Annunciando, dopo la sconfitta del suo partito anche in Assia, che nel 2021 non si ricandiderà alla carica di cancelliere federale tedesco, e che si ritirerà a vita privata, Angela Merkel ha dato il colpo definitivo a uno status quo che nell’Europa occidentale risaliva alla Guerra fredda; e che malgrado la caduta del muro di Berlino non soltanto non era venuto meno ma anzi si era molto presto esteso all’Europa intera.
In Assia, il Land la cui città principale è Francoforte, i democristiani di Angela Merkel sono passati dal 38 al 27 per cento e i socialdemocratici sono scesi al 20 per cento. Con quasi il 20 per cento i Verdi diventano invece la seconda forza politica del Land mentre il partito di destra Alternative für Deutschland, AfD, con quasi il 13 per cento dei consensi entra per la prima volta nel Parlamento regionale. Replicando l’esito delle elezioni di due settimane fa in Baviera, il voto nell’Assia conferma insomma che tale status quo, caratterizzato dalla predominanza di un partito di centro da una parte e da un partito socialista/laburista dall’ altra, si sta sgretolando irrefrenabilmente anche in Germania, ossia nel paese-chiave del Continente.
Dopo la Francia e l’Italia anche la Germania sta entrando in una fase di transizione il cui traguardo è ancora incerto. Al di là dei loro successi elettorali le nuove forze politiche e i nuovi assetti ora alla ribalta non sembrano infatti né definitivi né soddisfacenti. In Italia, come già altre volte abbiamo sottolineato, l’alleanza tra i “girondini” della Lega e i “giacobini” del Movimento 5 Stelle è ovviamente provvisoria, tattica. Non può perciò per definizione affrontare con tutta l’efficacia e con tutte la rapidità che si richiederebbe la situazione di stallo in cui il nostro Paese si trova. L’attuale stravagante giostra del “sì” al Tap e nel “no” alla Tav ne è una conferma.
In Francia Macron si sta logorando e non è detto che il partito En Marche!, creato su misura per lui, possa sopravvivere alla sua presidenza. I Paesi dell’Europa orientale, di cui l’Europa occidentale non vuol comprendere la specifica storia e gli specifici problemi, un po’ tendono e un po’ sono spinti a chiudersi in se stessi arroccandosi nel loro “gruppo di Visegrad”. Nel Nord Europa la crisi della socialdemocrazia non è solo la crisi di un partito ma diventa inevitabilmente una crisi di sistema. Ovunque le buone ragioni all’origine delle nuove forze politiche emergenti non bastano a compensare i loro lati oscuri.
Il convincimento che la via maestra per uscire dalla crisi sia quella della sussidiarietà, quindi dell’autonomia responsabile dei territori e del primato della società civile, ci orienta a preferire le forze “girondine”: perciò nel caso italiano la Lega. Riuscirà tuttavia la Lega a diventare una forza popolare (beninteso, nel senso originale e non nel senso post-democristiano del termine) sfuggendo alla trappola del populismo? La cruciale incognita è questa. Le servirebbero una visione e delle adeguate alleanze tanto interne quanto internazionali che fino ad ora non ha. Speriamo che se ne renda conto, e speriamo che le trovi.
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