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Souvenir

MANI IN ALTO!

ANNALISA MOTTA - 26/10/2018

una pistola-giocattolo degli anni '60

una pistola-giocattolo degli anni ’60

Mia figlia ha vietato armi giocattolo per il suo bimbetto di due anni: è stata perentoria, quasi violenta nel suo “Guai a voi!” pronunciato mentre scartavamo scatole di lego, trucks, palloni e lavagnette alla festa di compleanno.

E subito mi sono vista bambina nel nostro soggiorno, arrampicata sull’alta spalliera del divano, a duellare con fratellino e cuginetto a suon di “ksc ksc” (spari), mani a pistola, cadute a terra teatrali (ferite gravi) o braccio al collo (ferite lievi): nell’immortale gioco di guardie e ladri, cowboy e indiani, sceriffi e banditi, insomma buoni e cattivi.

A me piacevano un sacco le storie del West, e i soldatini di plastica che scivolavano fuori dalla scatola del Tide, puzzolenti di detersivo e umidicci. Il mio primo costume da carnevale fu proprio da sceriffo, con un gilerino di pelle vera, le borchie sul davanti, e la stella di latta. E per l’occasione – avrò avuto cinque o sei anni – mi avevano regalato un modellino di Colt che sparava davvero (a salve). Ve le ricordate quelle cartucce che si vendevano a nastro, cerchietti rosso scuro applicati su una lunga striscia di carta arrotolata? Che infilati tra il cane e il tamburo scoppiavano con una bella scintilla e spandevano nell’aria un odore acuto di cordite e perfino una nuvoletta di fumo? È un profumo che ricordo così bene, che subito lo riconosco, quando i ragazzini per strada sparano miccette e petardi.

Con l’età persi interesse al gioco, ma un fratellino minore mi teneva aggiornatissima: fucile con calcio di legno e doppia canna, pistola da 007 trasformabile in radio ricetrasmittente, mitragliatore di latta con rumore incorporato, pistola in compensato a elastici; senza contare le spade da pirata, cavaliere, moschettiere, zorro e sandokan.

Per carità, con quello che sta succedendo oggi negli States, assolutamente meglio non avere in giro armi, nemmeno giocattolo, e incuterne un sacro rispetto ai bambini. Anche se poi basta sbirciare qualche video game e vi si rizzano i capelli.

Sessant’anni fa era un altro mondo. Il pacifismo ancora non faceva tendenza, o meglio era scontato che si fosse contro la guerra, dopo quegli anni spaventosi appena superati. Ma il bene era bene, e il male era male, e lo si doveva combattere. Che i bambini ci si abituassero giocando non faceva scandalo; immagino che gli adulti avessero ben altro a cui pensare, o lo ritenessero in certo qual modo un normale tirocinio per apprendere regole e codice morale della lotta: dalla battaglia a palle di neve, alla partita di pallone, alle scazzottate in cortile, alle competizione a squadre in oratorio e negli scout, fino – appunto – al giocare “alla guerra”.

Insomma, se c’è una mischia (e c’è SEMPRE una mischia prima o poi nella vita) ti ci devi saper buttare con cognizione di causa. O no?

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