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Garibalderie

MULE

ROBERTO GERVASINI - 09/11/2018

Basilica di Aquileia: le bare con i caduti non identificabili

Basilica di Aquileia: le bare con i caduti non identificabili

”La donna s’inginocchiò in preghiera. Lasciata sola parve per un momento smarrita; teneva una mano stretta al cuore mentre con l’altra si stringeva nervosamente le guance. Poi, sollevando in atto di invocazione gli occhi verso le imponenti navate, parve da Dio attendere che Ei designasse una bara. Con gli occhi sbarrati, fissi verso i feretri, in uno sguardo intenso, tremante, incominciò il suo cammino. Così, trattenendo il respiro, giunse di fronte alla penultima, davanti alla quale, oscillando sul corpo e lanciando un grido acuto, chiamando per nome il suo figliolo, si piegò e cadde prostrata ed ansimando in ginocchio abbracciando quel feretro. Il Milite Ignoto era stato scelto.”

La drammatica scena vede protagonista Maria Bergamas; era madre di Antonio, maestro elementare a Trieste prima dello scoppio della Grande Guerra. Irredentista e mazziniano, arruolato tra i trentamila italiani combattenti nell’esercito austro ungarico e fuggito in Italia per arruolarsi, Antonio cadde combattendo. Il suo corpo non fu trovato. Fu scelta lei, Maria, tra le 300.000 mila madri di dispersi, di morti senza nome.

La sintesi ultima della guerra dei nostri nonni, con Trento e Trieste ritornate all’Italia, potrebbe essere questa, così drammatica, così vera.

Bene ha fatto l’Associazione Nazionale Bersaglieri del Friuli Venezia Giulia ad allestire un’intelligente commemorazione, assolutamente priva di retorica, al Teatro Verdi, nel cuore di Trieste, la sera del 4 novembre in chiusura delle manifestazioni del centenario. La lettura di fogli dal fronte, di storie di fucilazioni, di assalti disperati, di fame, di fango e di escrementi dentro le trincee, di povera gente gettata nella mischia, hanno dato la misura dei sacrifici che gli italiani, nostri nonni e bisnonni, hanno sofferto.

Si è scelto di fare anche della Storia, di donne anche, e dare qualche dato numerico sulla tragedia, alternando letture con musica e canti .

Le scelte fatte non son tutte scontate : “La ballata dell’eroe” di Fabrizio De André e il risorgimentale (del marzo 1848) “Addio mia bella addio”, adottato da tutti i combattenti del Risorgimento. Si è passati dai “Puritani” di Bellini (Suoni la tromba e intrepido io pugnerò da forte) alla Canzone del Piave ( giugno 1918) dal melodioso canto contro la guerra, antimilitarista, della gente friulana (Ai preat la biela stele; ho pregato la bella stella), al verdiano “O signor dal tetto natio” dei Lombardi alla Prima Crociata, fino al La Campana di san Giusto e, per un giusto finale, un esplosivo canto a squarciagola di tutto il folto pubblico, surriscaldato: il canto degli Italiani, l’inno di Mameli.

 Per le strade, per due giorni, le fanfare militari hanno suonato di fatto un solo ritornello:

“ Le ragazze di Trieste
Cantan tutte con ardore,
Oh Italia, oh Italia del mio cuore,
Tu ci vieni a liberar ”

Gli italiani morti furono circa 1.240.000, di cui 650.000 combattenti, l’altra metà erano civili. Il tasso di mortalità giornaliero in Europa non era inferiore a seimila morti al giorno, SEIMILAMORTIALGIORNO, perché le vittime di tutto il conflitto furono 17 milioni. Gli italiani invalidi alla fine del conflitto erano oltre 2.700.000.

Sessantacinque milioni di uomini hanno combattuto, di trenta nazioni diverse.

Furono scavare trincee per oltre 40 mila chilometri.

Cerimonie non son mancate in ogni angolo d’Italia. Resta da capire quanto capiscano, sappiano, gli italiani di oggi.

“ Anto’, ma che dici? Se stanno qua pe’ i cento anni, nun po’ esse la Seconda Guera ! “ ( Trieste, 4 novembre 2018, Piazza dell’ Unità d’Italia); sentita a due passi dal Molo dell’Audace, in questa stupenda città, dove un monumento ricorda le ragazze che cuciono il tricolore (“ Le mule de Trieste le profuma de mar, le ga el sorriso che fa innamorar…)

La prima guerra? La seconda guerra? La terza sta arrivando, ma una decimazione è già in atto, tutta italiana.

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