Siamo convinti. Finalmente il cambiamento si sta consolidando. I giovani protagonisti occupano lo scenario televisivo, quello della carta stampata e soprattutto quello a disposizione sui social. Appaiono molto combattivi, tenaci nella ripetitività dei loro messaggi, spesso avari di argomentazioni anche a causa della carenza di conoscenze specifiche, costretti
a rifugiarsi in una fraseologia ricca di slogan. Pertanto non dobbiamo meravigliarci se il Ministro dello Sviluppo Economico rispolvera il vecchio dirigismo per le sue minacce e le sue vendette e se un Ministro di Polizia, garante dell’ordine costituito, può appendere l’avviso di garanzia ricevuto a una parete del Viminale, come un diploma di merito. Naturalmente, secondo loro, sono comportamenti attuati nel nome di una nuova gestione etica. Però se ci fosse un corretto utilizzo dell’etica non avrebbero grandi difficoltà nell’aumentare la fiducia dei cittadini. Basterebbe produrre lavoro, occupazione e innovazione, nel rispetto delle leggi, delle regole e dell’ambiente. L’etica dovrebbe eliminare subito alcuni difetti consolidati: l’elusione e l’evasione fiscale, gli sprechi, i corrotti e i corruttori. Per ora si parla molto, ma di etica ne abbiamo vista poca.
Inoltre, sarebbe auspicabile si rivolgessero a tutti i cittadini e quindi anche a coloro i quali hanno votato per altri contendenti; all’Unione Europea con il rispetto degli impegni assunti dai parlamentari eletti in passato; al mercato con le sue regole di funzionamento.L’ex procuratore Gian Carlo Caselli ricorda che in democrazia chi ha più consenso governa e fa quel che gli sembra giusto. Ma non può fare tutto quello che vuole. Deve rispettare i limiti scolpiti nella Costituzione, a partire dal principio di legalità che postula l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la soggezione di tutti al controllo di legalità. Tutti, nessuno escluso. Men che mai i governanti che dovrebbero dare sempre il buon esempio. Purtroppo siamo costretti a fronteggiare un clima di controriforma, una battaglia quotidiana contro la stampa poco gradita, una guerra generazionale che contrappone i vecchi da rottamare ai giovani precari o senza lavoro.
Queste brevi considerazioni per proporre un tema importante, quello della comunicazione efficace. Un soggetto, l’emittente, trasferisce un messaggio ad un ricevente che lo decodifica. Se il messaggio non è stato raccolto e capito, possiamo affermare di aver inviato un testo ma non siamo riusciti a colpire il bersaglio nel centro. Ecco che diventa importante, prima di comunicare, comprendere il proprio pubblico. Loro sanno a chi si rivolgono, conoscono anche i loro desideri e cosa vogliono sentirsi dire. Questo è possibile grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici in grado di elaborare l’infinità di informazioni che tutti rilasciamo quando utilizziamo il web. Come ho ricordato, la diretta Facebook in cui il Ministro dell’Interno ha aperto la famosa busta della Procura di Palermo, è stata vista 1,1 milioni di volte. Quella “diretta” è stata poi ripresa dai telegiornali e dalla stampa. Anche sbagliando e in difetto, possiamo sostenere che abbia raggiunto almeno 6 milioni di persone. Poi abbiamo letto e sentito che poteva essere considerata una “sceneggiata”, ben organizzata e per fini propagandistici. E che dire della dichiarazione del Ministro penta stellato sulla chiusura di parecchi giornali tra cui quelli del Gruppo L’Espresso perché scrivono stupidate e nessuno li legge più? Peccato che Repubblica sia il secondo quotidiano nelle edicole italiane e abbia la leadership assoluta su Internet (vedi indagine Reuters Institute di settimana scorsa).
I suggeritori di questi comportamenti sono esperti d’informatica. Predispongono copioni da recitare, parole chiave da utilizzare, obiettivi da raggiungere quotidianamente. Gestiscono società o gruppi di lavoro, immensamente più importanti di qualsiasi struttura di partito. Gli attuali governanti hanno capito che, grazie alle tecnologie, possono sperare di realizzare un grande sogno: liberarsi delle critiche, delle domande scomode, delle strutture intermedie. Hanno la possibilità di comunicare direttamente i loro messaggi alla popolazione. Basta vendere l’illusione della comunicazione diretta, presentata come la più grande delle conquiste democratiche. Ma come detto, nel processo di comunicazione, molta responsabilità resta in capo al “ricevente” e alla sua capacità di decodificare il messaggio confezionato dall’emittente. Come non credere nella capacità di lettura e di decodifica del popolo? (tutti noi). Non si può vivere di propaganda e accontentarci di una comunicazione che sappiamo quanto sia manipolata e nel migliore dei casi successivamente modificata o eliminata.Almeno lo spero e se così non fosse, potremmo consolarci riprendendo il testo di Lucio Dalla e cantare: “….sarà tre volte Natale e festa tutto l’anno …”.
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