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Società

IL SOLDATO “CHIATTONE”

VINCENZO CIARAFFA - 30/11/2018

chiattoneI tempi sono grami e il nostro Paese necessiterebbe di qualche colpo di genio della classe dirigente per poter aspirare almeno ad un passabile futuro. Ciò vale anche per le Forze armate che sulla catena ordinativa, logistica, operativa, politica ed economica hanno così tanti problemi che, a volerli affrontare seriamente, farebbero tremare i polsi anche ad un grande statista. Mi permetterò di accennarne qualcuno.

Rispetto ad appena qualche decennio fa, la situazione economica del nostro Paese da difficile si è fatta preoccupante, sicché anche la Difesa, se di “difesa” parliamo, è ormai prossima allo zero in fatto di efficienza. D’altronde, i fatti si commentano da soli, e quando non sono i fatti a parlare, lo fanno i generali, e non dei generali qualsiasi.

L’11 giugno del 2004, l’allora capo di stato maggiore dell’Esercito, Giulio Fraticelli, nel corso di una conferenza al Centro alti studi della difesa, dichiarò che «La situazione attuale vede 10.000 posti letto disponibili secondo il nuovo standard su 81.000 necessari […] I fondi necessari per l’ammodernamento dei tre pacchetti di forze entro il 2020 e per le infrastrutture ammontano a un totale di circa 33 miliardi di euro. Considerando però le priorità fissate e l’esigenza [almeno] minima di conseguire l’ammodernamento del primo pacchetto di forze entro il 2015, saranno necessari mediamente 1.200 milioni di euro». Ciò, nel criptico linguaggio da stato maggiore, significava che l’Esercito italiano era in mutande già quattordici anni fa.

Di seguito, il suo successore, Filiberto Cecchi, inviò, il 27 gennaio del 2006, una circolare che, per usare una spendibile locuzione da caserma, possiamo definire una fesseria: «Sono definitivamente svanite le iniziali attese circa il possibile afflusso di ulteriori fondi provenienti dalla cartolarizzazione […] Le risorse residuali sono state destinate principalmente alla preparazione e al supporto delle forze impiegate o da impiegare in operazioni, in Patria ed all’estero. Le deficienze che dovessero palesarsi non dovranno giustificare cali di attenzione sulla sicurezza del personale ovunque impegnato […] È evidente che le riduzioni operate non saranno sufficienti a mantenere lo strumento neppure su quei livelli minimali inizialmente auspicati […] l’eccezionalità del momento richiede comportamenti innovativi e ulteriori sforzi di intelligente creatività […] A tale patrimonio motivazionale annetto valore prioritario, ancor più della stretta operatività, perché solo facendo leva sull’abnegazione e sull’intelligenza dei nostri uomini si potrà superare il difficile momento e garantire un futuro di crescita al nostro esercito».

Perfino un lettore dal lessico più raffinato del nostro dovrà ammettere che ci vuole una gran faccia da strudel per poter sostenere che le riduzioni operate non saranno sufficienti a mantenere lo strumento militare neppure su dei livelli minimali e, nel contempo, garantire un futuro di crescita al nostro esercito.

In ogni caso le affermazioni di Cecchi rivelavano l’esistenza di un problema reale giacché anche il capo di stato maggiore della Difesa, Camporini, il 23 luglio del 2008, durante un’audizione in Parlamento, spiegò che, dopo gli ennesimi tagli al budget, le Forze armate si sarebbero ridotte ad uno stipendificio, a un ammortizzatore sociale. E non è che nel frattempo la situazione sia migliorata, anzi.

Eppure per i nostri stati maggiori il nemico da battere, in questo preciso momento storico, non si trova sulla fatidica linea del Piave ma nel girovita dei militari dipendenti. Sì, perché pare che se i nostri professionisti della forza non avranno un indice di massa corporea superiore ai 30 punti per i maschi e ai 28 per le donne saranno considerati inidonei al servizio militare e, quindi, licenziati.

Per cercare di capirci qualcosa, l’indice di massa corporea (IMC) è un dato biometrico espresso come rapporto tra peso e quadrato dell’altezza di un individuo e viene, ormai, considerato come un indicatore del peso forma. E già sulla coerenza di questo intendimento avremmo qualcosa da dire posto che, grazie ad un’altra immaginifica sentenza emessa dal Consiglio di stato a giugno del 2011, nei ranghi delle Forze Armate possono rimanere anche i soggetti riconosciuti dediti all’uso di sostanze stupefacenti ma, evidentemente, non i militari corpulenti.

Vorremmo vedere i signori del Consiglio di stato farsi operare al cuore da un cardiochirurgo dedito all’uso di sostanze stupefacenti! Ma andiamo al punto.

Stando alla controversa “Circolare IMC”, sulla quale in questi giorni si è più volte soffermata il ministro della difesa Elisabetta Trenta, quanto prima s’inizierà ad inviare in convalescenza i militari corpulenti mentre – aggiungiamo noi – ci terremo quelli eventualmente drogati ma longilinei. A parte il fatto che il ministro non è aggiornato oppure è all’oscuro del fatto che alcuni militari ritenuti corpulenti siano già stati posti in licenza di convalescenza, ci punzecchia una domanda: una volta a casa il “chiattone” di turno, che cosa farà?

Se, come ripetutamente dichiarato dalla ministra, l’obiettivo della circolare sarà quello di tutelare la salute dei militari dalla taglia forte, allora perché mandare costoro a casa per due anni, allo scopo di risolvere un problema che invece andrebbe risolto “dentro” le strutture della Difesa?

E dal punto di vista morale, ma anche pratico, sarebbe la cosa più razionale da farsi, poiché quasi ogni caserma italiana (quelle poche che sono rimaste aperte…) ha un ufficiale medico, che vi dirige il servizio sanitario, oltre alla esistenza di una palestra con qualificati istruttori militari che potrebbero far seguire ai loro commilitoni in sovrappeso un piano di dimagrimento che integri esercizi e dieta. Per quelle obesità refrattarie, invece, si potrebbe ricorrere a delle strutture specializzate per il tramite degli ospedali militari, quei due o tre che sono rimasti aperti.

Ma fino a questo momento abbiamo ragionato su di una circolare in divenire e su dei casi di obesità che, eccetto qualche maresciallo o colonnello dell’immediato dopoguerra, non abbiamo mai visto in quarantadue anni di professione militare, svolta in reparti che andavano dalla Carnia alla Sicilia, dei quali quattro trascorsi prima come allievo e poi come istruttore, alla Scuola militare di educazione fisica.

Considerati i militari di ogni ordine e grado che abbiamo incontrato e gli scaglioni di leva che arrivavano ogni anno fino al 2004, in quasi mezzo secolo di vita militare abbiamo avuto modo di poterci fare una conoscenza statistica dei fenotipi militari da far schiattare d’invidia qualsiasi istituto demoscopico. Ebbene, non ricordiamo quest’abbondanza di panzoni nelle nostre Forze armate, anche se l’aneddotica e le barzellette circolanti all’epoca la raccontavano in modo molto diverso, specialmente per quanto riguardava alcune figure-tipo di ogni reparto come il maresciallo della mensa, o della cassa, o del minuto mantenimento.

La verità è che l’attuazione della “Circolare IMC”, diciamolo, oltre ad essere una sparata demagogica a costo zero, ha il sovrappiù di consentire un indiretto sfoltimento di quei ranghi che non possiamo più mantenere, nella scia di un disegno da lungo tempo accarezzato dai demiurghi che si sono succeduti alla guida del Paese. Di questo passo, delle Forze armate resterà una sorta di milizia territoriale perché, a furia di “razionalizzazioni”, la compagine militare si è ridotta a quattro gatti che hanno su di loro, in proporzione, più generali dell’esercito americano. Però, vuoi mettere il bel vedere di quei quattro gatti, filiformi e azzimati, nelle loro uniformi mal confezionate in Romania?

E la difesa della Patria, quel lavoro diuturno e costante fatto di motivazioni straordinarie, di capacità non comuni, di sacrifici sconosciuti ai più, di sofferenze e, quando occorre, di sangue, dove andrà a finire? Roba superata, oggi non usa più, non è più necessario neppure difendere i confini, l’importante è avere militari asciutti e longilinei. No, ragazzi, l’opinione dell’inutilità di difendere i confini non è nostra ma di una persona molto importante della Difesa: il suo attuale capo di stato maggiore.

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