“Cusa l’è el bullismo?” si chiedeva il mio amico orticultore del Mirasole, pensionato a metà, mentre puliva un cespo di lattuga. E sì, pensionato a metà perché, pur essendo “a riposo”, doveva andare avanti a coltivare sapientemente, ma con meno forza, una parte del suo orto, un tempo molto fiorente e capace d’avere le primizie stagionali assieme a quelle che giungevano da regioni più soleggiate. A Capodanno c’è già il songino e non da serra. Il vantaggio delle sue primizie è che hanno la caratteristica e la certezza di essere veramente “biologiche”.
Ed allora a spiegargli che il bullismo è un comportamento sociale protratto nel tempo, fisicamente violento ma anche vessatorio e oppressivo, di un prepotente brutale che con carica di crudeltà infierisce nei confronti di un altro più debole e incapace di difesa.
Allora quando andavo a scuola mi facevano il bullismo, ma anche da militare. Si, ma quello a militare si chiama nonnismo. Chiamatelo come volete, ma quello che ci “smenava” ero sempre io. Sì, ma anch’io spesso ne ero vittima, anche da matricola all’università.
E quella professoressa alla quale i ragazzi han dato una sediata in testa? Quello non è bullismo, è un deprecabile atto di violenza, che non paga l’autore perché poi il preside …?!? Certamente, ma a scuola la cosa è molto complessa e particolare perché lì c’è il rapporto tra gli insegnanti educatori e i discenti che devono imparare nozioni ma essere anche aiutati a diventare cittadini civili. E mò, un’altra parola nuova: chi sono i discenti? Sono quelli che devono imparare. Ho capito, ma per esempio io ho un nipotino che a scuola sta soffrendo molto perché una insegnante gli ha detto, in modo rude e da irata: “A uno come te la faccio vedere io prima della fine dell’anno” … e lui giù a piangere. È una frase sbagliata verso uno che sta diventando adolescente e non ha difese: è quasi come dire a un malato grave “Nel suo caso non c’è più niente da fare”.
Guarda, un altro momento molto critico è nei confronti dei ragazzi adolescenti e post adolescenti, pieni di dubbi sul loro vivere, sul loro essere, che restano sconcertati e sofferenti quando l’agire degli insegnanti non è coerente con quanto dicono e diventano persecutori, abusando del registro: i ragazzi si aspettano aiuti e ricevono sberle psicologiche, per cui abbiamo docenti che talvolta convinti di educare commettono atti definibili “bullismo”. Eh, la malora, anche loro? In questo momento ovviamente fa più colpo la violenza fisica e non se ne parla, ma il problema c’è da tanto; l’ho subito anch’io ai miei tempi. Sì, ma l’è mica una situazione facile da risolvere perché ci son di mezzo le famiglie che sono spesso modelli brutti di vita e quindi più che criticabili. C’è anche il contrario: allievi che con spietatezza sono crudeli nei confronti di certi insegnanti; non ti danno la sediata in testa, ma agiscono creando momenti di frustrazione, specialmente se si accorgono che uno è po’ timido e educato … Da noi ad esempio quello di filosofia era detto “Agilulfo” e una nostra compagna l’avevamo fatta diventare “la Teodolinda”, ma erano due persone buonissime e più che apprezzabili, oserei dire squisite.
Sembra che certe persone attirino il bullismo, io in mezzo alle mie insalate “fiato meglio”. Ci sono anche quelli che credono giusto fare bullismo come affermazione della loro personalità, della loro arroganza e credono di correggere la vittima, specialmente quando sfogano atteggiamenti omofobici.
E negli ambienti di lavoro? Lì si chiama “mobbing”. Dai! Un’altra parola difficile, ma lasciami dire, a “me mi pare” che la sofferenza nei rapporti tra la gente vien fuori quando manca l’amore, quando manca la voglia di aiutare gli altri; vien da ridere, ma io con la mia buona verdura piena di vitamine faccio del bene a chi compra e i soldini che mi danno, pochi per la verità, fan bene a me nella mia mezza pensione. Soldini in nero, logicamente. A me non sembrano neri, anzi sembrano d’oro perché di grande aiuto a tirare avanti; più su il Giovanni fa le cose in grande, è più giovane e forte e vende ai super mercati e allora lì è tutto diverso, ma i miei vecchi una volta al mattino presto avevano il permesso di andare a vendere a quelli del “mercato coperto”, che poi chissà perché l’hanno buttato giù; “vattela pesca” la vita ….
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