Fonti archivistiche e a stampa sono largamente utilizzate nel volume di Gianni Perna “Varese storia e protagonisti dal Settecento alla Resistenza”, Macchione editore, pp.303, euro22). Ai giudizi di noti storici locali, il Borri, tra essi, il Brambilla, l’ Ambrosoli, si aggiungono frequenti testimonianze degli stessi protagonisti della ricostruzione dei due secoli presi in esame.
Non si tratta di aridi documenti, essi anzi ravvivano ed arricchiscono l’ esposizione. Il lettore, per così dire, è condotto per mano da lettere autografe o da parti di esse riportate, da brani di diario o da passi di memorialistica, diretto riflesso – lo si nota – del vissuto degli autori, testimonianza sincera ed immediata di situazioni o episodi che li coinvolsero.
Interessanti, tra gli altri, i giudizi su Garibaldi, figura di primo piano nell’ Ottocento varesino. Quelli di Giulio Adamoli e di Felicita Morandi, ad esempio, stesi in età avanzata. Rivive l’ Adamoli la commozione del primo incontro, il fascino che lo spinse a lasciare l’ esercito regolare piemontese. “L’ abbraccio che egli mi diede mi fece suo”, egli conclude. Da quel momento divenne suo volontario.
Partecipe dell’ esultanza dei varesini esposti alla tracotanza degli austriaci sulla via del ritorno l’ educatrice descrive dapprima il comandante avventuroso atteso in città con i suoi uomini, giunto a sfidare l’ armistizio in una sera del 1848. Ne arricchisce altrove l’ immagine: cupo arringatore della folla appare a Felicita e autentico guerrigliero. La rudezza del comportamento è infine temperata in altra particolare circostanza: il generale le si rivela provvido, generoso responsabile dei suoi volontari.
La milanese Lucia Prinetti, sposa al varesino Domenico Adamoli, possidente e finanziatore di Garibaldi, più volte in un prezioso Diario, ricostruito da Tamborini e da Armocida, completato di recente da quest’ ultimo studioso, esprime giudizi, anche di forte dissenso sul Nizzardo. La citiamo però come esempio tra i tanti, della palpitante umanità dei sentimenti che pervadono le testimonianze, anche perché espressione dell’ ambiente familiare dei protagonisti. Esso è contrassegnato da naturale e vivo affetto, ma a volte, come accade a Lucia, da moti di sdegno e di dolore…
Nell’ estate del 1859, essa seguiva con preoccupazione il figlio Giulio. Il 24 giugno, a San Martino, sulle alture a sud del Garda, il giovane aveva ricevuto il battesimo del fuoco. Come gli alleati francesi nella vicina Solferino, i piemontesi avevano sconfitto gli austriaci, ma a prezzo di gravi perdite.
Nei Ricordi, Giulio avrebbe descritto la drammaticità dei combattimenti. Ora egli e i suoi commilitoni dell’ esercito regio erano costretti all’ inattività, a causa dell’ armistizio chiesto da Napoleone III. Si disponeva a stipulare la pace, impressionato dal sangue versato.
A questo punto la testimonianza della mazziniana diventa preziosa: ci informa infatti sulla reazione che la notizia di quanto accaduto a Villafranca aveva provocato in città.
L’intrecciarsi di eventi della storia italiana e di situazioni o ripercussioni locali è pregevole caratteristica dell’ opera. Merito dell’ autore averla conseguita in questa come in altre pagine del volume.
L’affetto, il patriottismo, intensi in entrambi, provocavano in perfetta sintonia le reazioni di madre e figlio. un accordo ben diverso dai non facili rapporti di anni tra Lucia e il marito Domenico. Note discordanti in lettere scambiate tra i due, risuonano altrove, documentando l’ evolversi negativo della loro vita matrimoniale.
L’autore del volume si sofferma su tale argomento in altre pagine. L’ avvilimento, il dolore, lo sdegno di lei prorompono infine dal Diario.
You must be logged in to post a comment Login