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Apologie Paradossali

SPERANZA CHE SI ACCENDE

COSTANTE PORTATADINO - 21/12/2018

battesimo(S) Strasburgo, presto dimenticata! Non sarà ricordata come la strage di Natale. Sepolto Megalizzi, siamo tornati allo spread, alla procedura d’inflazione, al consueto maxiemendamento su cui mettere la fiducia la vigilia di Natale, poi tutti a casa a mangiarsi il cenone. Sempre che non arrivi mago Fiorello a cancellarlo, insieme alle altre tradizioni natalizie, come nell’insistito spot antinatalizio che ci ha tormentato in questi giorni.

(O) Non ha cancellato il presepio.

(S) Lo hanno già cancellato le scuole politicamente corrette e don Favarin, ma soprattutto lo smodato consumismo. Se ne son accorti due lettori di Avvenire, che hanno scritto al direttore Tarquinio per deplorare la pubblicità demenziale di Fiorello per una società di telecomunicazioni (di cui non faccio il nome, per non regalarle una pubblicità indebita) che fa scomparire nel nulla tutti i simboli del Natale per evidenziare come unico regalo il proprio, qualche mega di connessione ad internet. Mi associo volentieri alla deplorazione, ricordando una frase sintetica della lettera: “Il Natale, solo regali”, recita Fiorello. Niente albero di Natale, niente, famiglia riunita a festeggiare, niente di niente, solo regali. No, non l’accetto. La nostra Festa, l’evento che ha cambiato il mondo… Il Natale è ben altro, l’abbiamo detto spesso, ma ripetiamolo ancora, con convinzione, è ciò che ricorda che l’inizio di tutto non ci appartiene. Anche Papa Francesco, nell’udienza di mercoledì, ammonisce a non mondanizzare il Natale.

(O) Già, è un dono. Per questo motivo io, invece, non mi scandalizzo del “solo regali”. Sarà perché Fiorello mi è sempre piaciuto, sarà che le sue imitazioni surreali su Radio 2 mi facevano ridere al punto di dovermi fermare se stavo guidando l’auto, ma trovo che lui non sia, nemmeno in questa pubblicità, lo stralunato cantore del consumismo ammazza-Natale”, come lo definisce il direttore di Avvenire. Mi sembra che questo aggancio strumentale al Natale, come altri aspetti della cultura di massa, si muova nella direzione opposta: Natale diventa il centro gravitazionale che attira verso di sé la materia informe di sentimenti e desideri umani e la vivifica, dando speranza o almeno un’attesa. Non nego che questa attrattiva sia stagionale, come la neve, le luminarie e il panettone. Nel limite della sua durata, però è una parola che obbliga tutti a confrontarsi con il significato che porta con sé.

(C) Mi ricordo di una confidenza di un amico di famiglia ebrea, non osservante: anche da loro si festeggiava il 25 dicembre, ‘La festa dei bambini’, con il pranzo di famiglia e doni per tutti: “una tristezza infinita” diceva, “perché tutti sapevano il significato nascosto, per loro scandaloso, di quella festa, e non potevano ammetterlo”.

(S) E i non credenti che pure festeggiano, che cosa festeggiano? Badate bene che sono la stragrande maggioranza, oggi, se li contiamo con i criteri rigidi di un appartenenza consapevole e conforme a regole dottrinali, morali e consuetudinarie.

(C) Non devi stupirti se pubblicità, film, articoli da regalo, libri e canzoni natalizie sono fatte a misura di non credente, se sui bigliettini d’auguri compaiono sempre più vecchi pancioni vestiti di rosso, renne, agrifogli, abeti e palle e sempre meno madonne e bambini; è la regola della maggioranza, che già in politica vale più di quella del bene comune e del diritto naturale, figuriamoci nel marketing.

(O) A ben guardare, tutte le principali feste cristiane hanno un punto di congiunzione tra l’umano e il divino, tanto che non disdegnano di appropriarsi di riti e di costumi precedenti. Come la Pasqua riprende e invera quella ebraica, così il Natale come festa cristiana va a sostituire, ma solo al tempo di Costantino, la festa del Sol Invictus, mitraica, ma connessa con molti culti di ispirazione solare, celebranti la fine della diminuzione delle ore di luce. Vuol dire che è rimasto un sostrato pagano?

(C) Non direi, rimane quell’umanissimo desiderio di andare oltre il ciclo delle stagioni e delle generazioni cui cercarono di rispondere anche le religioni precristiane, che vorrei si smettesse di chiamare ‘pagane’, termine che nacque dispregiativo, per indicare coloro che, abitando nei pagi, i villaggi agricoli non ancora raggiunti dall’annuncio cristiano, erano rimasti per ignoranza attaccati alle superstizioni.

Il ‘natale laico’ o mondano, tanto sfruttato dal consumismo, si riallaccia alla ricerca di contenuti simbolici più complementari che alternativi a quelli cristiani, che vanno a rispondere ad esigenze di felicità, di pace, di unità, di fraternità che sono inestirpabili dal cuore dell’uomo. È ovvio che i cristiani non debbono lasciarsi ridurre a questi ‘valori’, perché l’incarnazione, anche solo come concetto, se non siamo capaci di accettarla come avvenimento, è ben più grande di ogni simbolo, mitizzato o ritualizzato. Quello che sta venendo a mancare è l’annuncio di questa sconvolgente novità, della risposta che diverrà definitiva con la Pasqua, al desiderio umano di svelare il mistero dell’esistenza.

(O) La liturgia ambrosiana di domenica scorsa, presentando la figura del Precursore, Giovanni il battezzatore, mi ha fatto ricordare una discussione di molti anni fa, quando sostenevo che la figura del Battista, colui che spiana le strade e toglie gli ostacoli alla venuta del Messia, potesse ben rappresentare la Chiesa, come la realtà che, aiutando la realizzazione di un mondo più giusto, affrettasse la seconda venuta di Cristo e il compimento della storia sacra insieme al destino dell’uomo. Fui giustamente corretto da un sacerdote: la Chiesa è la Sposa, quindi Maria, la madre del Salvatore, colei che porta in grembo la salvezza è la sua immagine perfetta. Perciò il suo compito inderogabile non è quello moralistico, cui dovette limitarsi il Precursore, ma è quello dell’annuncio di un compimento già avvenuto, su cui gli aspetti puramente esteriori non incidono.

(C) Nel Natale c’è l’inizio, ma c’è già anche tutto il mistero della salvezza. È questo quello che importa, si può serenamente prescindere dalle forme tradizionali. Fossilizzarsi su di esse vorrebbe dire chiudersi, far diventare il cristianesimo il rito di una ‘tribù’ particolare, chiusa su se stessa. Credo che sarebbe d’accordo anche il Papa così attento a richiamare il rischio dell’autoreferenzialità, una parola importante che però non significa altro che chiusura sulle proprie posizioni. Non è un caso che durante l’Avvento i pochi preti rimasti cerchino, con sempre maggiore fatica, di bussare alle porte di ogni casa per portare non un rito superstizioso, ma un lieto annuncio rivolto principalmente proprio a quelle persone che non frequentano abitualmente le chiese e che, forse inconsapevolmente, potrebbero desiderarlo.

(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante

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