Confesso, a Roma quando posso giro in bici.
Capisco che a Varese la notizia non colpisca più di quel tanto, ma posso garantire che ha il suo perché. Nella via dove abito, che pur conta qualche centinaia di persone, ad usarla siamo in due: un prete che vedo tornare la sera trafelato ed io. Nel mio ufficio ad utilizzare l’ars pedalandi é solo il sottoscritto. Le rastrelliere per le bici montate al quartiere Prati sono quasi sempre desolatamente vuote.
Roma non ama la bicicletta a vantaggio della cugina ricca, la moto. Sarà la conformazione fisica della città – sette colli non sono fatti per incoraggiare – sarà quella mentale degli abitanti -“se potessero parcheggià a piazza Navona lo farebbero”, commentava tempo fa un taxista – rimane il fatto che a girare con le due ruote ed i pedali siamo davvero pochi.
Ne deriva un certo clima di, chiamiamolo, scarsa collaborazione tra i vari soggetti della mobilità. Nelle strade intasate dalle lamiere a destra non si può stare perché non c’è spazio. Alla sinistra delle auto dai fastidio ai motociclisti. L’apertura improvvisa dello sportello in doppia fila per scendere è poi uno sport nazionale. Se imbocchi le poche corsie preferenziali i bus lampeggiano e suonano: peggio di Duel. Se scansi le molte buche ti becchi un “vaffa…” da chi c’è dietro.
Ogni tanto qualche assessore inaugura un pezzo di pista ciclabile. A Prati appunto ce ne è una che si snoda tra i vari uffici giudiziari. Poi finisce improvvisamente nel mezzo di una piazza, direzione corsia opposta. Se non lo sai, rischi di finire sul cofano di un’auto. Sulle piste per le bici gli avvocati danno appuntamento ai clienti, le casalinghe spingono i carrelli della spesa lontano dal traffico, qualche ambulante espone la sua mercanzia, le coppiette si guardano negli occhi mano nella mano e nelle orecchie l’Ipod. Quando scampanelli per chiedere il passo c’è chi si volta infastidito, chi ti guarda come se fossi un alieno, chi non ti sente nemmeno. Anche i giovani a Roma girano poco in bici. Roba da “sfigati” .Meglio la moto alla Rambo di Verdone. E poco importa se la pancia avanza inesorabilmente : meglio qualche chilo in più che sfidare le consolidate consuetudini del civis romanus.
Il 28 Aprile i sopravvissuti esemplari capitolini di ciclisti aderiranno alla campagna lanciata dal Times di Londra: più sicurezza e attenzione alle due ruote ecologiche ( dieci giorni fa è morta investita una ragazza di ventidue anni, Alice). Ma denuncia il promotore dell’iniziativa, Paolo Bellino: l’autorizzazione non è stata ancora concessa dalla Questura perché l’articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza vieta di “protestare a bordo di veicoli”. Manco fossimo alla guida di un carro armato.
Staremo a vedere. Intanto io proseguo a girare la città dal punto di vista dei pedali. Da lì mi accorgo di come tira il vento, di come cambia l’umore della gente, degli scatti ai semafori e di quelli d’ira: la bici aiuta a pensare, risolvere problemi, rispettare la natura, risparmiare benzina (che di questi tempi, converrete, non è cosa da poco: Roma non confina con la Svizzera).
Schivo portiere aperte e sguardi storti. Poco male: quello che vedi dal sellino è negato a chi è imprigionato in macchina.
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