C’era una volta, sono passati più di 80 anni, un bimbo che scriveva la letterina a Gesù Bambino per chiedergli di ricordarsi di tenere un piccolo spazio nella cesta dei regali che egli distribuiva ai suoi piccoli amici per festeggiare assieme l’anniversario della sua nascita. Che ogni anno compiva il miracolo di rendere tutti buoni.
Per un po’ di quei tempi vi fu una certa ripetitività nella richiesta dei doni tra i quali il posto d’onore, nelle famiglie della borghesia mini, lo aveva il trenino a molla che a ogni Natale cambiava la locomotiva a vapore e la lunghezza del suo percorso grazie a nuovi rettilinei e curve dei binari, compatibili con la durata
della carica a molla.
Le auto non avevano ancora una presenza dirompente, sfondarono tra i regali natalizi poco prima della seconda guerra mondiale ed erano magiche per linea, potenza, evoluzioni le Schuco tedesche.
Con il tempo mutava la società: erano più numerosi i bimbi che scrivevano a Gesù Bambino, tra i regali i trenini andarono in pensione salvo poi risalire a galla parecchi anni dopo grazie ai propulsori elettrici che “animavano” anche percorsi e strutture che riproducevano la realtà dei nostri territori, sempre più noti agli italiani grazie alla espansione della rete ferroviaria e ai treni veloci, i “rapidi”.
Da un punto di vista strettamente storico e culturale della diffusione dei trasporti in Italia, Varese è stata una tenace, grande avanguardia grazie a Francesco Ogliari che nei suoi musei prima di Malnate e poi di Ranco ha raccolto e ordinato tutto e di più di quanto nel nostro Paese è stato realizzato in tema di trasporti.
Dopo la scomparsa del gentiluomo che ha lasciato appunto preziose testimonianze di come ci si è occupati dei collegamenti di cielo, terra e mare, gli eredi hanno messo a disposizione della comunità infiniti reperti che sono visibili vicino a Malpensa e con Volandia formano un unicum museale che ci viene invidiato.
Ho un adorabile cognato, Azio Sassi, un vero scienziato dei trattori e delle ruspe non come docente universitario o come tecnico presso mamma Fiat a Torino, ma come semplice meccanico che però più volte è stato interpellato dagli ingegneri o ha fatto lunghi viaggi per risolvere problemi di aziende che avevano importanti contratti di consegna da rispettare.
Me lo sono portato a Ranco a visitare il museo Ogliari, ci siamo rimasti ben oltre la chiusura e poiché la parte finale della visita era dedicata allo spettacolare impianto ferroviario in miniatura, lì ci ha trovati letteralmente inchiodati lo stesso Ogliari che pensava ce ne fossimo andati un paio d’ore prima!
Questi ricordi di quando ero bambino e del bambino che sono rimasto dopo essere diventato adulto, non a caso, ma per la loro serenità li ho scelti per accompagnare gli auguri, tradizionali grandi e infiniti, a tutti i lettori di RMFonline.it Con una raccomandazione a chi è nonno o zio. Se possono, in questi giorni per tradizione sereni e dedicati alla famiglia, vadano a Volandia e al Museo Ogliari: tutti, adulti, giovani, giovanissimi avranno modo di passare qualche ora di entusiasmo e orgoglio ammirando quanto hanno fatto per il nostro progresso le generazioni dell’odierna Terza Età e di quella che l’ha preceduta.
Sono state splendide persone che servivano la comunità con un amore e un impegno non da tutti oggi conosciuti. Ma non è mai tardi per recuperare valori che sono nel nostro dna.
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