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Cara Varese

DIVISIONISTI DELLA POLITICA

PIERFAUSTO VEDANI - 23/11/2018

quarto_statoLeggendo un libro di storia dell’arte ho incontrato la  vicenda,   già mi era nota, del Divisionismo,  movimento pittorico  sviluppatosi a fine ‘800 e in Italia affermatosi   grazie a pittori di talento come Segantini e Pelizza  da Volpedo. Il “Quarto Stato” di Pelizza sarebbe diventato  una icona, una   bandiera dei lavoratori  e delle loro lotte per l’emancipazione. 

Proprio per essere stata questa   tela   “politica” oltre che   esempio propagandistico del divisionismo, è scattata in me quella che gli esploratori della psiche chiamano associazione di idee che alla fine mi ha fatto approdare a una storica e negativa caratteristica   della politica. Infatti in una  ipotetica e non facile classifica   degli inguaribili difetti italici  la voglia matta del potere porta sempre  a   spaccare, frazionare, contrapporre ed è tale da essere  seconda solo alla corruzione,  già dominante prima dei tempi dell’impero.  romano.

Tacito, storico che non faceva sconti, ne individuò le cause  addirittura  nel sistema  legislativo: “plurimae leges, res publica corrupta”, analisi che è rimasta perfetta nel tempo  e che  quindi si adatta, processi e furbate  alla  mano, alla odierna Italia che,  ecco un   esempio recentissimo,   in mezzo secolo  ha dilapidato il capitale di valori offertole dagli uomini  che le avevano fatto conoscere libertà  democratiche  mai viste e godute nei secoli precedenti. Niente a che fare dunque con i divisionisti che dipingevano quadri luminosi, di serena lettura  grazie a una tecnica  fatta di puntini e tocchi lievissimi sulla tela. Insomma oggi c’è da  preoccuparsi  per lotte e   confusione in tutti gli ambienti politici e anche in molte amministrazioni  locali, regioni comprese,  dove per esempio affiorano  di questi tempi  crepe nel Centrodestra, dovute anche a picconate  governative  tra i gialloverdi  protagonisti di un’alleanza  che  sembra sconcertare  i loro elettori,    l’Europa e ovviamente   anche  i   resti  di nostri potenti  partiti.

Il divisionismo politico  ha colpito duramente anche a Varese e lo ha fatto    addirittura  nelle schiere  dei vincitori delle elezioni  comunali di due anni fa.   Il richiamo  di questo antico vizio si impone  come semplice ma necessario amarcord – o meglio un “maregordi”  in lingua  locale- utile a tutti.

E’ successo  dunque che anche a Varese i divisionisti siano emersi e abbiano colpito   al loro interno prima ancora di interessarsi dei problemi dei cittadini e quasi senza festeggiare adeguatamente il ritorno alla guida della città dopo 67 anni   di dominio di un Centrodestra  democratico.  

E’ successo che per lotte interne alla coalizione  guidata dal sindaco Galimberti  non sia entrata nella giunta  Luisa Oprandi che aveva  raccolto centinaia e centinaia di preferenze. Gelosie e cattiverie, il peggio del divisionismo, contro una candidata scelta  con   fiducia ed entusiasmo  dall’elettorato, il vero    protagonista dello storico ribaltone a Palazzo Estense.

E i dissensi interni a partiti e liste civiche sono poi   continuati  con   trasferimenti da un colore all’altro: molto più accettabili le dimissioni  dall’incarico di consigliere comunale. Rispetto  a deputati e senatori che mai rinunciano  a privilegi  enormi dei parlamentari  tradendo pesantemente i loro elettori,   simili  situazioni  a livello locale hanno minore incidenza ma dovrebbero insegnare molto di più a chi si sente autorizzato  a fare  della politica uno sgabello o un montascala   personali.

I partiti possiamo paragonarli a squadre  che hanno le loro strutture, tra le quali  c’è   la massa dei tifosi che pagano il biglietto, Oggi  i  fischi alla giunta Galimberti sarebbero  pericolosi considerato il passato,  fatto di niente,  dei governi varesini di Centrodestra, senza   valutare anche il consueto zero che è arrivato  da  Milano. Ma non è finita: se andranno in porto  i progetti di Salvini e Di Maio, saranno delusioni grandi, anche per le piazzeforti degli elettori leghisti. Dimenticavo: per Salvini   Varese non è mai esistita. Siamo il popolo  bue che deve votare e basta. Lo siamo stati  anche per Berlusconi.

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