Uno dei temi ricorrenti, che occupa tutta la comunicazione mediatica, è il degrado in cui versano le nostre città e i nostri paesi. Se ne parla spesso, con insistenza, con la segreta speranza che le responsabilità vengano assunte e che da parte di tutti ci sia un risveglio, la voglia di ricominciare, di dimostrare che i miracoli non siano poi così impossibili. Quando si visita una città o un paese la prima cosa che colpisce è l’ordine o il disordine. A tutti fa piacere vivere in un luogo pulito, ordinato, dove le persone sanno come ci si deve comportare.
È piacevole passeggiare in una via o in una piazza senza calpestare cartacce, mozziconi di sigaretta, lattine di Coca Cola, bottiglie di birra, senza dover sottostare all’irresponsabilità del rumore in tutte le sue forme e le sue sfumature. È piacevole potersi sedere su una panchina a riposare, lasciando che lo sguardo si appoggi a un verde ben tenuto, curato e dove la sensazione è di un elevato senso di appartenenza, di dignità.
È piacevole frequentare un parco senza il timore che un bambino giocando si possa pungere con una siringa infetta, ma è anche piacevole quando vedi che un giovane aiuta un vecchio ad attraversare la strada, con l’orgoglio di aver fatto il proprio dovere. È piacevole andare alla ricerca delle cose di una volta sapientemente conservate, incontrare la collaborazione e la disponibilità, vedere che i vicoli e le piazze sono ordinati proprio come se fossero il salotto buono della nostra casa e che chi porta a passeggio il proprio cane si prodighi a raccoglierne le deiezioni. È piacevole che i centri storici siano ben curati, restituiti alla loro missione culturale, alla possibilità di osservarne la bellezza nella sua misurata originalità.
È terribile quando passeggiando alla ricerca del bello ci si imbatte sempre più spesso nei disastri ambientali, in ville d’epoca che crollano a pezzi, in zone senza luce, in luoghi confinati in un declino progressivo, dove diventa pericoloso vivere una dimensione democraticamente bella della vita quotidiana. È piacevole quando l’amministratore di turno si prende veramente a cuore il patrimonio di valori che gli viene consegnato dagli elettori, quando lo segue anche nel dettaglio, come farebbe per un patrimonio privato. Vivere la democrazia significa accompagnarla in ogni momento, avvicinarla, farla apprezzare, farla conoscere, amare, farla sentire importante, dimostrando sul campo che la bellezza ha un valore immenso e che ognuno ha delle precise responsabilità in merito. Di solito un’amministrazione funzione quando sa educare alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio umano e materiale che compone una comunità, quando sa essere vicina, capace di cogliere tutto ciò che aiuta a comprendere meglio il senso profondo della propria missione. È piacevole persino l’estemporaneità di una buona azione che all’improvviso riaccende speranze che sembravano perdute. Combattere il degrado significa partire dalle giovani generazioni, impegnarle attivamente collaborando, riportando sul campo le frustrazioni irrisolte, perché possano incontrare il terreno fertile per riconvertirsi, per trovare di nuovo il coraggio di riproporsi, di ricompattare quella costituzionalità di pensiero e di azione che permette di esultare.
È difficile lottare in difesa del bene quando ciascuno promuove l’unilateralità o il primato di un’idea o di un progetto, il bene comune va ben oltre i primati e i colori, non è figlio di ideologie depresse e superate, ma di una volontà che si sa rinnovare, che sa trovare nelle risorse e nei talenti di madre natura la forza e il coraggio di proporre e di convalidare, soprattutto quando i valori diventano patrimoni comuni e quando tutti sanno unire le forze fuori da ogni forma di individualismo e di personalismo.
Chi vuole il potere deve essere cosciente di come occorra comportarsi per fare in modo che possa essere davvero utile al governo delle cose e delle persone. Nell’Italia di oggi c’è molto bisogno di senso di responsabilità, di umiltà, di coerenza, di sapere che la dignità debba essere convalidata ogni giorno e che le diversità non siano ostacoli o schemi bellicosi, ma valori cui ispirarsi per fare in modo che il paese, nella sua interezza, possa godere dei benefici di un’intelligente cooperazione politica, sociale, culturale e religiosa.
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