I tragici fatti che hanno visto coinvolti alcuni ragazzi a Varese dimostrano ancora una volta che l’emergenza educativa ha assunto dimensioni nazionali. Conosco la fatica e l’impegno quotidiano dei genitori e dei docenti e so perfettamente che l’educazione non è una scienza perfetta perché ha a che fare con la parte più vulnerabile di noi tutti. Da sempre l’adolescenza è il periodo più difficile della vita: ci si misura con il terrore di diventare grandi e con il desiderio di dimostrare di esserlo; l’approvazione del gruppo dei pari è la priorità assoluta.
Ciò nonostante qualcosa è cambiato ed è indispensabile che il mondo adulto si interroghi. Occorre un’analisi accurata della realtà affinché ognuno, nel proprio ruolo, si adoperi per arginare fenomeni sociali che cominciano a ripetersi ovunque con troppo frequenza. Forse noi adulti ci siamo distratti e non abbiamo voluto cogliere alcuni segnali che avrebbero dovuto allarmarci. La crisi economica e il precariato lavorativo hanno indebolito l’istituzione famiglia che è sempre stata un caposaldo del nostro sistema sociale e culturale; le innumerevoli riforme che si sono succedute negli anni hanno impoverito la scuola svilendone il fondamentale ruolo di prima agenzia educativa e formativa; la scarsissima considerazione sociale del ruolo degli insegnanti ha determinato il burnout della classe docente; l’adolescenza è dilatata in una precoce e insidiosa preadolescenza e in una smisurata post-adolescenza; i giovanissimi (ancora bambini) si addentrano nel mondo del web senza la mediazione dell’adulto e sono alla mercé di immagini, contenuti e tematiche che non sono in grado di decodificare, ma che possono certamente imitare; l’uso di sostanze stupefacenti e alcol avviene in età sempre più precoce; la solitudine digitale trasforma le relazioni amicali in dinamiche che gli adulti non sono in grado di comprendere; gli adulti sempre più spaventanti e disattenti non sono più in grado di stabilire le regole necessarie alla costruzione di relazioni positive;
L’adolescenza è da sempre un fattore di rischio e se i ragazzi la vivono confondendo il mondo virtuale con quello reale può trasformarsi in abnorme gioco di cui non colgono né la pericolosità né le reali conseguenze delle loro azioni per sé stessi e per gli altri.
Al modello educativo autoritario, legittimamente fallito, gli adulti non hanno saputo sostituirne uno autorevole, hanno confuso i ruoli, negato i limiti e regole dimenticando il loro primo compito: essere punto di riferimento.
Gli adolescenti, perciò, ripropongono all’interno del gruppo dei pari un mal riposto senso dell’onore, dell’omertà, del sopruso emulando modelli virtuali o massmediali che riempiono la voragine lasciata aperta dalla mancanza di autorevolezza degli adulti di riferimento.
La mia è una semplice analisi, per altro assolutamente personale, non c’è giudizio né pregiudizio.
Mi chiedo come madre, insegnante politica: che fare?
Sono assolutamente anacronistiche, se non controproducenti, alcune proposte dell’attuale governo che delineano un un’idea di famiglia monolitica non rispondente alla realtà: le famiglie sono tante, diverse e a volte in difficoltà.
Si pensi, piuttosto, a sostenere gli enti locali per supportare progetti di sostegno socio educativo, per migliorare la sicurezza delle città, per costruire luoghi di aggregazione significanti.
Si pensi ad essere modelli positivi di correttezza ed educazione e a non dare esempi di arroganza verbale e comunicativa, di prepotenza selettiva.
Si pensi a rimettere la scuola al centro della programmazione e del finanziamento politico a ridare agli insegnanti il riconoscimento sociale e culturale che meritano.
A livello locale è necessario stringere un patto educativo territoriale tra tutti coloro – genitori, insegnanti, educatori, istituzioni, associazioni – che abbiano a cuore il benessere dei nostri figli e delle nostre figlie.
L’amministrazione comunale è a disposizione delle associazioni Genitori, dei Dirigenti degli Istituti comprensivi, dell’UST, dell’AST, delle forze dell’ordine, degli oratori, delle associazioni sportive e di quelle giovanili, per delineare unità di intenti e individuare le priorità al fine definire politiche educative capaci di prevenire pericolosi stili di vita che sono fonte solo di dolore e di inquietudine.
Bisogna avere il coraggio dell’approccio cooperativo, la determinazione della progettazione laboratoriale e l’energia del contributo di tutti.
E’ necessario che gli adulti di riferimento si riapproprino del loro ruolo educativo.
La relazione educativa necessita determinazione, audacia e passione.
Rossella Dimaggio, Assessora ai servizi educativi del Comune di Varese
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