Tempi grami per gli arbitri. Per la verità che siano stati sempre tranquilli e sereni non è proprio il caso di dirlo. Che in precedenza abbiano avuto la possibilità di fruire di trattamenti idilliaci è a dir poco inesatto, ma che al momento la categoria sia arrivata a contare gli “assalti a 451” è a dir poco vergognoso.
E lo è ancora di più se si considera che anche nel settore giovanile, dove per logica si dovrebbe, in campo e fuori, presenziare per puro divertimento che si verifichino situazioni incresciose come quella di aggressione a un giovane arbitro o –peggio – che a un arbitro-donna sia toccata una frattura a uno zigomo con addirittura la vista compromessa.
Occorrono interventi “da codici” e da proibizione per la presenza alle partite sul campo con sensibili risarcimenti. Maggiormente nei settori giovanili sottolineando errori fatti che sono soprattutto di esempio negativo.
Ma per non mancare all’appello un episodio ha fatto scalpore anche in campo professionistico, e cioè un autentico campione che forse per avere sbagliato un rigore a danno della squadra rossonera, in cui oggi milita, o in avversione alla sua ex squadra bianconera nell’incontro finale tra due formazioni ha sferrato un attacco all’arbitro prima di essere fermato dall’intervento di altri giocatori. Il tutto, cioè, vale a qualsiasi livello.
Situazioni incresciose che si sono ovviamente verificate in maniera diversa e su campi “ preferiti”.
A Varese una sola volta si è verificato un “assalto” a un arbitro finito, peraltro, in maniera folkloristica.
Il direttore di gara fu costretto a partire da un’altra stazione rispetto a quella da cui sarebbe dovuto partire per evitare il rischio dei tifosi…
Ebbe, però, a insulto perenne il proprio cognome indirizzato a ogni arbitro che sul campo varesino era stato mal giudicato. In sostituzione del tradizionale “cornuto” o quant’altro.
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