(S) Ti sfido a confrontarti con un paradosso che supera di gran lunga i tuoi: la sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli, ha sparato in faccia al professor Padoan, nonché Ministro dell’Economia di lungo corso e discreta esperienza, la propria accertata incompetenza come una migliore garanzia di sicuro risultato positivo, rispetto alla competenza dello studioso.
(C) La differenza tra un paradosso e un errore è sostanziale. Il paradosso è una verità scambiata per errore dall’opinione corrente (doxa, in greco), una affermazione vera che va contro quello che è ritenuto ovvio dalla massa che crede all’apparenza. Giocare sul paradosso, devo dire, è un genere letterario difficile e faticoso, ma soprattutto rischioso, sia per il pericolo di sparare una stupidaggine, sia per quello di dire una cosa giusta ma incomprensibile per i più. Non manca di coraggio la nostra ragioniera/dottoressa di laurea triennale, quando sfida il professor Padoan, sia pure trincerandosi dietro un grafico tratto dall’autorevole ‘Il Sole 24 Ore’.
(S) La sottosegretaria non ha fatto una bella figura, perché ha cercato di usare una statistica, nemmeno aggiornata, trascurando la necessità di interpretare il dato numerico singolo. Ovviamente tutto ciò non ha incrinato la convinzione dei seguaci della narrazione populista. Credo che la confusione generale sia causata dall’uso esteso e spesso indebito dell’anglicismo ‘spread’, che sembra indicare una cosa misteriosa, invece di segnalare concretamente il maggior costo che lo Stato italiano paga rispetto a quello tedesco (preso come unità di misura perché è il minore in assoluto) per finanziare il proprio debito pubblico. Per fare un paragone comprensibile a tutti, lo spread è simile al distacco in classifica nel campionato di calcio tra la prima (e chi sarà mai, vero direttore?) e ciascuna delle altre: nel nostro caso l’Italia sarebbe la penultima del campionato europeo a 300 punti di distanza dalla prima. Non è motivo di vanto e segnala una difficoltà reale.
(O) Capito, ma non è l’unico metro per giudicare la bontà dell’azione di governo. La democrazia deve tener conto più dei bisogni dei cittadini che del parere dei cosiddetti mercati, che poi non sono altro che la ‘grande’ e soprattutto incontrollabile finanza.
(S) Eh no! Non sono d’accordo. Il compito principale della politica, oggi, è proprio quello di controllare la finanza globalizzata, che diventa ‘grande’ come potere ma non come valore proprio perché nessuno si azzarda a controllarla e qualcun altro accetta di ritenerla incontrollabile. Il fatto è che per ridurre le speculazioni bisogna proprio evitare di concedere agli speculatori le occasioni, la cui principale causa è proprio l’instabilità. In una situazione stabile funziona bene la finanza ‘buona’, che fa in proprio o che consente ad altri di realizzare investimenti a lungo termine, come richiedono, per esempio l’industria e le infrastrutture. Quando invece ci sono colpi e contraccolpi, prospera quella cattiva (qui non metto le virgolette perché l’aggettivo deve essere inteso in senso pieno), che s’interessa solo dei valori monetari espressi giorno per giorno dai prezzi dei titoli trattati nelle Borse, che gioca sui crolli e sulle risalite improvvise, che semina il panico o l’euforia tra i risparmiatori, a seconda della propria convenienza e che, dopo aver ‘mosso il parco buoi’, lo ‘tosa’ senza il minimo scrupolo.
(C) Torniamo alla nostra questione: la noncuranza dello spread è indice d’incompetenza o di una genuina attenzione ai bisogni del popolo? Come quella del campionato, anche la classifica dello spread può essere migliorata o peggiorata giornata dopo giornata, ma vale la pena di segnalare qualche differenza: nel calcio anche una retrocessione potrebbe essere positiva: si incassa un fondo di solidarietà della Lega Calcio, si rinnovano i quadri tecnici, si riduce il monte stipendi cedendo i ‘pezzi pregiati’, nella serie inferiore si lanciano i giovani che vanno a creare un nuovo patrimonio. Nel caso della finanza pubblica, una retrocessione comporta invece solo negatività: costa di più rifinanziare il debito pubblico, quindi nel bilancio dello Stato vengono a mancare le risorse per gli investimenti, inoltre aumenta il costo del denaro per imprese e famiglie, quindi diventa più difficile sia vendere all’estero sia vendere o, rispettivamente, comperare beni nel mercato interno.
(O) Ma perché aumenta il costo del denaro? Per la speculazione?
(C) No. Perché il denaro è anch’esso una merce e come tale ce n’è una disponibilità limitata, quindi il prezzo varia secondo la normale legge della domanda e dell’offerta; perciò se lo Stato italiano per rifinanziare il proprio debito deve offrire, poniamo, un interesse del 3%, difficilmente le imprese e le famiglie troveranno presso le banche tassi migliori per le loro necessità di finanziamento. La conseguenza è una penalizzazione competitiva per le imprese italiane rispetto a tutte le altre europee, particolarmente pesante per quei settori, come i lavori pubblici, che richiedono investimenti di lunga durata, mentre per le famiglie diventano più costosi il credito al consumo e i mutui immobiliari e questo riduce la già modesta domanda interna.
(O) Quindi lo stimolo per l’economia rappresentato dall’aumento della spesa sociale, finanziato in deficit, verrebbe secondo te rimangiato dalla frenata indotta su altri fattori?
(S) Esattamente, è il cane che si morde la coda, il più banale esempio d’incompetenza. Non conviene mai retrocedere nella stima dei mercati, proprio perché sono dominati dalla speculazione, che non conosce nemmeno quel pochino di solidarietà che c’è tra le squadre di calcio.
(O) A questo proposito come va lo spread calcistico con l’Europa,? Mi sembra migliore di quello monetario.
(C) Ondeggia giorno per giorno, proprio come l’altro; mentre parliamo (mercoledì) direi che rischia di peggiorare e vedrà un momento di verità il prossimo turno delle coppe europee, proprio come lo spread vero. Anche qui esiste il rischio del populismo, che i dirigenti cedano alle opinioni dei tifosi rispetto alla competenza degli allenatori. Non è forse vero che siamo in Italia almeno cinquanta milioni di commissari tecnici?
(S) Vedi un po’ il teatrino Salvini-Gattuso, con il politico-tifoso che sgrida l’allenatore per le mancate sostituzioni nel finale della partita Lazio-Milan e l’allenatore che replica, molto correttamente secondo me, che lui non s’intende di politica e non ci mette il naso, ma quanto a calcio ne conosce un pochino di più e si assume tutte le responsabilità. Anche il calcio diventa una cosa più seria della politica?
(C) Attenzione al paradosso! Io ho avuto lo stesso pensiero di Salvini vedendo la partita in televisione. Applico perciò la legge dell’incompetenza fino alle estreme conseguenze: Gattuso for president e Salvini stopper.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
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