La storia di Varese è modesta se ci riferiamo a un passato ricco di epoche: nello scorrere del tempo, come in buona parte della Penisola, nel nostro territorio troviamo lunghi intervalli temporali tra gli accadimenti prima di arrivare alla possibilità di tramandare sicure e ricche testimonianze di realtà che hanno garantito la continuità che ha fatto e fa storia.
Violando per la verità le regole di quanto ho appena detto a me personalmente piace passare, ignorando altre realtà di significato, dallo zuccherino archeologico del lago alla potenza e alla durata di un ‘opera indicata anche come anello della catena di santuari mariani, eretti al confine alpino come ideale barriera al protestantesimo. L’anello è ovviamente Santa Maria del Monte, già alla sua nascita di grande portata religiosa, poi sviluppatosi con apprezzabile continuità sino ai nostri giorni anche come cardine sociale e culturale.
È bellissimo avere questa eredità viva e pulsante ai nostri giorni, che ci ha accompagnati come un forte, silenzioso e affidabile motore quando l’ambiente della tranquilla e mite Varese si sviluppò come novità e punto attrattivo di un turismo europeo molto elitario. Ci fu un trend positivo che ebbe a godere anche di strutture architettoniche dell’Art Nouveau o Liberty di cui Sommaruga fu grande esponente. Da questa abbastanza recente e felice epoca Varese avrebbe avuto molte testimonianze anche di una sua notevole attenzione all’architettura: sono evidenziate in un bel libro di Luciano Crespi e Angelo Del Corso, non si sa quanto diffuso nell’ambito di un approfondimento culturale e urbanistico.
Dal momento che noi varesini da… comaschi si diede qualche contributo agli eventi risorgimentali – eravamo l’estrema periferia ovest di una provincia con capoluogo il bimillenario insediamento lariano- possiamo dire che ci siamo inseriti a pieno titolo nelle varie fasi della storia contemporanea, locale e nazionale, solo dal 1945 in poi, vale a dire 18 anni dopo l’erezione di Varese a capoluogo di provincia.
E siamo andati di corsa con primati industriali, ambientali, culturali, sociali e sportivi che hanno contrassegnato i tempi di un’epoca che ha avuto come avanguardia diverse individualità, ma anche la comunità stessa grazie all’impegno, alla sensibilità e alla collaborazione di cittadini, affermatisi nelle loro professioni, che agivano con rispetto della democrazia oltre che amore e spirito di servizio alla città.
Quando verso la fine del ‘900 si scoprì che la politica poteva essere anche un mestiere redditizio il Paese rotolò verso il baratro. Tanta arroganza e stupidità le paghiamo noi oggi con la tristezza di constatare che la politica non ha però
capito molto: sarà magari un pizzico più pulita, ma le succede ancora di credersi infallibile. E capita allora che il presidente della Camera, un Fico già secco, dopo il risultato positivo di una votazione saluti in diretta tv con il pugno chiuso. Una incredibile mancanza di rispetto senza precedenti nei vertici della Prima Repubblica.
Nel nostro consiglio comunale non siamo così malridotti, ma abbiamo ancora un handicap insidioso, la presunzione di sapere localmente di tutto e di più, di essere gli unici depositari del segreto della perfetta gestione della città e del territorio.
Ci sono regolette di rara ovvietà per essere candidati alla carica di consigliere comunale, forse aiuterebbe molto una migliore conoscenza di vari aspetti della storia della città, dalla gestione amministrativa a quella urbanistica, dalla scuola al lavoro, dalle scelte azzeccate ai flop clamorosi che ci sono stati anche nei periodi delle più importanti decisioni. Insomma conoscere per poter decidere a vantaggio degli amministrati. È appunto quello che si è fatto spesso a Varese prima del boom negativo della Seconda Repubblica.
Se il consiglio comunale oggi in carica avesse in questi due anni seguito bene le gravi vicende del malgoverno della sanità forse sarebbe stata molto più costruttiva la seduta dedicata al rettore accademico che toglieva le tende dopo un buon governo delle altre facoltà dell’ateneo insubrico, ma anche dopo la resa da 8 settembre di Medicina e Chirurgia ai ras regionali e alla loro riforma sanitaria, quella attuale che si presenta talmente bene da provocare sciopero e ribellione, clamorosi, da parte della totalità degli operatori sanitari.
La rabbiosa esplosione è avvenuta dopo annosi disagi e sofferenze inflitti alla popolazione dai riformatori regionali. Una situazione da lungo tempo prevista e a Varese da molto tempo denunciata dai cronisti di lungo corso e dalla libera stampa.
A monte del crollo di un settore unico per la sua importanza, si sono evidenziate le difficoltà dei finanziamenti regionali dei governi romani -tutti, nessuno escluso- responsabili dell’epoca nera, altro che venerdì, della sanità. Anni or sono
la Lombardia voleva il primato della qualità dell’assistenza e delle cure ai suoi abitanti, le premesse c’erano, poi Roma ha pensato bene di ridurre i finanziamenti per tappare altri buchi giudicati più angosciosi; Milano forse avrebbe “tenuto” nonostante qualche incursione della banda degli onesti, ma inchinandosi ai leader nazionali ha preferito scegliere un percorso e un modello di riforma bugiardo e anche traditore dagli elettori, un modello pure da stupidario mondiale: fare una riforma per la quale non c’erano soldi a sufficienza e per di più sovvertendo le modalità dell’azione: ospedali più piccoli e dedicati alle patologie acute (a Varese dimezzato il Circolo) prima di realizzare o disporre di strutture pubbliche dove accogliere i pazienti ancora bisognosi di cure dopo il ricovero urgente. Oggi è incalcolabile il numero dei malati ribaltati dai letti dell’ospedale e che hanno dovuto affidarsi a medici e cliniche di ambito privato o peggio sono a casa aiutati anche dai medici di base oltre che da vicini o da amici e da volontari di bella tradizione varesina.
Se avessimo avuto una classe politica locale più attenta, bene informata, acculturata, consapevole e libera, tanto disastro sarebbe stato denunciato e combattuto.
Per noi cittadini dagli eletti di casa nostra solo silenzio e indifferenza davanti a incredibili decisioni spacciate come sempre per miracoli dagli inviati da Milano. Che comunque un record lo hanno stabilito: quello della peggiore gestione di tutta la storia dell’Ospedale.
Per fortuna in Lombardia noi contiamo molto da sempre, ai vertici della regione infatti non è mai mancata gente di casa nostra. Adesso poi con Salvini abbiamo una guida alternativa del Centrodestra e forse ci attende un futuro ancora più radioso della sanità. Magari con i ricoveri in tende da ospedale da campo.
È una esagerazione, ma già la stampa aveva segnalato la singolare svolta, diciamo politica, al Molina e ce ne è voluto del tempo perché la politica correggesse la rotta.
Per una migliore gestione della sanità nulla ha fatto anche il Pd perché a Roma a sua volta molto aveva da farsi perdonare in tema di finanziamenti alla sanità.
A Varese più volte il Pd ha protestato in consiglio comunale con Mirabelli e Corbetta. Non silenziati, ma inascoltati.
Sarà un gran giorno per tutta la comunità varesina quando la gente comune e gli operatori della sanità troveranno al loro fianco giunta e consiglieri, tutti, a battersi contro la politica sanitaria da predazione di Milano. Il sindaco ha già fatto passi in questa direzione, piccoli ma significativi.
Tanta nebbia sul passato sanitario perché in Comune ci sono sì persone per bene, ma che evidentemente non conoscono la grande storia del nostro ospedale e nemmeno quella della giovane Università. Subito dopo il 1911 avevamo già un “Circolo” di qualità, diventato strepitoso dagli Anni ‘60 per l’intervento di industriali illuminati e per le gestioni di eccezionali professionisti.
Circolo e Insubria oggi sono le due più grandi aziende della città. E anche come tali vanno difese da chi non è capace di rispettare la storia e la memoria di una comunità.
Ecco perché meritiamo di essere rappresentati solo da chi ci conosce bene.
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