Il 15 settembre 2008 la finanza speculativa basata sulla ricerca del profitto ad ogni costo, della sua massimizzazione a sprezzo dei valori umani e delle persone, è crollata col fallimento della Lehman Brothers. Papa Francesco l’ha stigmatizzata come segno di un’economia predatoria che schiaccia individui, relazioni, società, ispirata a una logica cieca. Vengono così ridotti a scarto gli esseri umani e lo stesso pianeta.
Nel maggio scorso la Congregazione per la dottrina della fede e il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale hanno dato luce a un documento, Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, per ricondurre l’economia alla sua vera essenza strumentale. Sullo sfondo la visione ultraliberista dell’economia dei Chicago Boys, facenti capo a Milton Friedman, la fine nel 1971 della convertibilità dollaro-oro, la crisi petrolifera del 1973, la convinzione che la deregolamentazione favorisce meccanicamente l’autoregolazione del mercato. Una bolla immobiliare, la deregolamentazione del settore finanziario e del sistema bancario americano a seguito di guadagni attraverso derivati del credito basati sui mutui subprime, accesi per l’acquisto della casa concessi a soggetti che non potevano accedere ai tassi di interesse di mercato, prestiti di assoluto rischio, furono causa di quel crollo.
Con i derivati si andava a speculare spregiudicatamente sull’andamento di un asset, senza però possederlo direttamente. Le banche sistemiche ora sono obbligate ad avere un cuscinetto di riserve di capitale in più. Non è giusto che una banca tradizionale, che tale si faccia credere dai risparmiatori nel raccogliere i depositi, assicurando garanzie, poi non usi i soldi per finanziare imprese, bensì compri in proprio titoli molto speculativi, esponendosi a intollerabili, devastanti cadute.
Ne deriva la lezione di manager di società finanziarie, che nulla rischiano personalmente e nulla ci rimettono, percependo per giunta liquidazioni d’oro, pericolo tuttora d’attualità nonostante l’allarme. Con l’attuale struttura dei bonus estraggono valore dalle aziende senza crearlo. Indubbi anche gli effetti sul terrorismo, che pesca sempre i propri adepti ove esistano luoghi di disperazione, di impoverimento tragico con i debiti condizionamenti psicologici.
È necessaria invece un’economia che risponda all’etica, amica della persona. Il Pil non può essere l’unico parametro di valutazione dell’economia. Un passo avanti si è avuto in Italia con l’inclusione dal 2016 del Bes, indicatore che misura il benessere equo e sostenibile, nel DEF (Documento di economia e finanza). Il Bes fa riferimento a indicatori in ambiti quali la salute, l’istruzione, il lavoro e la conciliazione dei tempi di vita, la sicurezza dell’ambiente e la qualità dei servizi, onde un ruolo nella programmazione economica nazionale.
Bisogna premiare chi fa scelte per l’ambiente, contro la disparità di genere, a favore di un giusto trattamento nel confronto dei lavoratori, per l’innovazione. Sono importanti le esperienze di rigenerazione urbana, vanno proposti gesti concreti come quello del Progetto Policoro, avviato nel 1995 in 13 regioni italiane dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, al fine di combattere la disoccupazione giovanile al Sud, ma non solo, partendo dalla valorizzazione delle risorse giovanili.
Bisogna promuovere modi di un lavorare cooperativo “vero”, ove valgano competenza, solidarietà e partecipazione; aziende di economia di comunione, come quella fondata nel 1991 a San Paolo del Brasile da Chiara Lubich, responsabile del movimento dei Focolari (principi la comunione, la gratuità, la reciprocità). Né va trascurato il fenomeno ultimamente esploso della sharing economy, o economia della collaborazione e della condivisione. Quello che conta è il protagonismo delle persone.
Bisogna andare, come dice Papa Francesco, nelle periferie; la teoria imperiale che prevede un centro e una periferia e una dimensione prevalentemente verticale è molto precristiana, degna dei grandi imperi dell’antichità. Le Oeconomicae et pecuniariae quaestiones sottolineano la sfera delle nostre responsabilità, l’esercizio critico e responsabile del consumo e dei risparmi.
I consumatori favoriscano quotidianamente sul mercato quanto aiuti il benessere reale di noi tutti, riflettendo su ciò che ad esso nuoce. Economia sostenibile è quella che non premia solo i furbi e gli azionisti, ma tutti quelli che lavorano per il domani. In rilievo la prospettiva dell’economia circolare, alternativa rispetto al modello lineare attualmente diffuso, fondata sull’organizzazione di un intero ciclo di vita dei prodotti, dalla progettazione alla distribuzione, al recupero e al riciclo.
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