“Se l’Italia vuol fare il reddito di cittadinanza, è sovrana. Noi guardiamo ai saldi bilancio”. Con questa chiarissima, lapidaria affermazione, Jean-Claude Juncher, presidente della Commissione Europea, ha risposto al nostro Matteo Salvini che con le sue rozze battutacce aumenta certamente i consensi fra i fans, ma induce nel contempo i paesi dell’Unione Europea – compresi quelli che asserisce essere i suoi amici (e non quella fumosa istituzione che soprannomina con disdegno “Bruxelles”!) a procedere contro l’Italia per infrazione a causa del suo eccessivo debito.
Mi stizzisce che Salvini non conosca (o finga di non conoscere!) le regole che gli Stati aderenti all’Unione si sono dati. Eppure è stato per otto anni seduto sugli scranni del Parlamento Europeo! E a Strasburgo si legifera seguendo rigorosamente i Trattati!
Proverò io in cinque pillole dimostrare come il nostro eroe padano ignori le regole europee.
1 – Unire l’Europa, subito dopo la seconda guerra mondiale, era un sospirato desiderio dei popoli e un’impellente necessità per allontanare dal continente il pericolo di un’altra guerra. Per raggiungere questo ragguardevole fine si scelse la via dell’armonizzazione delle economie. Questo era solo un piccolo passo per arrivare all’unità politica. Armonizzare (non omologare!) voleva dire togliere le disparità tra paesi prosperi e paesi poveri. Ne sanno qualcosa le nostre regioni meridionali in cui molte opere pubbliche sono state sussidiate con i fondi strutturati europei. Se gli enti locali rispondessero ai bandi per ottenere le risorse messe a disposizione dall’Unione, potrebbero essere ancora più numerose! A quei tempi (1950) tutti erano felici di cedere sovranità (o competenze, che dir si voglia!) ad un’autorità che era sovrana in materia di produzione e distribuzione di carbone e acciaio, allora importanti materie prime.
2 – Per armonizzare ancora di più le economie nazionali si continuò con l’agricoltura. Molte zone depresse divennero fertili grazie alla politica agricola comune. I marchi italiani Dop e Ipg oggi sono riconosciuti in tutta l’Unione. I prodotti agricoli del nostro sud, in cui terreno fertile e clima mite concorrono a produrre frutta e verdura di alta qualità, sono apprezzati sulle tavole degli europei. Si abolirono poi i dazi e i prodotti delle nostre industrie manifatturiere invasero un mercato comune ricavando, nel 1992, 57 miliardi e, l’anno scorso, 195 miliardi. Salvini dice che, senza Europa, saremmo più competitivi perché non dovremmo rispettare più i lacci e i laccioli impostici dall’Europa, ma dimentica che saremmo soli con il resto del mondo e i pochi vantaggi derivanti dall’esportazione dovrebbero fare i conti con il maggior costo dell’importazione gravata da dazi. Noi italiani siamo circa 60 milioni. I cittadini di tutta l’Unione sono circa 510 milioni: oggi peschiamo in questo grande mercato di mezzo miliardo di persone, se abbandonassimo l’UE – come faceva intendere un tempo Salvini – il nostro mercato si ridurrebbe a 60 milioni di consumatori!
3 – Ma un mercato unico, con la libera circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e la liberalizzazione dei pagamenti, dei servizi aveva bisogno di una moneta unica. Quella moneta, l’euro, è frutto del lavoro non dei soli cittadini italiani, ma di tutti gli europei che appartengono alla zona dell’euro. Se la moneta è unica, essa comporta che tutti gli stati aderenti abbiano delle finanze pubbliche solide misurate da un debito pubblico che non deve essere superiore al 60 per cento del prodotto interno lordo (attualmente, l’Italia ha un debito superiore al 130% e aveva promesso di ridurlo gradualmente!) e un deficit non superiore al 3 per cento (il deficit dell’ultima manovra finanziaria lo porta al 2,4, mentre al momento della formazione del governo il ministro Tria giurava e prometteva che non avrebbe superato l’1,8%).
5 – Durante la campagna elettorale, i due partiti che attualmente compongono la maggioranza avevano fatto i conti senza l’oste. La Lega aveva promesso: l’introduzione della flat tax (costo 50 miliardi), l’eliminazione delle accise sulla benzina (6 miliardi), l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie escluse (5 miliardi), la riforma della Fornero (8,1 miliardi), l’assunzione di 10 mila forze dell’ordine e della polizia penitenziaria (4 milioni). I 5 Stelle il reddito e la pensione di cittadinanza (17 miliardi), il rafforzamento dei centri per l’impiego (2 miliardi), oltre alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia (12 miliardi) per un totale di circa 100 – 110 miliardi. Tutte queste quantificazioni avrebbero portato a delle misure espansive della nostra economia. Di contro, con la riduzione del numero dei parlamentari, l’eliminazione dei vitalizi, con la riduzione delle pensioni d’oro e delle missioni internazionali si sarebbe portato in cassa solo mezzo miliardo.
Nel “contratto di governo” non si parla di revisione della spesa, di riforma delle aziende partecipate e – soprattutto – di investimenti, capaci di creare lavoro. Essendo il nostro Paese a bassa crescita, questa montagna di spesa ha costretto la Commissione Europea, che è la guardiana dei Trattati, ad avvisare il governo che non avrebbe approvato la manovra in quanto essa non avrebbe creato crescita economica, ma avrebbe aumentato ancor di più il debito.
Apriti cielo! Salvini, al suo solito grezzo modo, proclama che “lui tira avanti!”, che “se ne frega di Bruxelles”, che “lo spread se lo mangia a colazione”, che “aspetta le lettere di Babbo Natale” e ammennicoli vari.
Intanto, lo spread, cioè la differenza di rendimento tra i nostri titoli di stato e i Bund tedeschi, (ve lo ricordate Salvini: ”Fateci andare al governo e vedrete che lo spread calerà!”), continua a crescere e alla fine dovremmo sborsare circa 5 miliardi di interessi che andranno ad aumentare il debito. Il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio Giorgetti esclama: ”I mercati sono popolati da affamati fondi speculativi che scelgono le loro prede e agiscono” e l’altro vice Di Maio proclama: ”Non credo che avremo un attacco speculativo: è solo una speranza delle opposizioni. Non siamo ricattabili”.
Conclusione: Salvini dovrebbe sapere che siamo sovrani nel disporre le nostre politiche nazionali, ma che l’Europa della moneta unica è sovrana nella valutazione dei costi di queste scelte perché essi rappresentano il “bene comune” di tutti i cittadini d’Europa.
Vogliamo uscire da questo dominio e acquistare la nostra piena sovranità monetaria? Lo possiamo fare. Basta presentarsi alle prossime elezioni e scrivere chiaro nel programma: “Vogliamo uscire dall’euro”. I cittadini decideranno. Ma dopo averci pensato per bene e, stavolta, senza farsi incantare dalle sirene della Lega e dei 5 Stelle!
Domenica scorsa, Conte è uscito dal vertice di Bruxelles con le ossa rotte. Come Theresa May. È iniziata l’inevitabile retromarcia del populismo che dovrà per forza di cose rivedere tutta la manovra!
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