Il fondamentalismo più temibile oggi è la semplificazione della complessità. Per governare ci si accontenta di un messaggio su twitter (“Il giorno dopo che sarò al governo 600.000 clandestini saranno rispediti nei loro paesi” o” Lo “spread” me lo mangio a colazione” o “Supereremo la logica dei mercati” o “Abbiamo vinto la povertà in Italia”) o di slogans (“Gli italiani prima di tutti” – “Liberi di decidere a casa nostra, liberi di decidere i nostri soldi”). La contrazione del linguaggio e l’impoverimento della ricchezza della lingua hanno ridotto anche il pensiero e il linguaggio della politica. Sono sparite le visioni del futuro, i progetti a lungo termine e si tende a considerare negativo il ragionamento, la spiegazione. Trasformare l’arte di governare in divertimento vuol dire trasformare la nazione in una massa di stupidi. Il pericolo presentato dalla crescente banalità del governare è grave perché impercettibile e, a quanto sembra, inarrestabile.
Nessuna democrazia può sopravvivere se non si pone limiti all’abuso delle idiote barzellette politiche, contrabbandate come messaggi spesso contradditori tra di loro.
Abbiamo compreso quanto rilevante sia delucidare la complessità dell’attuale politica assistendo ad un “lectio magistralis” tenuta recentemente dal professor Romano Prodi sul tema: “L’Europa in un mondo globalizzato.” E nel contempo abbiamo apprezzato la spiegazione di un tema complesso grazie al linguaggio concreto del docente.
Mentre noi in Italia ci azzuffiamo su un altalenante contratto di governo, non ci accorgiamo che sono aumentate le tensioni tra le grandi potenze: Trump, ritirando l’USA dalle agenzie internazionali, sconfessando gli accordi commerciali internazionali e ribaltando le regole che sorreggono gli scambi, sta conducendo una vera guerra contro la Cina e l’Unione Europea, credendo di porre rimedio ai danni provocati dal processo di globalizzazione. A questo si aggiungano la tolleranza per la proliferazione nucleare nel mondo, l’annunciato ritiro dal Trattato di non proliferazione con la Russia e la riduzione della presenza americana nel mondo.
Alla Cina di Xi Jimpung, al di là dei gesti di cortesia formale, Trump chiede di ristrutturare profondamente il suo sistema e intanto si accontenta di imporle dei dazi per un valore di circa 16 miliardi di dollari.
Contrariamente a quanto si crede, come si vede, non è più l’economia che ha il primato sulla politica, bensì quest’ultima che zittisce l’economia. Ciò nonostante, l’economia mondiale non ha ricevuto forti scossoni, anzi è aumentata sul piano planetario del 7,7%. Resta l’incognita del prezzo del petrolio: aumenterà a causa dei grandi stravolgimenti sociali in Venezuela e per l’esclusione di alcuni attori interni alla distribuzione della società petrolifera libica?
Nel frattempo, si sta diffondendo in tutto il pianeta un desiderio d’autorità, che sta trasformando radicalmente la geo-politica: in Brasile, dopo la parentesi di Lula, Bolsonaro è eletto Presidente e riprenderà i legami con i precedenti governi corrotti; Putin non rispetta i diritti fondamentali in Russia e le sue truppe hanno occupato la Crimea, nega soluzioni negoziabili su Ucraina e Siria; in Cina, la dittatura comunista guida il boom economico sfruttando come schiavi masse di lavoratori; nelle Filippine, Duarte promette che sarà “duro” con chiunque metta in atto provocazioni contro il suo governo; in Turchia si sta sviluppando un regime quasi dittatoriale; in Ungheria si sta diffondendo un clima di avversione verso i migranti e in Polonia si è giunti praticamente al punto di assorbire il potere giudiziario a quello dell’esecutivo… Tutti questi governi si richiamano alla volontà del popolo per abbattere le democrazie liberali di tipo rappresentativo.
Il mondo è cambiato perché sono cambiati i paesi produttori di beni strumentali. Oggi sta capitando quello che è successo in Italia, dopo il Rinascimento: mentre il fiorino, il ducato, il “matapan” veneziano o la lira invadevano i banchi e le merci provenienti dall’Italia conquistavano i mercati di tutta Europa, si rinforzavano i regni di Spagna e del Portogallo perché, dopo la scoperta dell’America, erano gli unici capaci di costruire le caravelle, beni strumentali indispensabili per i traffici tra Europa e il nuovo continente. La stessa cosa sta succedendo ora: l’Europa non è capace di erigere, ad esempio, colossi del digital come Google, Amazon, Facebook, Apple..
Per ritrovare la strada del progresso, della prosperità, l’Europa deve combattere un male caratteristico degli individui (l’individualismo) e quello endemico delle nazioni (il sovranismo), recuperare il valore della memoria perché l’oblio del passato ha fatto dimenticare l’identità europea come fattore per trasformare il suo tramonto in rinascita.
Ma quale Europa? L’identità di un popolo si identifica con simboli che esprimono i valori su cui si fonda, ma anche su due strumenti necessari per uno stato unitario: la moneta e l’esercito. Questo era il fine a cui miravano i governi, prima che malaugurati referendum bocciassero la Costituzione Europea. Da quel momento si indebolirono i poteri della Commissione Europea a scapito di quelli del Consiglio Europeo, dove non il coinvolgimento, l’inclusione, il dialogo prevalgono, ma la contrapposizione fra governi, nella quale, come è naturale, vince il più forte: la Germania.
L’elezione in Francia di Emmanuel Macron aveva aperto i cuori alla speranza tanto più che la Francia è l’unico paese europeo che siede con diritto di voto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e possiede armi atomiche, pur aderendo al Trattato di non proliferazione.
Più che mai c’è bisogno di un potere “moderatore” capace di tradurre la forza economica in forza politica basata principalmente su due principi: revisione e rafforzamento dello stato sociale (casa, scuola, sanità), che è una tipica conquista dell’Europa, e bloccare il nocivo processo di disuguaglianza.
Le elezioni europee del prossimo anno saranno l’occasione per abbandonare le sterili soluzioni proposte per risolvere problemi seri – come molti oggi ci fanno credere – e scegliere tra un’ Europa governata dalla ragione, dal diritto, dalla scienza ed una governata dai “barbari” che sono preda del fanatismo, dell’arbitrio, del dilettantismo: questo è il solo confine che si può ergere in Europa!
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