progetto sulla vita, ma anche la vita ha un progetto su di noi.
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