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Opinioni

FLOP

GIOIA GENTILE - 09/11/2018

scuola“Come sarà la mia scuola? Non sarà la mia scuola perché io non intendo fare come i miei predecessori ponendo un nome su una riforma” . Così il ministro Bussetti, parlando il 24 settembre alla trasmissione radiofonica Un giorno da pecora. Meno male, ho pensato, almeno non faranno altri danni. Non ho mai capito, infatti, perché ad ogni cambio di legislatura si voglia anche cambiare la scuola. Di solito in peggio. Quando ancora insegnavo, mi ero ritrovata ad implorare – io che avevo sempre desiderato svecchiare tutta l’istituzione scolastica – “per favore, ridateci Gentile!”. Che, tengo a precisare, non è un mio antenato.

Sembrava, il 24 settembre, che l’intenzione del ministro fosse quella di “sburocratizzare al massimo un sistema che deve rimettere gli studenti al centro”. Il linguaggio non mi entusiasmava, ma l’intenzione mi sembrava buona, o almeno innocua.

È passato un mese, ed ecco la seconda notizia: aboliamo il tema di storia dalla prima prova scritta dell’esame di maturità. La mia prima reazione è stata: beh, per uno che vuole “rimettere gli studenti al centro” non mi sembra una gran pensata. Aboliamo piuttosto coloro che elaborano il testo dei temi di storia. Perché solo chi è vissuto finora su Marte può pensare che uno studente sia in grado di scrivere qualcosa sulla politica internazionale di De Gasperi e di Moro, come si chiedeva, ad esempio, nel testo della maturità di quest’anno. Solo chi non entra nella nostra scuola da decenni può credere che si possa approfondire lo studio di un arco temporale che va dalla Restaurazione ai giorni nostri.

Le ore di storia nel triennio degli istituti superiori sono, infatti, 2/3 la settimana. In queste ore l’insegnante, oltre a svolgere l’esteso programma, deve interrogare, almeno due volte a trimestre o a quadrimestre, ognuno dei 20/25 studenti della classe. E sarebbe già un bel problema. Ma il fatto è che le 2/3 ore settimanali esistono solo sulla carta, perché sempre più spesso sono destinate ad altre svariate attività: educazione stradale, educazione alimentare, prevenzione delle dipendenze, prevenzione degli infortuni, esercitazioni di pronto soccorso, esercitazioni antincendio – salvo poi accogliere i ragazzi in istituti privi di uscite di sicurezza, a volte fatiscenti o addirittura pericolanti – spettacoli teatrali, cinematografici, musicali, gite – dette anche, spesso impropriamente, visite culturali o viaggi d’istruzione -, eccetera eccetera.

Tutte iniziative utilissime, intendiamoci, ma che richiederebbero un’ organizzazione completamente diversa della vita scolastica, che non sottraesse tempo alle discipline di studio. E a cui, ovviamente, dovrebbero essere destinate notevoli risorse economiche.

Ma ecco la terza notizia, pubblicata il 30 ottobre su Scuola24: il decreto fiscale approvato dal Governo prevede un taglio di 29 milioni alle risorse del MIUR per la scuola. D’accordo, non sono molti, ma è la logica che preoccupa: la scuola viene considerata sempre come l’ultimo settore di cui occuparsi, quando dovrebbe essere il primo. E mi sembra inutile spiegare perché.

Così, se non si riesce a risolvere un problema – o non si vuole farlo – eliminando le cause, si elimina il problema. I ragazzi non sono in grado di elaborare un tema di storia? Aboliamo il tema storico, anziché metterli nelle condizioni di svolgerlo seriamente.

Allora mi è sorto un sospetto, ché, come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina: che il ministro rifiuti di parlare della “sua” scuola non per modestia, ma perché non vuole che il suo nome sia legato ad un altro flop, ad un altro passo verso il degrado?

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