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Cultura

LA FENOMENOLOGIA DI SCHELER

LIVIO GHIRINGHELLI - 02/11/2018

schelerMax Scheler (1874-1928) nasce a Monaco da genitori ebrei. Studia a Jena sotto la guida di Rudolf Eucken e Otto Liebmann. Nel 1889 si abilita con una tesi su Metodo trascendentale e metodo psicologico.

Decisivo è per lui, già scolaro di Dilthey e di Simmel e profondamente influenzato da Nietzsche, l’incontro con la fenomenologia di Husserl, mentre affronta il campo dell’etica trascurato dal maestro.

 Nel 1906 ritorna a Monaco, dove entra in contatto col circolo fenomenologico ella città. Questa prima attività di studioso è fortemente influenzata dal neokantismo, dall’affacciarsi di interessi nei confronti di tematiche morali e sociologiche.

 Nel 1919 è chiamato a Colonia, dove viene appositamente creata una cattedra di filosofia e sociologia. Nel 1928 è chiamato a Francoforte sul Meno,ma la morte lo coglie prima dell’inizio dei corsi universitari.

 Scheler condivide con Husserl che quando facciamo esperienza di qualcosa, ciò non può essere spiegato col richiamo a una qualche sintesi tra due funzioni separate, sensibilità e intelletto, poiché ciò non darebbe conto di quello che accade.

 Noi intuiamo, cioè abbiamo apprensione diretta di determinatezze (un libro, un sapore) e non di dati sensoriali da unificare intellettivamente. La nozione di intenzionalità sta proprio a significare che siamo in contatto immediato con il mondo e non bisogna quindi cercare quale sia il ponte che collega soggetto e oggetto, che diventa piuttosto una domanda riflessiva secondaria, derivata dalla sospensione dell’esperienza diretta.

 Per Scheler la relazione immediata col mondo è di tipo emozionale, non si pone in termini di rappresentazione. Rivendica l’esistenza di valori materiali aventi una concretezza non sensibile, un’essenza universale che ciascuno esperisce intuitivamente.

 Grazie all’incontro con Husserl Scheler è stimolato alla costruzione di una fenomenologia del mondo morale, che supera la rigidità delle categorie di derivazione kantiana e le genericità di uno psicologismo a sfondo empirico.

 L’a priori fenomenologico è delineato nell’opera Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori, pubblicato in due parti nel 1913 e nel 1916 su una rivista diretta da Husserl. Al centro l’indicazione dell’intuizione del valore (Wert) come specifico contenuto dell’etica. Il valore è una qualità oggettiva di cose investite da una intenzionalità conoscitiva diversa dal conoscere dell’intelletto e dal sentire della percezione, che prende il nome di intuizione emozionale.

 In questa prospettiva il mondo variegato delle emozioni e dei sentimenti deve essere tenuto presente per comprendere la spinta all’essere felice, alla piena realizzazione di sé, che caratterizza la concreta persona umana. Il rifiuto dell’etica imperativa di segno kantiano non conduce a una forma di relativismo, perché i valori non scaturiscono semplicemente dall’esperienza, ma posseggono un contenuto oggettivo e universale. Le sfere del sentimento e dell’emozione, costitutive della persona, sono da indagare nella loro struttura, che risulta concretamente apriorica.

 Rifiutando nettamente il formalismo dell’etica kantiana, Scheler qualifica la sua come materiale. I valori – materia pura – non vanno confusi coi beni, oggetti empirici che incorporano i valori. I valori sono assoluti ed eterni e non sono affatto prodotti dagli uomini o riducibili ad oggetti di desideri o aspirazioni. I rapporti sono altrettanto oggettivi ed assoluti. Sono colti specificamente dall’atto puro del preferire (anteporre e posporre), ben diverso dall’atto empirico dello scegliere tra beni diversi.

 I valori si caratterizzano per la loro struttura interna gerarchica: in alto (a concludere il valore supremo della santità) i valori religiosi (grazia, salvezza), poi quelli della conoscenza (il vero, il falso), quelli culturali e giuridici (il bene, la giustizia), quelli vitali (nobiltà, coraggio), da ultimo i valori sensoriali (piacere, dispiacere), accanto i valori negativi (l’ingiusto, il dannoso, la falsità). Il valore è sempre intuito nelle cose, prima che vengano conosciute in senso” oggettivante”.

 Alla base di tale struttura gerarchica dei valori è la nozione chiave di persona. Ad apprendere i valori è la persona, non l’io o l’individuo. Solo la persona è capace degli atti, che hanno per oggetto i valori ed è l’unità concreta dei suoi atti intenzionali, non sta al di là o al di sotto di essi, ma neppure risulta coma una somma. Correlato di ogni persona è il suo proprio mondo, è essenzialmente apertura al mondo.

 Un mondo unico, che tutti li comprenda, è pensabile solo come correlato di una persona infinita: Dio.

 Si danno anche persone collettive, ogni persona singola si conosce come membro di alcune comunità. Così si hanno in successione ideale la massa, la comunità vitale, la società o comunità giuridica e infine la comunità d’amore, di cui è esempio precipuo la chiesa.

 Max Scheler è polemico nei confronti di tutte le filosofie trascendentalistiche, che risolvono la totalità dell’uomo nell’io conoscitivo, rimuovendo gli aspetti sentimentali ed emotivi, che contribuiscono a definire la centralità della persona. Distingue con precisione all’interno dell’essere umano la dimensione biologica da quella propriamente spirituale, espressione di una creatività che si rivela pienamente nell’atto intenzionale.

 In Essenza e forme della simpatia (1923) si presenta una fenomenologia della vita emozionale, incentrata in particolare sull’analisi dei sentimenti di odio e amore. La simpatia non va identificata con la facoltà di intendere o comprendere le emozioni degli altri. Non è neanche un sentire imitativo o un sentire solidale. La forma più pura è quella che si prova nell’amore, in cui la persona amata viene ad essere compresa nella sua irripetibile individualità, nella sua essenza assiologica, nella sua intimità.

 Per la filosofia religiosa di Scheler Dio è un soggetto attivo nei nostri confronti, una “persona”, oggetto di atti di devozione, adorazione. Scheler però abbandona la concezione cristiana di Dio, precedentemente sostenuta, a favore di una concezione panteistico-storicistica. Dio si realizzerebbe progressivamente nel corso della storia umana.

 Testo chiave della antropologia filosofica moderna è La posizione dell’uomo nel cosmo(1928). L’uomo da una parte è semplice essere vivente, caratterizzato dall’elemento dell’impulso (Drang); sull’altro versante è parte del mondo dello spirito (Geist): vitale e spirituale.

 L’essere originario, il fondamento del mondo (Weltgrund) ha due attributi: lo spirito e l’impulso, profondamente irrazionale. Lo spirito può essere considerato come deitas, divinità, pienezza di idee e di valori latenti, che il fondamento stesso del mondo deve portare a realizzazione attraverso l’impulso onnipotente, che consente allo spirito, costitutivamente privo di energie, di dare corpo alle finalità di senso, fornendo alle forze vitali una direzione, una storia.

 L’impulso si viene a spiritualizzare e l’essere originario comincia a conoscere e a redimere se stesso: comincia il relativo divenire di Dio. Lo spirito umano acquista forza solo concedendo agli istinti vitali di fornirgli energia, che sarà poi sublimata (Scheler rivolge un’attenzione continua e polemica all’analisi freudiana).

 L’uomo è in grado di de-realizzare, di concettualizzare il mondo. Ciò che porta all’eliminazione dell’angoscia rispetto a ciò che è terreno. L’impulso vitale fa dell’esistenza una resistenza. Il filosofare è un eterno spegnersi e ogni forma di razionalismo ha alla sua base un ideale ascetico.

 L’uomo è colui che sa dire di no, l’asceta della vita, l’eterno protestante contro quanto è soltanto realtà.

 Altre opere da citare: Del sovvertimento dei valori (1919), Dell’eterno nell’uomo(1921), Le forme del sapere e la società (1926), La visione filosofica del mondo (opera postuma).

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